Pochi giorni dopo la scomparsa del due volte Hall of Famer Bill Sharman (qui l’articolo), la NBA piange la perdita di un altro pezzo importante della sua storia: si tratta di Walter Jones Bellamy, per tutti Walt, centro afroamericano che ha calcato i parquet della Lega negli anni ’60 e ’70. Bellamy si è spento all’età di 74 anni nella sua casa ad Atlanta lo scorso 2 novembre, poche ore dopo aver assistito alla gara inaugurale dei “suoi” Hawks contro i Raptors.
Come Sharman, anche il nome di Bellamy non è tra i più conosciuti dagli appassionati, ma proprio come l’ex allenatore dei Lakers Walt ha lasciato un segno indelebile nei suoi anni da pro. Nato nel Nord Carolina nel 1939, fratellastro del futuro pugile professionista Ron Bellamy, cresce nel Sud razzista di quegli anni fino al conseguimento della borsa di studio da parte di Indiana, uno degli atenei all’epoca più aperti verso i giocatori di colore. Nei suoi quattro anni con gli Hoosiers si segnala come un ottimo lungo, in grado di segnare ma soprattutto di dominare a rimbalzo, chiudendo la carriera universitaria con una media di oltre 20 punti e 15 rimbalzi, e svariati record, alcuni dei quali tuttora imbattuti (maggior numero di rimbalzi totali e in media e di doppie doppie nella stagione da senior). Durante la sua permanenza al college, Walt viene anche convocato per la spedizione olimpica americana che partecipa ai Giochi di Roma del 1960 e che vince agevolmente l’oro grazie a una delle nazionali più forti che gli Stati Uniti ricordino (oltre a lui c’è gente del calibro di Jerry West, Oscar Robertson e Jerry Lucas).
Uscito da Indiana, diventa la prima scelta assoluta al Draft del 1961 da parte degli allora Chicago Packers, i futuri Washington Wizards, coi quali vivrà quasi tutte le metamorfosi (cambieranno nome in Zephirs l’anno successivo per poi trasferirsi a Baltimore assumendo la denominazione di Bullets). La sua carriera professionistica inizia col botto, chiudendo con una delle migliori stagioni da rookie nella storia della NBA (31,6 punti, secondo solo all’anno d’esordio di Wilt Chamberlain, e 19 rimbalzi, superato soltanto da Bill Russell e dallo stesso Wilt nelle rispettive versioni rookie), diventando subito un All Star e vincendo ovviamente il ROY. Pur mantenendo un ottimo rendimento, successivamente non riuscirà più a ripetere numeri del genere, tanto da essere più volte scambiato, prima ai Knicks nel 1965, poi ai Pistons nel 1968 e infine agli Hawks nel 1970, dove rimane quattro stagioni e si stabilisce, prima di chiudere la carriera ai New Orleans Jazz nel 1974. Non riesce a portare a casa un titolo, ma fa registrare delle medie personali in carriera di tutto rispetto (20,1 punti e 13,7 rimbalzi), riuscendo anche a scollinare i 20.000 punti in carriera ed entrando nella Naismith Basketball Hall of Fame nel 1993.
Conclusa la carriera da professionista, si allontana dalla Lega, preferendo impegnarsi per la comunità di Atlanta dove risiedeva, in particolare verso i giovani afroamericani. Sono stati proprio gli Hawks a confermarne la scomparsa, ricordandolo così:
La famiglia degli Atlanta Hawks è piena di tristezza per la notizia della morte di Walt Bellamy a 74 anni. Gli Hawks e la NBA hanno perso un gigante. Come vincitore di una medaglia d’oro olimpica, prima scelta assoluta al Draft del 1961, rookie dell’anno nel 1962, quattro volte All Star e membro del Naismith Memorial Basketball Hall of Fame, il suo contributo sul campo è stato immenso. Fuori dal campo poi ha avuto un eguale impatto come uomo di famiglia, leader all’interno della comunità, mentore e amico di molti.
In una Lega dominata in quegli anni dai Celtics di Bill Russell e dal fenomeno Wilt Chamberlain, Bellamy non ha potuto avere la visibilità e le onorificenze che in altre epoche avrebbe sicuramente ottenuto. Questo comunque non scalfisce minimamente il suo contributo dentro e fuori dal campo, giustamente ricordato in questi giorni dagli Hawks come dall’intera Lega in cui fu protagonista.