Partita atipica, emozionante, intensa, a tratti giocata male, a tratti dominata da una delle due contendenti. Gara 1 di una Finals NBA non poteva essere altrimenti. Proprio per la sua particolarità questo incontro si presta a tantissime osservazioni, da prendere ovviamente con le molle visto che sotto molti aspetti è stata una gara sorprendente. In linea generale Miami riesce nell’intento di imporre la sua fisicità nei pressi del canestro (+9 il saldo a rimbalzo) e dall’altro lato San Antonio contiene alla grande le palle perse. Si sono fatti rubare il primo della gara e poi non l’hanno persa più, soltanto 4 le “turnovers” al termine dei 48 minuti.
Cercando di analizzare tendenze e aspetti su cui la partita ci ha portato a riflettere, isoliamone alcuni di essi:
– Lebron James: tripla doppia con 18 rimbalzi, mediamente marcato da 3 uomini quando ha provato ad attaccare, difensore sublime che all’occorrenza ha tenuto Parker (vedi ultimi 2 possessi) e non è andato sotto quando si è ritrovato accoppiato con Duncan. Non si può onestamente dir nulla. O quasi. A mio avviso ha preso in mano la squadra troppo tardi, aspettando gli ultimi 3 minuti e 30 secondi e soprattutto aspettando che la sua squadra fosse sotto di 7 (88-81), senza cercare di dare prima la spallata, con la partita ancora in equilibrio. Lo scarico per Bosh a 57 secondi dalla fine è un passaggio giustissimo, considerando che da quella zona di campo il numero 1 degli Heat, prima di quell’errore, viaggiava con un’ottimo 7/13 nei Playoff.
E a proposito di questo apro una parentesi su quanto sia importante la presenza di Lebron in campo. In un primo tempo suddivisibile come”buon primo quarto Spurs” (nonostante lo svantaggio 24-23 alla sirena) e “buon secondo quarto Heat”, il momento di massimo vantaggio per Miami è arrivato quando, subito dopo una tripla realizzata da Cole, i detentori del titolo volano a +9 (38-29) e costringono Popovich al timeout. Gli Heat fino a quel punto hanno messo a referto un ragguardevole 6-11 da tre, sfruttando al meglio il raddoppio sistematico che gli Spurs mandano su James.
Coach Spoelstra decide di far riposare Lebron (deve pure star seduto ogni tanto anche lui). Controparziale per San Antonio firmato Duncan (0/5 fino a quel momento) e nero argento che accorciano, nonostante un ottimo Wade tenga avanti gli Heat. Non è che in quei minuti la squadra della Florida abbia avuto un crollo, è semplicemente il fatto che senza il 6 perdono tantissima pericolosità offensiva (anche se i 6 punti di Wade sono pregevoli), ma soprattutto qualitativamente in difesa, se giocano con il quintetto piccolo senza Lebron “sono leggeri per davvero” (come dice Buffa).
– La difesa degli Spurs nel quarto quarto: chiave di volta della partita è stata la scossa che gli Spurs sono riusciti a dare nel finale in difesa. Questa la shot chart di Miami negli ultimi 12 minuti:
5 soli canestri concessi (di cui un paio di Lebron nei minuti finali quando la paura di generare un gioco da 3 punti era un forte deterrente) e sostanzialmente, tolto il madornale errore di Green nel franare addosso a Allen concedendogli 3 liberi, nessuna sbavatura. Sono riusciti a concedere agli Heat quello che volevano, ovvero tiri dagli angoli in emergenza, conclusioni al ferro contestate (unico Birdman a realizzare 2 conclusioni da sotto oltre a Lebron). San Antonio non aveva eccelso fino a quel momento, soffrendo molto sia su Wade con Green, su Bosh con Splitter e su Allen con Ginobili. Nel finale di partita però, l’argentino è riuscito a tener botta su un DW3 esausto (0 punti per lui nell’ultima frazione), Green è stato dirottato sulle piste del detentore del record di triple segnate in NBA e Leonard è riuscito ad arginare “The King” senza abusare del raddoppio. Così facendo si è scommesso sul tiro di Bosh dalla media e dalla lunga distanza. Scelta che, come già ricordato in precedenza, ha pagato i suoi dividendi e che ha limitato gli Heat a soli 10 punti segnati nei primi 10 minuti di quarto.
