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Editoriali NBA

Top & Flop, le pagelle di Miami Heat vs Indiana Pacers (gara 6)

Si chiude dunque con una perentoria vittoria dei padroni di casa l’attesissima serie tra Miami Heat e Indiana Pacers, con gli ospiti capaci di convincere pienamente solo in gara 1 e travolti nella partita da dentro fuori da Lebron e compagni. Vediamo dunque le pagelle di quest’ultimo atto della serie.

TOP

LEBRON JAMES: 7.5. In gara 5 era stato costretto a stare a lungo in panchina per problemi di falli e aveva chiuso con la prestazione personale forse peggiore dell’intera carriera; stavolta invece in panca ci sta di nuovo più a lungo del solito, ma solo perché il suo apporto non risulta più necessario e dopo averne messi 25 con 8/12 azzerando subito le aspirazioni degli avversari, tanto per ribadire che 7 punti è score più unico che raro. Bello anche l’abbraccio distensivo con Lance Stephenson, che ha provato per l’intera serie a entrargli sotto pelle provocandolo nei modi più fantasiosi, a ricordare che in campo esiste la rivalità e magari i mezzi al limite del regolare ma che fuori dal parquet il rispetto deve rimanere fondamentale. PART TIME

CHRIS BOSH: 7.5. Solo sostanza per uno che spesso ha ricevuto critiche per non portarne abbastanza alla causa, con il tabellino che segna 25 in 28 minuti. Trova sempre il canestro senza grosse difficoltà, e quando entra anche la tripla centrale di tabella capisci che la giornata sarà positiva. Ora però dovrà confermarsi con una front line di ben altra efficacia (il livello di quella di Indy non si può certo considerare basso, ma il rendimento complessivo è stato tutt’altra cosa), qualunque squadra finisca per sfidare gli Heat quest’anno. SOSTANZIOSO

RASHARD LEWIS: 7. Da quando Spoelstra gli ha regalato un posto in quintetto che mancava da tempi immemori sembra ricordare vagamente l’ala offensivamente fortissima in grado anche di strappare un contrattone gigantesco, che tutti, in seguito, facevano a gara per sbolognare. Ovviamente non è e non tornerà più ad essere il Lewis dei Sonics ma ha chiuso la serie con due gare in deciso crescendo in attacco che fanno ben sperare per la Finale, perché così può diventare molto importante se offensivamente dev’essere rispettato dagli avversari (come talvolta non accade con Shane Battier). RIGENERATO

PAUL GEORGE: 7. Praticamente l’unico Pacer a cercare di vender cara la pelle anche quando le cose iniziano a mettersi male, prova per tutta la serie a tenere viva una squadra allo sbando ma deve capitolare anche lui. Nonostante quelli che sono stati definiti come “i 29 punti meno influenti della storia delle finali di conference”, dimostra ancora una volta di essere ormai nell’elites della Lega, peccato che dal famoso All Star Game la squadra spesso non lo segua e la stagione finisca, tutto sommato, con un mezzo fallimento rispetto alle alte ambizioni iniziali. CAPITANO SOLITARIO

DWYANE WADE: 6.5. Solita gara a tutto tondo per D-Wade, vero metronomo del rendimento degli Heat. Anche per lui bastano 25 buoni minuti sul parquet per chiudere la pratica Indiana, prendersi il quarto titolo della Eastern consecutivo e cominciare già, nei lunghi periodi in panca, all’imminente ultimo atto, a cui sembra arrivare in più che buona forma. VINCENTE

DAVID WEST: 6. Con George è l’unico Pacer a battere qualche colpo in mezzo all’uragano fuori stagione che si abbatte in Florida, e con la fisicità nei pressi del ferro e il piazzato dalla media sembra poter dare anche oggi grosso fastidio ai campioni in carica. Si deve arrendere anche lui piuttosto in fretta e chiude mestamente la stagione, ma viste la caratteristiche piuttosto indigeste per il sistema di Miami è lecito chiedersi come mai non sia stato cavalcato di più da Vogel e compagni. SPINA MANCATA

FLOP

GEORGE HILL: 5. Impalpabile la prova dell’ex Spurs, uomo da missioni delicate sotto il Generale Popovich, molto meno incisivo quando conta a Indianapolis. Non è un sistema offensivo che lo privilegi, ma sa come si vince ed è uno dei più esperti ai playoff dell’intera squadra, lecito attendersi da lui maggiore presenza. ASSENTE

LANCE STEPHENSON: 4.5. Mette 11 punti e qualche tiro pesante, ma la valutazione è per forza di cose fortemente influenzata da un atteggiamento atto sicuramente a mettere pressione sugli avversari, ma che si rivela un boomerang. Al presidente Larry Bird non era piaciuta la sua condotta e l’aveva detto esplicitamente, ma lui entra comunque in campo pensando di nuovo più a infastidire Lebron che a giocare come saprebbe: se le due cose si invertissero avrebbe il talento per diventare un signor giocatore, per ora resta un incompleto. Da codice penale il colpo gratuito a Cole, dal quale si riscatta parzialmente andando ad abbracciare l’obiettivo del suo stalking a fine gara. STALKER

ROY HIBBERT: 4.5. Se l’anno scorso Miami andò vicinissima ad uscire in Finale di Conference coi Pacers molto del merito andò certamente a Hibbert, rebus irrisolvibile in area per la sotto dimensionata front line degli Heat. A soli 12 mesi di distanza sembra che ieri, e in questa serie in generale, abbia giocato il proverbiale gemello scarso: lento, mollo nei movimenti, talvolta quasi svogliato, per l’intera serie Miami non ha avuto problemi a gestirlo anche con giocatori molto più piccoli. Assolutamente da ritrovare prima mentalmente che tecnicamente. DISPERSO

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