Periodo particolarmente intenso e denso di anniversari di nascite di grandi campioni NBA. Oggi è la volta di Patrick Ewing, simbolo indiscusso dei New York Knicks, che oggi spegne 51 candeline.
Il 5 Agosto 1962 Ewing nacque a Kingston, capitale della Giamaica e centro nevralgico di tutto il paese. In una nazione ancorata alle tradizioni, sportive e non, del Commonwealth, non sorprende che il piccolo Pat si avvicinasse soprattutto a calcio e cricket nei suoi primi anni d’età. La svolta avvenne nel 1975: la famiglia Ewing si trasferì nel Massachusetts, dove l’allora dodicenne Patrick si affezionò in maniera definitiva allo sport che gli avrebbe dato tante gioie negli anni a seguire. Alla Cambridge Rindge and Latin School il ragazzo in breve diventò una forza della natura, attirando le attenzioni delle migliori università degli Stati Uniti. Fortemente corteggiato da decine di Atenei, Ewing, in una sorta di antesignana “The Decision” di matrice Lebroniana, scelse di andare a giocare a Georgetown per Coach Thompson. Al momento dell’annuncio, giornalisti e tifosi dell’area di Boston abbandonarono polemicamente la sala stampa, profondamente delusi per il mancato approdo di Pat nelle università della città che lo aveva visto crescere.
Gli anni del college, durante i quali prese la cittadinanza americana, furono ricchi di soddisfazioni e premi per il giocatore. Il titolo nel 1984, con annesso premio di Final Four Most Outstanding Player, e due altri Finali perse, la prima contro North Carolina di un certo Michael Jordan, che ritroveremo più avanti in questo racconto, la seconda contro Villanova. Gli Hoyas erano una squadra molto fisica, particolarmente rognosa da affrontare, che si avvaleva dell’apporto di ragazzi prevalentemente di colore, fatto che suscitò diversi episodi di razzismo in giro per l’America. Considerato da molti come uno dei giocatori collegiali più forti di sempre, Ewing segnò l’inizio della grande epoca dei centri di Georgetown, avendo infatti come successori agli Hoyas gente del calibro di Alonzo Mourning e Dikembe Mutombo. Anche in campo “stilistico” Patrick fece tendenza: iniziò ad indossare una maglietta a maniche corte sotto la canotta, venendo in breve imitato da altri giocatori della NCAA. Nel 1984, inoltre, il ragazzo fu tra i protagonisti della cavalcata olimpica della squadra di pallacanestro, che alle Olimpiadi di Los Angeles si aggiudicò una scontata medaglia d’oro, stante anche l’assenza delle squadre dell’Est Europa.
Finiti i fasti del periodo universitario, per Ewing si era spalancata la porta dell’NBA. Era stato scelto, infatti, al numero 1 del Draft 1985 dai New York Knicks, il primo tenutosi col meccanismo della Lottery che vige ancora oggi. Da quasi 30 anni circolano voci di un sorteggio pilotato dalla Lega stessa per far arrivare nella Grande Mela il centrone di origini giamaicane, un argomento che ancora oggi fa perdere il sorriso al Commissioner David Stern. Ad ogni modo, nell’estate di 28 anni fa veniva celebrato il matrimonio tra Ewing e New York. Probabilmente neanche lui si sarebbe aspettato di diventare un’icona di una franchigia e di una città stessa.
Nonostante alcuni guai fisici ed una squadra malmessa, che chiuse con sole 23 vittorie, il centro dei Knicks disputò una grandiosa annata. 20 punti, 9 rimbalzi e due stoppate di media gli valsero il titolo di Rookie dell’anno, l’unico della franchigia a poter fregiarsi di tale riconoscimento assieme a Willis Reed e Mark Jackson. Inoltre, sebbene infortunato, fu convocato per l’All Star Game di Dallas, segno che il giocatore stava già facendo intravedere le proprie grandi doti. Anche la stagione seguente fu simile per svolgimento, eccezion fatta per la partecipazione alla partita delle stelle. New York aveva trovato una gemma preziosa, ma il contesto di squadra non lasciava trasparire grande fiducia nel futuro.
