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Top e flop storici del Draft-prima parte

NBA Draft

Con la conclusione delle Finali NBA l’attenzione di addetti ai lavori ed appassionati della Lega si è rivolta verso il primo step della stagione futura, il Draft. Giorno 27 al Barclays Center di Brooklyn andrà in scena l’annuale kermesse che permetterà alle franchigie di scegliere le nuove potenziali stelle. Per molti ragazzi sarà una serata da incorniciare, per altri magari un incubo, che si materializzerà sotto forma di secondo giro o non scelta. Lo stesso vale per gli staff dirigenziali delle squadre NBA. Nella notte del Draft si può decidere il futuro di una di esse o di un’intera Lega, aggiungendo al roster sia ottimi giocatori, sia altri nomi che poi non manterranno le promesse, cadendo inevitabilmente nell’oblio.

La storia del Draft è ricca di intuizioni geniali, colpi di fortuna o scelte apparentemente prive di senso, che fanno sorridere anche ad anni di distanza. Non per forza si può pescare con la prima chiamata la superstar acclamata o, viceversa, al secondo giro il giocatore che non vestirà mai la casacca di una squadra NBA. Di seguito vi proporremo top e flop per numero di scelta, da quando è stato istituito il moderno meccanismo del Draft nel 1985. Non sono stati considerati gli anni dal 2009 in poi, in quanto la giuria sta ancora deliberando sui vari casi.

Prima chiamata

Al numero 1 è frequente la chiamata di giocatori-franchigia, in grado di risollevare le sorti dopo un’annata sfortunata, ascendendo talvolta all’Olimpo del gioco. E’ questo il caso di gente come Patrick Ewing (scelto nel 1985), David Robinson (1987), Shaquille O’Neal (1992), Chris Webber (1993), Allen Iverson (1996), Tim Duncan (1997), Lebron James (2003) e Dwight Howard (2004). Per la speranza dei tifosi Bulls si spera che accanto a questi nomi in futuro ci possa essere quello di Derrick Rose (2008). Yao Ming (classe 2002), sarebbe potuto essere tranquillamente in questo gruppo, ma la sorte lo ha tradito sul più bello.

Tra i flop qualche gemma assoluta. Nel 1989 venne selezionato con la prima scelta assoluta Pervis Ellison, soprannominato “Never Nervous”, protagonista di molte stagioni opache, anche per svariati problemi fisici. Joe Smith (1995), uscito da Maryland doveva spaccare il mondo; si è ritrovato ad essere l’uomo con la valigia, girando quasi la metà delle franchigie NBA. Come dimenticare l’immortale Kandi Man, Michael Olowokandi, croce e delizia dei Clippers che lo scelsero nel 1998? Due sole stagioni in doppia cifra per punti, migliaia invece i “bust” che furono associati alla sua presenza nella Lega. Kwame Brown fu scelto da tal Michael Jordan nel 2001 direttamente dall’high school. Nonostante un gran fisico, l’ex Wizard ha sempre deluso le aspettative, con un solo anno con almeno 10 punti di media. Da valutare la situazione di Andrea Bargnani (2006), la cui carriera ha preso una brutta piega di recente. Sfortunati invece i Blazers con la scelta di Greg Oden (2007), che se sano avrebbe potuto cambiare le sorti della franchigia.

Seconda chiamata

Spesso la seconda chiamata al Draft ha prodotto giocatori di ottimo livello, con carriere lunghe e piene di soddisfazioni. E’ il caso di Gary Payton (1990), Alonzo Mourning (1992), Jason Kidd (1994), Antonio McDyess (1995) e Marcus Camby (1996). Di recente, ottimo colpo dei Blazers con Lamarcus Aldridge (2006), inestimabile quello dei Thunder, che scelsero nel 2007 un certo Kevin Durant.

Non sono mancate tuttavia le delusioni. Tragica la sorte di Len Bias nel 1986. Poco dopo la sua scelta da parte dei Boston Celtics, il prodotto di Maryland morì a causa di un’infausta assunzione di stupefacenti. Notevole un terzetto di bianchi in questa speciale “classifica”. In primis Danny Ferry (1989), meglio come dirigente che come giocatore. Shawn Bradley (1993), grandioso stoppatore nonché immancabile presenza nei poster, sempre dalla parte sbagliata. Infine Keith Van Horn, uno dei tanti novelli Larry Bird dalla carriera inferiore alle attese. Sfortunati i Bulls con Jay Williams nel 2002, che persero il giocatore un anno dopo per un incidente che poteva avere conseguenze tragiche. Col senno di poi, è quantomeno singolare la scelta di Darko Milicic da parte di Detroit nel 2003, vedendo la profondità di quel Draft. Da rivedere, in anni più recenti, le posizioni di Marvin Williams (2005) e Michael Beasley (2008), che non hanno mai realmente convinto nella Lega.

