Premessa:
Qualche giorno fa stavo guardando il racconto di Federico Buffa su Bill Russell, quando la mia attenzione è stata catturata da un nome proferito dall’avvocato: “Demetrius Mitchell”. Avevo già sentito quel nome e qualche breve aneddoto riguardante le sue mirabolanti gesta, tuttavia non mi ero mai posto il problema di informarmi sulla sua triste storia. Ho deciso quindi di cogliere la palla al balzo e di iniziare a ricercare notizie e biografie sull’atleta in questione. Penso non serva specificare che il materiale presente in rete su Mitchell in lingua italiana è pressoché nullo, ma proprio in questo la sorte mi è venuta incontro. Andando a Milano per assistere alle semifinali di Coppa Italia al Forum ho fatto tappa insieme a qualche amico nei principali negozi di basket della città, giungendo infine al “Rucker Park” in via Pirandello nei pressi della fermata di Wagner. Qui ho trovato un libro “Heroes” di Daniele Vecchi che non ho esitato ad acquistare, per due basilari motivi: 1) l’autore con la sua rubrica riguardante i Playground USA era l’unica ragione che mi spingeva a comprare sistematicamente American Superbasket nella mia infanzia. 2) Il libro racconta storie di giocatori dall’immenso talento che, per vari scherzi del destino, non sono riusciti a raccogliere quanto seminato. Argomento troppo intrigante per non essere approfondito. All’intero dello scritto presenzia anche il racconto su Demetrius “The Hook” Mitchell. Esattamente quello che mi serviva per integrare il materiale da me raccolto sul suddetto atleta. Consiglio vivamente a tutti di acquistare il libro di Vecchi e ci tengo a precisare che l’articolo che segue non è frutto di un copia e incolla; logicamente la storia trae qualche spunto da varie fonti ma questo è dato dall’impossibilità di prove oggettive di un giocatore le cui gesta sono tramandate semplicemente da racconti, leggende, passaparola e solo qualche sporadico video. Dopo questa lunga premessa, che mi sembrava d’obbligo, cercherò di raccontarvi quella che è la storia di questo incredibile atleta.
West Oakland è un quartiere situato nella zona nord ovest dell’omonima città che appartiene all’area metropolitana di San Francisco Bay. Di certo non è il luogo dove vorreste crescere i vostri figli; la prostituzione, lo spaccio, le guerre tra gang e la povertà dilagante sono solo alcune delle componenti che rendono questo sobborgo uno dei più pericolosi degli interi States. La situazione difficile di questi luoghi è tuttavia terreno fertile per svariati talenti sportivi; una grandissima parte dei giocatori attualmente in NBA proviene dal ghetto e, se escludiamo New York e LA, proprio Oakland è quella che vanta più giocatori professionisti, al pari di Philadelphia. La dura realtà con cui sono costretti a convivere spinge molti ragazzi a dare tutto per cercare di crearsi un futuro, ma come in ogni cosa esiste un’altra faccia della medaglia. Per ognuno di quei giovani che riesce caparbiamente ad uscire dal ghetto almeno altri dieci non hanno la forza di farlo e per loro non restano che il tunnel dello spaccio, le attività criminose, il carcere e in molti casi i campi Elisi. Carl Demetrius Mitchell, purtroppo, rientra nella seconda categoria. Nato l’11 settembre 1968 Demetrius viene cresciuto dalla nonna dopo essere stato abbandonato dai genitori, entrambi spacciatori e tossicodipendenti. Vive un’infanzia difficile e si avvicina fin dalla più tenera età al uso di sostanze stupefacenti, partendo dalla marijuana, passando per la cocaina e arrivando infine all’eroina, il tutto a 17 anni. In una giovinezza tempestata da furti, spaccio e abuso di droghe Demetrius avrebbe una via di fuga: la pallacanestro. Alto appena 1 metro e 75 Hook era il più talentuoso giocatore della Bay Area e tra i suoi contendenti figuravano personaggi del calibro di Gary Payton, Jason Kidd, Brian Shaw e Greg Foster, giusto per citarne alcuni. Dotato di un incredibile crossover e di