– Tony Parker e il pick and roll: dopo aver lungamente discusso della difesa degli Heat su questa situazione e su come fosse necessario raddoppiare sul playmaker francese (clicca qui per l’articolo), Miami in realtà ha cambiato in maniera radicale impostazione di gioco, non cercando il blitz su di lui, ma mandando il già citato in passato “terzo difensore” sul pick and roll in aiuto e non concedendogli grosse possibilità di passaggio. In sostanza la squadra della Florida ha provato a “sfidare” Parker, cercando di passare sul blocco portatogli dal lungo, mantenendo gli altri difensori vicini ai tiratori sul perimetro e lasciando un due contro due che ha visto il francese uscirne come dominatore assoluto. A questo proposito, riporto ad esempio una situazione di questo tipo in cui il playmaker, marcato da Chalmers, non è stato raddoppiato e “aggredito” al momento del blocco, potendo giocare in “libertà” il p&r.
In questo caso il blocco di Duncan è ottimo, impedisce un agevole passaggio a Rio Chalmers e permette a Parker di attaccare Joel Anthony prima che la difesa riesca a collassare su di lui, portando a casa con relativa facilità i 2 punti (clicca qui per il video).
Altra situazione molto interessante che nasce sempre dal gioco a due tra i soliti Parker e Duncan è la cosiddetta capacità di “Misdirection” dell’attacco, cioè l’abilità di indicare alla difesa un tipo di gioco per poi eseguirne uno completamente diverso, indicando un “indirizzo sbagliato” ai malcapitati difensori. E’ in sostanza quello che è successo nel finale di partita e che ha permesso a San Antonio di segnare la tripla più importante della gara. Vediamo come.
Il gioco all’apparenza sembra essere il solito blocco portato da Duncan in cui si cerca di allontanare Lebron James dalle tracce di Parker, provando a forzare il cambio sul pick and roll.
In realtà subito dopo aver sfruttato la giocata di Duncan, Parker non attacca Bosh come la difesa degli Heat si aspettava, ma passa il pallone a Ginobili che nel frattempo si è staccato dalla marcatura di Allen. Il p&r in questo caso è stato giocato per depistare la difesa, mentre le intenzioni dell’attacco sono quelle di sfruttare la capacità dell’argentino di cambiare lato.
Difatti a questo punto a Ginobili non tocca fare altro che leggere la situazione. In questo caso Duncan dopo il blocco ha continuato il movimento di roll verso il canestro, avendo acquisito una posizione di vantaggio nei confronti di Bosh. In ragione di questo Miller, vedendo il centro caraibico correre indisturbato verso il ferro, è costretto a ruotare su di lui, lasciando da solo Danny Green al quale basta fare un paio di passi per mettersi in visione, ben conscio del fatto che presto arriverà il ribaltamento con tempi perfetti del numero 20 nero argento.
Questo è il canestro dell’88-81, è in sostanza il canestro dell’allungo decisivo ed è frutto di un’eccellente esecuzione degli Spurs (clicca qui per il video).
Nonostante tutto questo, è in parte condivisibile la scelta fatta da coach Spoelstra, anche perché i 6 assist del franco-belga sono arrivati tutti nel momento in cui è stato raddoppiato. Questa situazione ha poi comportato maggiore libertà e di conseguenza maggiori tiri per gli altri, non convertiti con ottime percentuali (3/9 Neal, 3/9 Leonard e 4/9 Green), le quali avrebbero permesso ai texani di scavare un solco nella partita.
Difatti come qualità di conclusioni tentate San Antonio è riuscita ad imporsi per alcuni tratti sugli avversari, non riuscendo però ad avere percentuali dal campo “da Spurs” (il 7/23 dalla lunga distanza ed in particolare il 2/7 dagli angoli è lì a testimoniarlo).
Per questo coach Popovich e la sua squadra saranno davvero soddisfatti di essere riusciti a conquistare una vittoria così importante in trasferta, nonostante la più bassa percentuale al tiro e il minor numero di rimbalzi catturati. Un’impresa non solo frutto della fortunosa conclusione mandata a bersaglio da Parker (mi piace citare le parole di Lebron James a tal proposito: “E’ riuscito a fare tutto ciò che di sbagliato e tutto ciò che di giusto si potesse fare.. E’ stato il possesso più lungo della mia vita!”), ma il risultato di una meticolosa e coscienziosa scelta rispetto a ciò che si può concedere all’avversario e cosa no.
Coach Spoelstra, invece, per gara 2 starà sicuramente riscrivendo il suo elenco di priorità.