In attesa della nuova avventura con i Denver Nuggets, dove quest’anno avrà il ruolo di stella comprimaria assieme ad Iguodala, Danilo Gallinari analizza in compagnia di Niccolò Trigari ( SportItalia ) la magica estate azzurra. L’Italbasket ha portato a casa il primo posto nel girone per le qualificazioni agli Europei con otto vittorie, rimanendo imbattuta anche contro una potenza europea come la Turchia.
Partiamo dal principio. La tua preparazione è stata un piccolo incubo, un paio di problemi fisici ti hanno costretto a un lungo stop. E’ stata dura?
Molto dura. Sono arrivato con tanta voglia di essere parte del gruppo, di giocare, di allenarmi, di fare fatica. Gli infortuni non me li aspettavo, ho dovuto ridimensionarmi molto. Non avevo problemi di condizione in quanto il lavoro fisico con Cuzzolin l’ho sempre fatto e appena sono rientrato ho potuto essere a disposizione della squadra.
Capita che un giocatore come te, che arriva dall’NBA dove ha avuto una stagione durissima alle spalle, al primo problema fisico possa abbandonare?
Al primo problema che si è presentato questa estate, l’NBA e la squadra già sapevano. Sono arrivati messaggi e telefonate per sincerarsi delle mie condizioni e per fare chiarezza su quella che era la situazione. Io ho sempre tranquillizzato tutti, dal GM al coach. Sapevo di poter superare gli affaticamenti, ho un ottima staff tecnico, sapevo che mi avrebbero aiutato al meglio.
Si parla spesso in NBA del discorso nazionale per i giocatori. Se ne discute in sede di contratto o ognuno guarda più semplicemente la società facendo valere le proprie ragioni?
Io voglio stare in nazionale, quello che pensano gli altri mi importa poco, però poi è chiaro che devi far fronte a un contratto, a degli investimenti e ai soldi, e nel mio caso ne spenderanno pure un bel po’ . Ho però la fortuna di avere un agente speciale, lo conosco da quando ho 15 anni, con lui ho un rapporto speciale, siamo cresciuti assieme. Lui sa quanto per me conta la nazionale.
Quanto pesa fisicamente un estate del genere? I Nuggets si devono preoccupare di come starai tra un mese?
Non devono preoccuparsene grazie alla presenza di Cuzzolin, che secondo me è il miglior preparatore che ci sia. Sono fortunato a potermi allenare con lui, e grazie al suo aiuto ho la possibilità di migliorarmi in estate. I nuggets non devono vederla come un estate di fatica con il fisico che viene ‘corroso’ dagli allenamenti.
L’anno scorso era venuta fuori la storia dei ‘tre tenori’ NBA che sostenevano i sogni azzurri. Quest’anno eri da solo. Quanto ha pesato questa ruolo?
Pochissimo, anzi, è stata una motivazione in più. Il Mago e il Beli sicuramente possono darci tantissimo, livello di talento avevamo qualcosa in meno, e quindi qualcun altro doveva dare il 200%. Sapevo che altri giocatori, che magari l’anno scorso hanno giocato non al massimo, avrebbero fatto qualcosa di speciale. E’ arrivato da tutti, anche dai cambi dei cambi. Più di così non si poteva fare.
Se analizziamo le tue statistiche, non hai avuto il ruolo dominante che ci si aspettava senza Bargnani e Belinelli. Come è andata in campo?
Io ho studiato l’estate scorsa. Ho rivisto le partite, ho parlato moltissimo con Pianigiani prima del mio arrivo in nazionale. Abbiamo parlato di molte cose, dall’aspetto mentale a quello tecnico. Sapevamo entrambi benissimo quali sono stati gli errori commessi e conoscevo le chiavi per far bene quest’anno.
Tornando a Bargnani e Belinelli, e magari a qualche altro assente, molti tifosi potrebbero dire che senza di loro il gioco dell’Italia sembra giovarne. In realtà non è proprio così, vero?
Sicuramente abbiamo espresso una pallacanestro migliore degli anni passati, non c’è dubbio, però loro due ci danno talmente tanto sia a livello offensivo che difensivo. Dobbiamo imparare solamente a sfruttarlo meglio.
Il tuo ruolo psicologico all’interno del gruppo è stato impressionante. Il resto della squadra ti ha visto immediatamente come uno di loro?
