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Playoffs NBA 2015

Top & Flop: le pagelle di Warriors – Grizzlies (gara 1)

Non fa nemmeno in tempo a iniziare la serie tra Golden State Warriors e Memphis Grizzlies che già gli spunti interessanti sono numerosissimi, com’era prevedibile in un scontro che vede contrapposte compagini tanto diverse. Parecchio da pensare per David Joerger dopo una gara 1 che ha dato l’impressione che dovranno essere i Grizzlies ad adattarsi agli avversari se vorranno provare a mettere in difficoltà questi fantascientifici Warriors, fermo restando che ogni fortuna per la squadra passa quasi inevitabilmente dal fondamentale recupero di Mike Conley, parso più che mai insostituibile dopo questa gara. Ma vediamo come si sono comportati i protagonisti di questo esordio delle semifinali della Western Conference.

GOLDEN STATE WARRIORS

 

Stephen Curry: 8. Non la miglior gara dei suoi fin qui spettacolari playoff, ma anche quando sembra un po’ faticare e pare intestardirsi con giocate complicate e talvolta un po’ leziose finisce comunque per giocare una partita più che buona, rispondendo sempre presente quando i Grizzlies provano a rifarsi sotto con le solite giocate tanto importanti per i suoi quanto demoralizzanti per gli avversari. Joerger prova a partire mettendo Calathes e poi Udrih sulle sue tracce, ma pur senza strafare sembra in grado di ridicolizzarli entrambi in qualsiasi momento; prova la carta Allen forse un po’ tardi, quando ormai la partita pare andata. Un MVP si vede anche quando non gioca una partita statisticamente spettacolosa risultando comunque decisivo quando serve.

Klay Thompson: 7. Per quasi tutta la gara si trova quel mastino instancabile che è Tony Allen alle calcagna, che gli impedisce spesso anche solo di prendere i suoi tiri abituali. Lui comunque non perde la calma, va a bersaglio quasi sempre quando trova un tiro comodo, segnando anche alcuni canestri spettacolosi e reinventandosi assistman (6 passaggi smarcanti a referto): lascia così il dubbio a Joerger su dove posizionare il suo jolly difensivo tra i due Splash Brothers anche per la prossima partita.

Draymond Green: 7.5. Minutaggio molto limitato rispetto al solito, ma solo per problemi di falli, quando è in campo l’ala da Michigan State dimostra quanto possa incidere su questa serie punendo puntualmente la pigrizia difensiva di Randolph, molto restio a seguirlo sul perimetro, pagando anche poco dazio in difesa contro un avversario molto più grosso come Gasol (enciclopedici alcuni suoi possessi difensivi sul catalano, puntualmente tenuto fuori dal pitturato). Un jolly assoluto che, tirando così, rischia di costringere i Grizzlies ad adeguarsi alle sue caratteristiche in in & out player, e forse addirittura a snaturarsi, anche perché non sempre giocherà solo 27 minuti per i falli: poco importa dunque se è meno presente a rimbalzo e chiude per la prima volta in questi playoff senza la doppia doppia.

Harrison Barnes: 6.5. Partita tutto cuore e presenza quella dell’ex Tar Heel, che tiene bene in difesa contro avversari molto più grossi e si fa trovare pronto in attacco, segnando ogni tiro che gli passa per le mani (11 punti con 4/4 dal campo). Altro giocatore atipico, leggero ma con braccia infinite, a cui Memphis non è riuscita a venire a capo.

Andrew Bogut: 7. Anche lui limitato dai falli ma a dir poco monumentale in difesa sui lunghi e in particolare su Randolph, puntualmente chiuso sulla prediletta mano mancina. Come in stagione regolare la scelta di Kerr è dirottarlo proprio sulle piste di Z-Bo, il quale gioca comunque una buona gara ma si guadagna ogni singolo punto e spesso sbatte contro muro eretto dall’australiano. In attacco poi è sempre pronto sugli scarichi, non permettendo agli avversari di battezzarlo eccessivamente per chiudere gli altri.

