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Ricordando Reggie

Il 27 Luglio non è ricordato solo, tra le tante ricorrenze, per la cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Londra, l’attentato dinamitardo a quelli di Atlanta nel 1996 o alla conclusione della Guerra di Corea nel 1953. In questa data specialmente i tifosi dei Boston Celtics, e non solo, commemorano la scomparsa prematura di uno dei loro idoli. Il 27 Luglio 1993, infatti, si spegneva tragicamente la giovane vita di Reggie Lewis, punta di diamante della franchigia più vincente nella storia della Lega.

Reggie nacque a Baltimora, Maryland, il 21 Novembre 1965. Fisico asciutto, esplosivo, 2 metri d’altezza, il giovane Lewis si avvicinò presto alla pallacanestro. Al liceo fu tra i grandi protagonisti della cavalcata della Dunbar High School. Partendo inizialmente dalla panchina, Reggie si ritagliò progressivamente sempre più spazio in una squadra che poteva vantare futuri giocatori NBA: Reggie Williams, David Wingate e soprattutto il piccolo folletto Muggsy Bogues.

Al college la scelta cadde su Northeastern University, il cui campus aveva sede a Boston, quasi un segno del destino visti gli sviluppi successivi della sua carriera. Con la maglia degli Huskies Lewis si dimostrò un realizzatore di primissimo livello, capace di grandi prestazioni balistiche e di costante contributo a rimbalzo. Con la sua presenza la squadra raggiunse sempre il Torneo NCAA, nonostante venisse regolarmente rispedita a casa alla prima gara.

Terminato il quadriennio per Reggie si spalancarono le porte dell’NBA, con la chiamata numero 22 del Draft 1987. A sceglierlo furono i Boston Celtics, reduci dalla Finale persa contro i Lakers, proprio la squadra che aveva potuto ammirare da vicino durante il periodo universitario. Arrivato in una formazione che lottava ferocemente per la conquista del titolo NBA, per il giocatore la stagione da rookie fu avara di soddisfazioni: solo 49 presenze e 4,5 punti di media, con qualche comparsata nei Playoffs. Per Lewis si trattava solo di aspettare l’occasione propizia, sicuro che prima o poi sarebbe arrivata.

La stagione 1988-89 vide Larry Bird gettare la spugna dopo solo 6 gare, complici i gravi problemi fisici che lo attanagliarono negli ultimi anni di carriera. Il numero 35 si fece trovare pronto e rispose subito presente quando chiamato in causa. La partita della consacrazione venne qualche settimana più tardi, al cospetto di tal Jordan Michael. Lewis ne mise 33 contro i Bulls, con tanto di complimenti da His Airness in persona. Boston e la NBA in generale avevano trovato una nuova stella. Nonostante l’eliminazione al primo turno contro i Pistons, dove fu comunque il più continuo dei suoi, Reggie era riuscito a ritagliarsi il suo posto nei Celtics, grazie all’ottima media di 18,5 punti ad incontro.

Nelle due stagioni seguenti Lewis si adattò alla grande al ritorno in campo di Larry Legend. Fece registrare medie di 17 e 18,7 punti a partita, avendo una grande rilevanza all’interno dell’attacco dei Celtics. Nonostante le vacche magre nella postseason, Reggie si prese sulle spalle la squadra, pur non riuscendo a superare scogli dal nome New York prima e la solita Detroit dopo.

La stagione 1991-92 fu quella della definitiva consacrazione per il giocatore. Fu capocannoniere di Boston a 20,8 di media, con un eccellente 50% dal campo. Anche in difesa, segnatamente sotto forma di stoppate, Lewis si fece particolarmente sentire. A coronare una grande stagione arrivò la convocazione per l’All Star Game 1992 di Orlando, dove per lui si spalancò la via di accesso alla ristretta cerchia di eletti della NBA. Anche nei Playoffs la guardia dei Celtics si confermò sul palcoscenico più importante. Nella Semifinale della Eastern Conference contro Cleveland segnò in due gare 36 e 42 punti, portando la sua squadra fino a gara-7, poi persa, l’ultima partita della carriera di Bird.