Io sono sempre stato uno di loro per come sono fatto, sono il primo a voler aiutare i compagni. Questo è un atteggiamento con cui sono cresciuto grazie alla famiglia e agli allenatori. A volte può essere positivo, a volte negativa. In Europa il segreto per vincere è far star bene i compagni di squadra, molto più che in America. Mi diverto a giocare in tutti ruoli, dove Simone mi metto. Ho giocato in molti ruoli. Mi avevano chiesto questa disponibilità perché sapeva che in alcune situazioni poteva capitare. Io mi sono trovato benissimo, mi piace tirare botte sotto canestro.
In NBA questa capita molto meno?
Si, per regole siglate da NBA e associazioni varie. Non puoi menare come in Europa, dove da questo punto di vista posso divertirmi molto di più.
In NBA il rapporto con i compagni è anche limitato da logiche contrattuali che mettono in competizione i giocatori tra di loro?
Ci sono dinamiche talmente ‘business’. A te sono legati soprattutto i numeri. In Europa è diverso, poi la Nazionale è un ambiente completamente diverso. Il motivo che mi spinge a dirle di sì molte volte, oltre al vincere, è il fatto che fuori dal campo siamo un gruppo molto legato. Stiamo bene assieme. Ridi anche a colazione quando ancora sei frastornato.
Anche perché se non fosse così, questi due mesi sarebbero diventati veramente lunghi…
Sono già lunghi perché ti alleni due volte al giorno, ma con questo gruppo riesci a sorridere sempre e a vivere il ruolo in squadra molto più tranquillamente.
Vita notturna?
Poca. Pochissima ( ride, n.d.r.). A parte la stanchezza, ci sono regole per il rientro tipo mezzanotte. Molte volte non hai la forza per alzarti dal divano. Diventa difficile uscire.
Quando parli viene il dubbio che tu in NBA ci giochi, ma se potessi scegliere?
Non lo so, parlando di questi argomenti possono venire fuori argomenti contrastanti. Ma l’NBA è comunque il campionato più bello del mondo.
Potrà mai esistere un allenatore come Simone Pianigiani in NBA?
Ci sono allenatori con caratteristiche simili, ma l’NBA è un mondo diverso. Difficile vedere qualcuno che da là vengo in Europa ad allenare o viceversa. Il ruolo che riveste è anche diverso. In Europa ci sono allenatori con potere decisionale. In NBA è un discorso diverso, troppo legato ai guadagni, che molte volte l’allenatore conta meno che un giocatore.
Sei contento che Simone abbia deciso di abbandonare Siena per una nuova avventura?
Sono contento perché secondo me Milano ora ha la possibilità di vincere. Io faccio i complimenti a Simone per i suoi sei scudetti, come i meriti ce li ha anche la società con valori incredibili. Sono contento per lui, può fare esperienza in Europa e magari anche togliersi la soddisfazione della vittoria. Faccio i miei auguri all’Olimpia per un’annata che possa finalmente tornare ad essere vincente.
Quanto è stato importante Pianigiani nell’otto a zero?
Importantissimo, perché fin da subito è stato attento ai particolari, nel dare il giusto ruolo a tutti e con un gruppo del genere, anche se il tempo è scarso, è stato bravo a costruire una squadra con concetti di base solidi per poter arrivare alla vittoria.
Non solo a vincere. Avete espresso un bellissimo basket. Si è parlato anche moltissimo della vostra capacità di far la differenza nella metà campo difensiva, come però anche in attacco. Giusto?
Simone è sempre molto attento alle sue difese. Abbiamo tenuto gli avversari sotto con un punteggio basso. Importante è stata la costanza che abbiamo impresso al nostro gioco. In attacco giocando di squadra e facendo inserire ogni elemento nell’ingranaggio è venuto fuori un bel vedere.
La facile vittoria con il Portogallo da un certo punto di vista è stato nocivo. La gente ha iniziato a dire che avete giocato contro avversari ben al di sotto del vostro livello. Piano piano giocavate talmente bene che gli avversari diventavano sempre più scarsi…
E’ chiaro che quando giochi così c’è gente che critica e che elogia. Chi critica evidenzia un girone con squadre scarse, ma non è così. Noi siamo stati bravi a guadagnarci delle vittore, a volte anche di misura. Gli altri comunque se la giocano. Sono 12 giocatori che rappresentano il proprio paese e che mettono tutto in campo. Come d’altro canto anche noi.