Terza chiamata

Grandi nomi con la terza chiamata: Penny Hardaway, Grant Hill, Jerry Stackhouse, Chauncey Billups, Baron Davis, Pau Gasol, Carmelo Anthony e Deron Williams. A fare da contraltare a tale ricchezza, ecco alcuni che invece delusero in toto o quasi. Chris Washburn, anche lui scelto nel Draft del 1986, con una carriera pressoché inesistente. Dennis Hopson, meteora apparsa nel cielo del New Jersey nel 1987 o Billy Owens, classe 1991. Membro del Dream Team originale, grande carriera collegiale ma esperienza NBA non da attore protagonista: è questo l’identikit di Christian Laettner, terzo uomo chiamato nel 1992. Deludente dopo un buon avvio Darius Miles, scelto dai Clippers nel 2000, impalpabile la carriera di Adam Morrison (2006), altra “perla” del Jordan dirigente.

Quarta chiamata

Abbondanza di scelta anche alla posizione numero 4 del Draft. Da qui iniziarono le loro carriere NBA Glen Rice (1989), Dikembe Mutombo (1991), Jamal Mashburn (1993), Rasheed Wallace (1995), Stephon Marbury (1996), Antawn Jamison (1998), Lamar Odom (1999), Chris Bosh (2003), Chris Paul (2005) e Russell Westbrook (2008). Anche qua non manca qualche “pecora nera”. Si tratta di Marcus Fizer, con una fugace apparizione ai Bulls, Eddy Curry, frenato da una combinazione di fattori che ne hanno minato l’affermazione in determinati contesti, e Shaun Livingston, stoppato da un brutale infortunio qualche stagione or sono.

Quinta chiamata

Hall of Famer al numero 5. Stiamo parlando di gente come Scottie Pippen (1987), Kevin Garnett (1995), Ray Allen (1996), Vince Carter (1998) e Dwyane Wade (2003). Tra i flop segnaliamo Joe Koncak (classe ’85), Isaiah Rider, mattatore più fuori dal campo che dentro, Jonathan Bender, il liceale-meraviglia frenato dagli infortuni o i più recenti Tskitishvili e Shelden Williams, vere macchie nel curriculum di diversi dirigenti.

Sesta chiamata

Parecchie delusioni con la scelta numero 6. William Bedford, l’ennesimo sfortunato protagonista del Draft 1986, per esempio. Felton Spencer, Stacey King, Doug Smith e Sharone Wright, veri e propri carneadi NBA. Non convincenti le scelte di Ron Mercer e Robert Traylor, come quella più recente di Yi Jianlian. A causa di tremendi infortuni non è mai decollata la carriera di Dermarr Johnson e Dajuan Wagner.

Pochissimi nomi tra i top. Altissima sarebbe stata la reputazione di Brandon Roy, se non fosse stato per quelle maledette ginocchia. Nel Belpaese si spera che alla fine della fiera sarà Danilo Gallinari uno dei migliori nomi chiamati a quest’altezza.

Settima chiamata

Qualche nome da segnalare, sia nel bene che nel male. Nel primo caso Chris Mullin, bandiera dei Warriors, Rip Hamilton, protagonista dei Pistons vincenti a metà dello scorso decennio, e Luol Deng, colonna dei Chicago Bulls. Chiamate sfortunate quelle di Tim Perry, Bobby Hurley, vittima di un incidente automobilistico, Chris Mihm ed Eddie Griffin, scomparso tragicamente qualche anno fa.

Ottava chiamata

Più bust che “must” a quota otto del Draft. Tra i pochi nomi di spicco citiamo Detlef Schrempf, uno dei primi europei di successo nella NBA, Andre Miller, oggi a Denver, Jamal Crawford, sesto uomo di lusso a L.A e Rudy Gay. Nella categoria flop vanno i nomi di Bo Kimble (1990), Mark Macon (1991), Shawn Respert (1995) ed i più recenti Rafael Araujo (2004) e Joe Alexander (2008).

Nona chiamata

Nomi illustri alla posizione numero 9. Il capostipite del settore è stato il roccioso Charles Oakley, scelto nel 1985 dai Bulls. Tris d’autore sul finire degli anni ’90: in sequenza vennero scelti Tracy McGrady, Dirk Nowitzki e Shawn Marion. Negli ultimi anni segnaliamo Amare Stoudemire, Andre Iguodala e Joakim Noah. Parecchie anche le cocenti delusioni. Brad Sellers (1986), Eric Montross (1994), Ed O’Bannon (’95), Samaki Walker (’96), Rodney White (2001), Michael Sweetney (2003) e Patrick O’Bryant (2006).

Decima chiamata

Roba buona anche alla decima chiamata del Draft. Su tutti Paul Pierce (1998), bandiera dei Boston Celtics da 15 anni. In squadra con lui un altro chiamato nella stessa posizione ma un anno dopo, Jason Terry. Alla 10 troviamo altra gente all-star: Joe Johnson (2001), Caron Butler (2002), Andrew Bynum (2005) e Brook Lopez (2008). Tra i bocciati Adam Keefe, perenne panchinaro agli Utah Jazz, Luke Jackson, scelta gettata via dai Cavs, ed il misterioso Saer Sene, centrone senegalese desaparecido in quel di Seattle.

Domani continueremo con le altre scelte del primo giro, quelle del secondo e gli undrafted NBA players.

Alessandro Scuto

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