Le cose iniziarono a cambiare con l’arrivo di Rick Pitino all’inizio dell’annata 1987-88. Con Ewing a fornire i canonici 20 punti ad incontro i Knicks tornarono ai Playoffs dopo 3 anni di digiuno, venendo però subito estromessi dai Boston Celtics. La stagione seguente, forti anche dell’arrivo di Charles Oakley dai Bulls, New York vinse 52 partite di regular season, superando di slancio anche l’ostacolo Philadelphia al primo turno. A ridere per ultima fu proprio Chicago, che nonostante il fattore campo avverso riuscì ad estromettere in 6 gare la squadra della Grande Mela. Non l’ultima volta che queste due formazioni si sarebbero incontrate.
Finita l’era-Pitino, per i Knicks si era aperta quella Stu Jackson che, a livello personale, segnò le stagioni più produttive nella carriera di Patrick. 28,6 punti di media con la chicca delle 4 stoppate ad incontro nella stagione 1989-90, 26,6 in quella successiva. Ai Playoff del 1990 al primo turno New York incontrò i Boston Celtics, che si portarono rapidamente sul 2-0. Dati ormai per spacciati, i Knicks si aggrapparono al loro centro, trovando una reazione inaspettata dai più. Ewing segnò in successione 33, 44 e 31 punti, con la chicca di una tripla decisiva allo scadere dei 24” in una tiratissima gara-5. In Semifinale di Conference la squadra poi si arrese ai futuri campioni di Detroit, nonostante i 45 punti nella terza partita del loro capitano. Nel 1991 New York venne subito fatta fuori dai Bulls al primo turno, ma Ewing era ormai diventato a tutti gli effetti una delle stelle più brillanti della Lega.
I Knicks col passare degli anni avevano costruito una squadra molto promettente, che aveva però bisogno del giusto manico. Nell’estate del 1991 arrivò anche l’ultimo tessera del puzzle: Pat Riley. Focalizzandosi in maniera sistematica sulla difesa, dura e faccia a faccia con l’avversario, ed imperniando l’attacco attorno ad Ewing, New York si trasformò in una vera e propria contender. Nel 1992 trascinò i Bulls sino a gara-7, con un Patrick che, seppur in condizioni fisiche precarie, diede tutto quello che aveva per rispondere colpo su colpo a Jordan e compagni. Nel 1993 Ewing fece registrare il career-high alla voce rimbalzi di media in stagione, 12,1. Grazie al suo contributo, New York vinse 60 partite di stagione regolare e tornò alle Eastern Conference Finals per la prima volta dal 1974. Avversari, manco a dirlo, i Chicago Bulls. I Knicks si portarono sul 2-0, sembrando sul punto di spezzare il sortilegio. Peccato che gli altri avessero Jordan e Pippen, che condussero la loro squadra alla rimonta vittoriosa con 4 successi di fila. Unica nota positiva per il giocatore furono le Olimpiadi del 1992, dove Ewing riuscì a conquistare sia il secondo oro olimpico che l’onore di far parte del celeberrimo Dream Team.
Il ritiro di Jordan sembrò aprire uno spiraglio per le aspiranti al titolo. I Knicks ed Ewing ebbero qualche patema di troppo, tuttavia, nella postseason. I soliti Bulls privi di Michael costrinsero New York a gara-7. Nella serie successiva iniziò la grande rivalità con gli Indiana Pacers di Reggie Miller. In questa appassionante saga fu Ewing ad avere la meglio, segnando il tap-in della vittoria in gara-7 che significava NBA Finals. Ad attenderlo, il rivale della sfida NCAA del 1984, Hakeem Olajuwon ed i suoi Houston Rockets. Fu una Finale molto intensa, con due squadre che si assomigliavano molto ed avevano stili di gioco speculari. Ewing fu molto efficace, soprattutto nelle stoppate, ma The Dream fu lievemente superiore nel confronto diretto, portando la franchigia al titolo NBA. Per Patrick anche questa volta era finita con un nulla di fatto.