una straordinaria voglia di vincere faceva dell’esplosività e dell’elevazione le sue doti principe. In sostanza ogni spettacolare evoluzione sopra il ferro che vediamo e rivediamo oggi su youtube, fatta da vari streetballer in giro per il mondo, ha il suo marchio. La schiacciata con alzata a tabellone resa celebre da McGrady, all’All Star Game del 2002, deve il suo brevetto proprio a Demetrius Mitchell che per la prima volta la fece in seconda superiore. La prima spettacolare inchiodata di Hook avvenne saltando via una persona seduta, quella persona era Jason Kidd. Da quel momento l’asticella continuò inesorabilmente ad alzarsi, Demetrius volava sopra ad ogni cosa: persone, biciclette, moto, scrivanie fino ad arrivare alle macchine e intendiamoci non si parla di saltare via il cofano (come qualcuno ha fatto ad un recente Slam Dunk Contest), ma l’intera auto. Mitchell non conosceva alcun limite. Leggende dicono che era solito allenarsi a schiacciare con un canestro alto 3 metri e 96 ovvero 13 piedi e che una volta andando a “inchiodare” si sia rotto i denti sbattendo la faccia contro il ferro. Oltre alle partite al playground gioca un solo anno alla McClymonds Highschool, dove domina letteralmente insieme al compagno di squadra e futuro NBA Antonio Davis, per poi decidere di abbandonare gli studi (a scuola non era mai presente se non per giocare a basket) e cercare di guadagnare qualche dollaro per comprarsi le dosi. Gli espedienti che Hook userà per guadagnare soldi saranno i più disparati e non di rado sfrutterà le sue incredibili doti sul campo da basket per ottenere il suo scopo. Iniziano qui i suoi problemi con la legge con continue entrate ed uscite dal carcere dovute soprattutto a spaccio e furti. Viene accusato anche dell’omicidio di un 65enne picchiato a morte con una mazza da baseball, tuttavia i testimoni saranno ritenuti inaffidabili e conseguentemente Hook verrà scagionato. Dopo aver ottenuto un diploma falso riprova la carriera sportiva scolastica giocando per due college, California State Hayward e soprattutto Contra Costa College dove mantiene una media di 20 punti a partita per due anni uscendo dalla panchina, nell’88/89 fa chiudere la stagione alla sua squadra con una sola sconfitta. I problemi disciplinari uniti al continuo uso di sostanze stupefacenti e ai già citati arresti stroncano ancora una volta la sua carriera cestistica. Un Demetrius Mitchell ormai allo stremo decide di mettere in atto un ultimo disperato piano per intascare qualche denaro. Infatti, il 27 dicembre 1999, si reca ad un Blockbuster impugnando una pistola ad acqua e intimando alla cassiera di dargli l’incasso. L’arresto come ampiamente preventivabile non tarda ad arrivare; l’accusa è di rapina a mano armata e la condanna, visti i precedenti, è di 10 anni (ridotti a 5 dopo il patteggiamento). Sconta la pena al Konocti Correctional Facility dove cambia il suo nome in Walivy Abdur-Rahim, dopo essersi convertito all’islam. Nel 2004, dopo essere uscito di prigione, inizia a collaborare con l’associazione benefica Project Straight Path, per aiutare i giovani di Oakland a non commettere gli stesso errori fatti da lui.
Le gesta e le vicende di Hook (il cui soprannome deriva dalla forma a punta della testa) sono fedelmente immortalate nel bellissimo documentario “Hooked: The Legend of Demetrius Hook” uscito nel 2003 e ovviamente non disponibile in lingua italiana.
La vita di Demetrius Mitchell può essere sintetizzata da un’affermazione dell’attuale giocatore NBA Drew Gooden (anche lui di Oakland): “Un modello, positivo in campo, dove era un All Star e fuori dove è un valido esempio di cosa non fare”.
Mix di giocate di Demetrius Hook Mitchell: http://www.youtube.com/watch?v=u_BbwNDeOps
Nel 2011 esce questo video di un Demetrius Mitchell che all’età di 43 anni si diletta a saltare il cofano di una macchina: http://www.youtube.com/watch?v=Fk2wqndsRW0
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