Andre Iguodala: 5. Apertamente sfidato al tiro dopo le difficoltà del primo turno, Iggy non punisce tutto questo spazio sparando di nuovo abbastanza a salve (3/9 e 1/4 da 3), risultando di nuovo a tratti un problema per un attacco che fa del movimento e della possibilità di tutti gli effettivi di essere sempre pericolosi la propria forza. Poi come al solito si fa sentire a rimbalzo e in difesa, ma se riuscisse ad essere un po’ più preciso in attacco (non è mai stato un tiratore puro, ma ha vissuto certamente giorni migliori balisticamente parlando) potrebbe diventare l’ennesimo all around da grattacapo per gli avversari.

Marresse Speights: 7.5. Eccolo finalmente il vero Speights, il gladiatore in grado di portare energia e punti rapidi dalla panchina. Come spesso gli capita tira più o meno tutto quello che gli passa per le mani, ma stavolta è preciso e tiene impegnata la difesa, chiudendo in doppia cifra in soli 13 minuti sul parquet, risultando un po’ impreciso solo dalla lunetta (2/5). Anche nella propria metà campo, non esattamente la specialità della casa, tiene botta contro avversari molto pericolosi come Randolph e Gasol, non abbassando quindi l’intensità difensiva generale.

Leandro Barbosa: 6.5. Vale più o meno il discorso fatto per Speights: anche lui gioca pochi minuti ma di buona qualità, tirando bene e concedendo ai compagni di rifiatare senza che la squadra perda di competitività.

Fastus Ezeli: 6.5. Ennesimo elemento in grado di dare qualche minuto di qualità dal pino, sostituisce alla grande Bogut quando l’australiano è in panchina per i suddetti problemi di falli con la sua fisicità e presenza in area. La chicca è la poderosa stoppata rifilata a Randolph a fine terzo periodo.

Shaun Livingstone: 6. Dopo Iguodala è l’elemento più utilizzato della panchina: non demerita di certo, si fa vedere solo con un buon taglio concluso in schiacciata da sotto neanche fosse un lungo, per il resto rimane abbastanza silente pur senza far danni, concedendo a sua volta riposo e successiva freschezza ai titolari.

Steve Kerr: 8. Quinta vittoria in 5 gare in playoff in carriera per il golden boy dei Warriors, che non batte ciglio di fronte alla fisicità e all’intensità degli avversari andando avanti col suo credo cestistico e ottenendo eccellenti risultati. L’impressione è che i Warriors soffrano un po’ l’assetto con due lunghi di Memphis ma riescano a tenere con gli aiuti e la duttilità dei propri elementi, mentre i Grizzlies non abbiano contromisure efficaci alla dinamicità e alla continua pericolosità dei suoi ragazzi, specie degli stretch fours. Riesce inoltre a mantenere una rotazione piuttosto ampia senza perdere competitività, la quale fa molto comodo sia sulla singola gara che sul lungo periodo, mentre Joerger anche per alcune assenze è quasi costretto a spremere sempre gli stessi e alla lunga potrebbe pagare un po’ di stanchezza. Vedremo le contromosse avversarie, nel frattempo con questo assetto pare già aver messo in grossa difficoltà una squadra quadrata ed esperta come i Grizzlies, mettendola presumibilmente nelle condizioni di dover cambiare qualcosa all’interno dei propri rodati meccanismi.

MEMPHIS GRIZZLIES

Marc Gasol: 7. Attesissimo da una sfida in cui doveva essere un enorme problema per i “piccoli” Warriors, il fratello minore di Pau chiude a 21 e 9 rimbalzi ma trovando più di metà dei punti dalla lunetta e prendendo solo 10 tiri dal campo, sempre ben controllato dagli avversari. Si trova di fronte quasi sempre avversari più piccoli e non sempre riesce a sfruttarne i mismatch, anche perché raramente trova posizione profonda in area, finendo col guadagnare al massimo il fallo (talvolta un po’ generoso) e, dal terzo quarto, pare anche spegnersi ed estraniarsi un po’ dalla gara. Partita ovviamente buona quindi in generale, ma, viste le difficoltà dei suoi, dovrà evidentemente alzare il proprio livello e risultare più presente quando i compagni avranno bisogno di lui.