Parlando di trasferte difficili, in Repubblica Ceca non siete andati esattamente a Praga…
La gente deve pensare che non giochi nella capitale dal paese, ma magari a 70 km da esso. Un ora e mezza di bus per arrivare in un paesino dove esiste l’hotel, la palestra ma non mangi bene. Noi siamo abituati ai menù italiani. Devi far conto con molte cose, che però se vivi con un gruppo del genere la vivi meglio, con il sorriso. Ma non è facile.
Battaglia a rimbalzi. Incredibile la vostra vittoria sotto canestro…
Sapevamo che per vincere era necassaria la difesa, che prevede quindi i rimbalzi. E questo ha valso le vittorie.
Grande profondità per la squadra dalla panchina. Problema della vigilia raso al suolo.
E’ vero. Ognuno ha dato al massimo, anche per quei pochi minuti in cui un giocatore veniva utilizzato. Come Chiotti, entrava, prendeva rimbalzi, portava i blocchi, rollava e attacava canestro. Tutte queste cose fanno la differenza. Chi gioca di meno è più importante ancora dei titolari, deve entrare immediatamente in partita e dare il massimo.
Vincere contro la Turchia, data alla vigilia come favorita del girone, ha dato una carica in più?
Tutti la consideravano la prima forza del girone. Così non è stato. Stiamo stati bravissimi a rimetterci in carreggiata in casa loro, rimontando anche da meno tredici.
Durante le partite tu sei un giocatore che si fa caricare molto dal pubblico, e che a sua volta carica molto il pubblico. Ti manca questo in NBA?
A volte si, in molte partite. Il pubblico che vedi nei playoffs è diverso da quello di inizio stagione regolare. Molte volte i palazzetti sono mezzi vuoti, con pubblico poco interessato che ripete DIFENSE solo perchè è lo speaker che li incita. Quindi ti devi caricare da solo. Invece in partite come a Trieste dove ti basta alzare le braccia che 4000 tifosi ti vengano dietro è un’emozione fantastica.
Contro la Turchia Gigi Datome ha fatto qualcosa che ha dell’incredibile. Sia con la schiacciata in faccia ad Erden, sia con la sua leadership nel quarto periodo. Gigi che tipo di giocatore è? A volte sembra quasi che tenga a freno il suo talento…
Gigi secondo me ha tutte le carte in regola per vincere in Europa e stare in un gran club come ad esempio Basile ha fatto in passato. Giocatore immarcabile in una partita del genere. Tiene la palla in una mana come faceva Erwing e tira da 8 metri con una facilità incredibile. E’ imprevedibile ed ha fatto una schiacciata che solo Griffin può imitare.
In Biellorussia sei partito più aggressivo. Come hai gestito i momenti in cui dovevi tenere in mano la squadra?
Ci sono momenti in cui c’è bisogno di quel canestro per riportare la partita a più dieci, quando l’inerzia non è dalla tua parte. Quei momenti un giocatore li sente. Io li sento e quindi è stato fondamentale da parte mia dare questo contributo alla squadra, a volte anche in difesa con stoppate o recuperi.
Cosa significa essere leader per te?
Significa urlare quando vi è il bisogno, aiutare un compagno, venir fuori nei momenti difficili e anche far sentire un compagno importante. Ci sono giocatori che quando sbagliano due tiri poi sono in difficoltà a rientrare in partita. E’ mio compito spronarli affinché possano riprendere il ritmo giusto.
Cosa ti rimane invece di questa estate?
Tante definizioni si possono dare a quest’estate. I brividi sulle emozioni si hanno dopo vent’anni quando ricordi cosa hai fatto. Però ora i brividi li ho riguardando i video e ciò che abbiamo fatto. Io sinceramente nel vedere il sorriso di un compagno mi carico il doppio. Tutti contenti, gare di tiri, lo staff che ci doveva urlare contro di andarcene dalla palestra. Come fai a non essere orgoglioso di un gruppo simile.
E per concludere, dopo tutte queste parole, in attesa della nuova stagione che porta con sé molte aspettative per i nostri talenti azzurri, ecco alcune delle azioni con cui il Gallo si è fatto conoscere in NBA.
grazie Gallo 🙂
@m4tteolorenzo