Con il ritiro del numero 33 e l’appassire dei componenti della gloriosa formazione degli anni’80, il futuro di Boston, nonostante non sembrasse dei più rosei, poteva contare su una certezza: Reggie Lewis, nuovo capitano dei bianco-verdi. Anche nella stagione seguente furono 20,8 i punti di media durante la regular season. Per Boston si prospettava un Primo Turno dei Playoffs abbordabile, contro gli Charlotte Hornets, alla loro prima apparizione nella postseason nella storia della squadra. Reggie, come sempre, era pronto per una nuova sfida, sperando magari di incrociare le armi con Jordan ed i suoi Bulls lungo il cammino verso le Finali.

Come in altri resoconti di Hall of Famer di questo sito, ci sarebbe piaciuto tanto continuare a scrivere della seconda parte della carriera di Lewis, delle sue giocate, dei suoi numeri, magari di qualche titolo vinto, a Boston o altrove. La verità è che gara-1 contro gli Hornets fu l’ultima partita NBA della vita di Reggie Lewis. 17 punti in 13 minuti, i freddi numeri, una prestazione che magari, parametrata su 48 minuti, sarebbe potuta essere stratosferica. Ma la fatalità era dietro l’angolo. Durante il match il giocatore si accasciò sul parquet, proprio sotto gli occhi dell’ex-compagno Bogues. Rientrò per qualche minuto, ma prese poi definitivamente la via degli spogliatoi, saltando il resto della serie.

La scatola nera dei problemi fisici di Lewis risiedeva nel suo più profondo, nel cuore, che aveva un battito decisamente irregolare. Le settimane seguenti al collasso contro Charlotte furono contrassegnate da polemiche, dibattiti e discussioni interminabili. Vari esperti avevano giudicato la situazione particolarmente critica. Lo stesso giocatore decise di cambiare ospedale per cercare un nuovo consulto, nonostante il parere contrario dello staff medico e di un equipe di esperti messa a disposizione dai Celtics. Avuto il via libera, Reggie riprese gli allenamenti in vista della nuova stagione, nonostante i consistenti dubbi sul suo stato fisico.

Il 27 Luglio di 20 anni fa, mentre si allenava sul campo da basket della Brandeis University, il cuore di Reggie Lewis smetteva di battere per sempre, nonostante i disperati tentativi di rianimazione. La causa fu attribuita alla cardiomiopatia ipertrofica, che se lo portò dunque via a soli 27 anni. La stessa che aveva provocato la morte di Hank Gathers solo due anni prima.

La notizia della morte di Lewis sconvolse una Lega che solo poche settimane prima aveva perso il grande Drazen Petrovic a causa di un incidente automobilistico. Gli stessi tifosi dei Celtics con orrore ripensarono all’estate di 7 anni prima, quando trovò la morte per overdose Len Bias, appena scelto al Draft 1986. Con la scomparsa di Reggie, iniziarono a fioccare, come era facilmente preventivabile, le polemiche sulla gestione della sua precaria salute. Da più parti furono formulate ipotesi sull’assunzione di cocaina da parte del giocatore, con la famiglia ed i Celtics a respingere al mittente con perdite ogni accusa di questo genere.

Sono passate due decadi dalla tragica scomparsa di Reggie Lewis. La maglia numero 35 sventola fieramente dal soffitto del Boston Garden, dopo la cerimonia di ritiro avvenuta il 22 Marzo 1995. Di acqua, da allora, ne è passata tanta sotto i ponti. I Celtics, con la scomparsa del loro capitano, vissero anni mediocri prima di tornare a vincere il titolo nel 2008. Tante cose sono cambiate, nuovi personaggi sono arrivati nella Lega così come nuove squadre; il ricordo di questo brillante e sfortunato giocatore resta tuttavia vivido nelle menti di milioni di appassionati. Soprattutto sapendo che, col senno di poi, con la giusta dose di precauzione si sarebbe potuto salvare.

Alessandro Scuto

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