Quando il 2 Dicembre 2012 scrissi un editoriale riguardo la multa di 250.000 dollari che era stata comminata ai danni dei San Antonio Spurs, colpevoli secondo Stern di aver “compiuto un disservizio nei riguardi della Lega” quando nella partita del 29 novembre a Miami coach Popp decise di rimandare anticipatamente a casa i vari Parker, Duncan e Ginobili, molto provati da un lungo giro di trasferte, concedendogli un turno di riposo in considerazione del fatto che 2 giorni dopo all’AT&T Center si sarebbe giocata una sfida di vitale importanza contro i Grizzlies, sapevo che ci saremmo ritrovati in questo finale di stagione a commentare situazioni analoghe.
E’ quello che è accaduto ieri sera all’American Airlines Arena, l’avveniristico palazzetto di Miami. Arrivavano i New York Knicks di Carmelo Anthony, reduci da un filotto di 8 vittorie consecutive che al momento gli sta garantendo il secondo posto ad Est nella griglia dei Playoff a pari merito con i Pacers, in una delle più avvincenti “sfide di classifica” di questo finale di Regular Season. In sostanza partita che conta, e per davvero, per i newyorchesi, che si ritrovano di fronte un avversario ormai con la testa già al primo turno di post season, dopo che per mano di Chicago è stata interrotta quella che comunque verrà ricordata come la seconda striscia di vittorie consecutive più lunga di sempre.
Se a questo ci aggiungiamo il fatto che, anche perdendole tutte da qui alla fine, Miami conserverebbe tranquillamente il suo primato ad Est, ci si rende facilmente conto del fatto che non sia scandaloso pensare a fare un po’ di calcistico turnover, lasciando comodamente seduti in poltrona James, Wade e Chalmers.
Il paragone a questo punto sorge spontaneo, anche perchè i punti di contatto tra le due vicende sembrano tanto palesi da poterle accomunare senza dover fare grossi sforzi d’immaginazione. Quella di Novembre era una partita giocata di giovedì, in diretta nazionale e in una serata che prevedeva soltanto un altro incontro, lasciando la totalità delle attenzioni sulla sfida di South Beach. Quella disputatasi la notte appena trascorsa non differisce di molto: soltanto 3 partite in palinsesto, con un Lakers-Mavs valido per l’ottava piazza che iniziava ben più tardi rispetto al termine della sfida di Miami, alla quale anche questa volta era stata riservata la diretta nazionale.
Insomma, se la situazione è la stessa, perché non leggo sui siti internet dedicati all’NBA di multe salate per la squadra della Florida e non vengono rilasciate dichiarazioni al veleno da parte di Sua Maestà David Stern?
Semplice, la risposta è molto più facile di quello che si pensi. Il caso che ha visti coinvolti gli Spurs ha fatto scuola, rendendo palese il fatto che, in una Lega che fa del marketing e della ricerca asfissiante della pubblicità il suo must, far fuori i nomi dei giocatori più importanti dalla contesa per “soli” motivi tattici non è un “lusso” che un coach NBA può permettersi. Non volendo pagare però pesanti multe per concedere ai propri giocatori un paio di giorni in più di riposo, non c’è voluta molta fantasia nell’ideare un’escamotage per superare la situazione.
Già dall’altro ieri, il giorno precedente la partita, diversi report parlavano del fatto che i vari James, Wade e Chalmers avessero saltato la sessione di tiro che precede ogni incontro, facendo trapelare l’idea che non avremmo visto i 3 calcare il parquet contro i Knicks. A questo poi si è aggiunto l’annuncio fatto dagli stessi Heat degli “infortuni” occorsi ai propri giocatori, un fastidiosissimo problema al tendine del ginocchio destro per Lebron e due bruttissime distorsioni, entrambe alla caviglia destra, per Dwayne e Mario. Di fronte a tutto questo sarebbe impossibile anche per un plenipotenziario commissioner come Stern pensare di multare Miami o “obbligare” a giocare dei ragazzi “infortunati”.
Questo che, ripeto, non sembra essere un difficile colpo di genio, diventa un’ipocrisia necessaria nel momento in cui si va ad intaccare quello che a mio avviso è un diritto inalienabile di tutte le società, a prescindere dalla Lega di cui fanno parte, che riguarda un discorso di gestione delle risorse che non può nè deve essere influenzato dall’esterno. Il fatto che gli Heat vogliano far rifiatare le loro Stelle (sarà molto contento Chalmers dell’accostamento fatto a James e Wade) è un qualcosa di ovvio, essendo giunti al termine di una stressantissima Regular Season ed essendo sopratutto a ridosso dell’inizio di un’avvincente sfilza di serie di Playoff.
Quello che mi fa “rabbia” è il fatto che, quanto meno per quel che riguarda le posizioni ufficiali tenute da esponenti dell’organizzazione, si sia “criminalizzata” la scelta di coach Popp solo e soltanto perché l’allenatore della squadra texana parlò chiaro, non ricorrendo a subdoli giochetti che poco si addicono alla sua persona, subendo per questo quella che all’unanimità dagli altri coach NBA fu definita una multa ingiusta.
Tutto questo in sostanza per dire che, in un campionato che può pioneristicamente vantare svariati primati in quanto ad innovazione sia nell’ambito sportivo che in quello pubblicitario, diventa davvero assurdo dover costringere le squadre a subdole operazioni di menzogna per preservare il diritto di gestione sul proprio roster. Non ricordo di aver mai sentito parlare di “multe ritirate” all’interno di alcun tipo di Lega professionistica, tanto meno fatto con mesi di ritardo. Beh, l’NBA potrebbe farci un pensierino e diventare la prima anche in questo.