Zach Randolph: 7.5. Discorso simile a quello fatto per Gasol, con la differenza che si trova di fronte il centro avversario: non si fa intimidire e riesce a trovare punti dal pitturato anche contro avversari più grossi, lottando come un leone soprattutto nella prima metà di gara. Alla lunga finisce un po’ per incaponirsi e si fa prendere a sua volta da un po’ di frustrazione, ma al momento sembra potenzialmente l’elemento più pericoloso per gli avversari.

Tony Allen: 7.5. Solita eccezionale applicazione difensiva, in particolare su Thompson, con metodi non sempre ortodossi ma certamente efficaci. Klay tiene soprattutto mentalmente e il suo lavoro non porta i frutti sperati, ma rimane come al solito importantissimo anche quando viene messo su un play puro come Curry. Sempre in movimento, chiude anche con 15 punti sfruttando gli ovvi accorgimenti difensivi sui due lunghi per tagliare e trovarsi libero nei pressi del ferro.

Courtney Lee: 5. Gioca gran parte della gara senza sembrare mai realmente pericoloso. Mette qualche canestro ma dovrebbe punire maggiormente lo spazio lasciato dai Warriors per aiutare sulle ricezioni in post. Gioca talvolta anche fuoriruolo (da play per l’assenza di Conley) ma questo non lo giustifica da un atteggiamento un po’ troppo rilassato per questi livelli.

Nick Calathes: 4. Specialista difensivo, parte in quintetto per provare a limitare Curry, riuscendoci solo in parte ma pagando un prezzo carissimo nella metà campo offensiva, dov’è praticamente nullo se non addirittura di danno (virgola con 0/4 e anche 0/2 ai liberi). Conley non è mai mancato così tanto a questa squadra.

Jeff Green: 5. Piazza alcuni canestri dei suoi, con un coefficiente di difficoltà altissimo, ma sembra spesso un leone in gabbia nel gioco controllato di Memphis, continuando a dare l’impressione di non essersi adattato totalmente alla filosofia della squadra. 27 minuti con qualche buon canestro e poco altro, servirebbe il giocatore che era a Boston per impensierire veramente i Warriors.

Beno Udrih: 5.5. Più positivo di Calathes e quantomeno più propositivo in attacco, dove prende senza paura alcuni tiri importanti. Peccato che sia il negativo del naturalizzato greco anche in difesa, dove soffre terribilmente Curry che a tratti addirittura lo umilia; ma ha l’indubbio merito di portare un po’ di vivacità dalla panchina sul perimetro a un attacco altrimenti asfittico e fin troppo legato al gioco in post.

Vince Carter: 4.5. Il vecchio Vince in questa gara 1 paga la carta d’identità ormai importante non riuscendo sostanzialmente mai a star dietro agli avversari in movimento perpetuo, in attacco (1/7 dal campo) come in difesa. Il talento per piazzare la giocata resta lì intatto, ma a questi livelli e con questi ritmi inizia a non bastare più.

David Joerger: 5. Prova in ogni modo a sfruttare la propria supremazia in area, cercando in maniera ossessiva l’isolamento per i suoi due lunghi o anche l’alto basso che li coinvolga. I risultati sono tutto sommato soddisfacenti per i due interessanti, molto meno per l’intera squadra, che pare non entrare mai in ritmo in attacco e soffre tantissimo i mismatch di velocità difensivi, finendo col perdere la sfida tra opposte filosofie coi Warriors del moderno . Utilizza inoltre una rotazione troppo corta: vero che la panchina lascia parecchio a desiderare, ma rischia di accumulare troppa stanchezza, considerati anche i ritmi imposti dagli avversari. L’unica sua attenuante rimane l’assenza di Conley, oggi più che mai tragica: l’impressione è che se il play da Ohio State non dovesse recuperare a livelli quantomeno accettabili la serie possa prendere in fretta una direzione ben precisa. Anche perché non può fare grossi adattamenti senza stravolgere la squadra, e perlomeno in questa gara 1 la fisionomia dei suoi Grizzlies ha dimostrato di soffrire immensamente quella ben più dinamica di Curry e soci.

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