Andrew Bogut è pronto a riscattarsi dopo aver trascorso gran parte della scorsa stagione fermo ai box per frattura ad una caviglia. L’ex giocatore dei Milwaukee Bucks, che non tocca il campo dall’ormai lontano 25 gennaio, sembra avere già le idee chiaro per rendere i suoi Golden State Warriors la mina vagante dell’Ovest. Il centro australiano, maestro difensivo, ha dichiarato infatti alla stampa locale di voler trasmettere un po’ della sua mentalità e determinazione cestistica anche ai suoi compagni:
“Se riuscissi a convincere gli altri a prendersi le proprie responsabilità in difesa, per me sarebbe già una missione compiuta. Credo di dover portare la stessa tenacia e la stessa mentalità difensiva che avevo a Milwaukee, facendo comunque entrare nelle teste di David Lee, Brandon Rush, Stephen Curry e Klay Thompson il concetto secondo il quale abbiamo bisogno di fare stoppate per vincere le partite. Credo che questo sia il mio vero obiettivo, non tanto quello di scendere in campo e fare cinque stoppate a partita. Sono convinto che, se riusciremo ad adottare la stessa mentalità difensiva, facendo sì che ognuno si prenda le proprie responsabilità, cosa che probabilmente in difesa non accadeva negli ultimi anni, allora potremo migliorare”.
“Se durante una stagione non succede mai nulla, né un piccolo diverbio o scaramuccia, allora c’è qualcosa che non va. Vuol dire che i ragazzi non si sentono in competizione, non stanno lavorando in modo giusto o aspettano solo che l’allenamento finisca perdendo del tempo – dice -. Andate a chiederlo ai Lakers o ai Celtics di Paul Pierce e Garnett, vi diranno che durante gli allenamenti ci sono diverbi, scontri fisici, gomitate. È una cosa da fare quando è il momento giusto. Se c’è da dire qualcosa e a qualcuno non va bene, bisogna alzare la voce e dire: un leader si comporta così. Questa squadra ha vinto una ventina di partite l’anno scorso, le cose devono assolutamente cambiare. Una delle mie responsabilità è quella di far di rimanere concentrati come squadra. Se io dovessi sbagliare un passaggio o uno schema e David Lee dovesse venire a dirmelo a muso duro, ne sarei felice. Se non dovessi capirne il motivo allora chiederei perché. E se dovessi fare un errore madornale su una giocata che abbiamo provato 100, 200 volte e nessuno tra i leader o gli altri membri della squadra avesse il coraggio di dirmi: “cosa diavolo stai facendo?”, allora c’è qualcosa che non va. Io mi aspetto un trattamento del genere dai miei compagni, loro dovrebbero aspettarsi lo stesso da me”.