“Cosa direbbe Pop per festeggiare questa vittoria? Di andarmi a bere un bel bicchiere di buon vino”. Che la concezione della pallacanestro e l’indole da vincente fossero le stesse, vi erano ormai pochi dubbi; ma se diventa uguale anche il modo di festeggiare i successi, potremmo essere di fronte a un clone. Con la non trascurabile differenza del fisico minuto, dei capelli lunghi e del sesso diverso.
Eppure a prescindere dalla pettinatura Becky Hammon pare veramente una discepola di Gregg Popovich fatta e finita, come ce ne sono stati parecchi prima di lei (la Lega ne è ormai invasa, e l’ultimo Coach of the Year ne è l’esempio lampante), in grado si seguire le orme del maestro sia nelle cantine che soprattutto sul parquet. Vi avevamo raccontato la sua storia di prima assistente di sesso femminile della Lega, e meno di un anno dopo l’ex stella della WNBA ha decisamente bruciato le tappe, entrando di nuovo nel libro dei record come prima donna ad alzare un trofeo da capoallenatore nella Lega: e poco importa se si tratta del titolo di campioni della Summer League di Las Vegas, conseguito dai San Antonio Spurs con Becky al timone. E poi dicono che le donne non sappiano guidare.
Kyle Anderson in azione
Vincere insegna a vincere, e l’organizzazione Spurs ne pare l’esempio lapalissiano. Tanto che persino i giovani e l’assistente alla guida tecnica si sono presentati a Las Vegas con la giusta mentalità, superando avversarie infarcite di prime scelte e sulla carta ben superiori, compiendo un percorso netto dopo la sconfitta all’esordio con i Knicks. Merito di un lavoro di squadra che è ormai marchio di fabbrica anche delle seconde linee Spurs, genialmente orchestrato da un talento che, con alcune partenze importanti nella panchina dei texani, potrebbe iniziare a togliersi qualche soddisfazione anche con i “grandi”: quel Kyle Anderson ultima scelta del primo giro solo un anno fa, che ha letteralmente incantato con la sua spiccata intelligenza cestistica e le sue doti di point forward. 15 punti, 7 rimbalzi e 4 assist in finale per quello che è meritatamente risultato l’MVP del torneo, ben spalleggiato da Jonathan Simmons, atletica guardia fresca di annuale garantito (nonché migliore dei suoi in finale con 23 punti uscendo dalla panchina e titolo di MVP della Finale, che da sesto uomo pare ormai andare di moda) e Treveon Graham, guardia-ala da VCU clamorosamente ignorato al Draft e prontamente firmato dagli Spurs, da sempre maestri nel trovare pepite in mezzo al carbone (Ginobili a fine secondo giro vi dice nulla?).
Rimangono quindi solamente con un pugno di mosche i Phoenix Suns, favoritissimi della vigilia grazie a un roster pieno di elementi già in buona parte rodati in regular season NBA e di prime scelte di ottime speranze, beffati invece nel finale dopo una gara tirata ma quasi sempre in controllo per i ragazzi dell’Arizona. Tra i vari Alex Len (solo 9 punti per il lungo ucraino in finale), Archie Goodwin (12) e la prima scelta dello scorso anno Tj Warren (tra i migliori con 17 punti), il migliore risulta a sorpresa il play rookie da Lamar University Mike James, top scorer di serata (e dell’intero torneo per singola prestazione) con 32 punti. Ben più deludente l’attesissima prima scelta Devin Booker, che in semifinale aveva affossato i Pelicans con 31 punti: serata storta invece per il figlio di Melvin in finale, che chiude con soli 10 punti a referto e 3/10 al tiro. Ma per il più giovane giocatore scelto dell’intero Draft 2015 ci sarà decisamente modo di rifarsi.