Nelle due stagioni successive i Knicks non ebbero altrettanta fortuna e bravura. Nel 1995 fu proprio Ewing a sbagliare il layup del pareggio in gara-7 di semifinale contro Indiana. Nel 1996 era tornato il Cannibale con la maglia numero 23, che aveva sancito l’ennesima eliminazione di Patrick per mano di Michael. Nel frattempo anche Coach Riley era uscito di scena, con le celebri dimissioni via fax e la firma con Miami. Dopo il breve interregno di Don Nelson, sulla panchina della squadra si assise un giovane allenatore, Jeff Van Gundy.
Nel 1996-97 New York era tornata di nuovo tra le contender della Lega. Forte di 57 vittorie e dell’ennesima grande stagione di Ewing, si apprestò ai Playoffs con grande fiducia. Sbarazzatisi degli Charlotte Hornets, i Knicks incontrarono i Miami Heat dell’ormai nemico Riley. Era l’inizio di un’altra grande rivalità NBA. New York andò avanti sul 3-1, poi il fattaccio. In gara 5 esplose una maxi-rissa che vide così tanti giocatori coinvolti che la Lega fu costretta a comminare le sospensioni nell’arco di due partite. Ewing saltò gara-6, tornò in gara-7 e diede il massimo, ma l’inerzia era ormai passata completamente nelle mani di Miami, che vinse così la serie per 4-3.
Il 20 Dicembre 1997, in una partita contro Milwaukee, Patrick subì un serissimo infortunio al polso, di una violenza tale che le lesioni riportate erano compatibili a quelle di un incidente motociclistico. La carriera di Ewing finì sostanzialmente quella sera, nonostante il giocatore riuscisse a tornare nella postseason. Nell’anno del lockout Patrick ebbe altri problemi fisici, ma fu tra gli artefici della grande cavalcata di New York che, da testa di serie numero 8, raggiunse le Finali NBA contro San Antonio. Ewing, purtroppo, non le disputò. Si era infortunato al tendine d’Achille, infatti, durante il riscaldamento di gara-2 di Finale di Conference contro Indiana. Privi del loro capitano, i Knicks si arresero in cinque gare agli Spurs.
L’ultima stagione di Patrick nella Grande Mela fu l’annata 1999-00. Era ormai finita un’epoca, e la presenza del centro nella squadra era di fatto ridotta ai minimi termini. Nonostante il grande contributo nella postseason, con l’ennesima vittoria ai danni di Miami e le Finali di Conference raggiunte, il capitano il 2 giugno 2000 giocava la sua ultima partita al Madison Square Garden. Le due annate successive, trascorse a Seattle e Orlando, furono avare di emozioni e risultati. Dopa la sconfitta al primo turno dei Playoffs 2002 contro gli Hornets, calava il sipario sulla carriera di Patrick Ewing.
La maglia numero 33 oggi è appesa al Madison Square Garden, teatro della maggior parte delle oltre 1000 gare ufficiali di Ewing in maglia Knicks. Eletto nella Hall of Fame nel 2008, Patrick da diversi anni ricopre la carica di assistente allenatore, prendendosi cura soprattutto dei giovani centri della Lega. E’ stato lui a seguire prima Yao Ming e poi Dwight Howard, raggiungendo anche la Finale coi Magic nel 2009. Dallo scorso giugno è assistant coach degli Charlotte Bobcats.
24815 punti, 11607 rimbalzi, 2894 stoppate: queste alcune tra le fredde cifre di un giocatore costante presenza dei quintetti stagionali della Lega. Protagonista di tantissime battaglie, soprattutto contro Miami e Indiana, Ewing ha avuto la sfortuna di essere una delle tante vittime illustri di Michael Jordan, che lo ha estromesso dal titolo in ben 5 occasioni.
La grande occasione del 1994 non è stata sfruttata appieno, ma ciò non toglie che Patrick Ewing abbia rappresentato uno dei simboli della pallacanestro degli anni’90, un vero guerriero del parquet, il punto di riferimento di una squadra e di una città che hanno dovuto attendere ben 13 anni dalla sua cessione prima di poter riavere la gioia di una serie di Playoffs vinta. Un dato che fa sicuramente riflettere. Tanti auguri vecchio leone!
Alessandro Scuto