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KAWHI LEONARD: 8. Il drago in maglia Spurs veste il numero 2, ma gioca come un numero 1 assoluto. Garantisce quantità e qualità spalmate su ventotto metri. E’ salito in cattedra nel momento decisivo, come già era accaduto nelle Finals dello scorso anno. La differenza la sta facendo un’incontenibile sete di rivincita, testimoniata dal doppio acuto piazzato all’American Airlines Arena. BOLIDE
BORIS DIAW: 7,5. L’esaltazione della visione periferica. Una perla dietro la schiena recapitata al gigante Splitter incornicia una prestazione sublime. Con quelle mani potrebbe scrivere poesie, suonare il pianoforte e dipingere fantastici quadri. Oppure catturare 9 rimbalzi, sfornare 9 assist e segnare 8 punti sfiorando la tripla doppia. Come accaduto in Gara 4. GIOIELLO
PATTY MILLS: 7. Partita chirurgica. Si piazza lì nell’angolo, silenzioso e con le intenzioni più cattive del mondo, prima di azionare la raffica. Le sue triple stordiscono i barcollanti Miami Heat e regalano a Popovich una nottata tranquilla. Un pezzettino di anello, se mai dovesse arrivare, potrebbe avere i tratti somatici dell’aborigeno di Canberra. PILOTA AUTOMATICO
TIM DUNCAN: 7. L’addio più romantico, finalmente, è all’orizzonte. Tim a Miami prende, cinque tacche. C’è copertura totale, ad ogni chiamata lui è libero e risponde presente, come il più fedele dei soldati. 10 punti e 11 rimbalzi non sono statistiche da capogiro, il caraibico sa fare di meglio. Ma lo stile è il solito, concreto e determinato. Festeggiare con qualche lacrimuccia all’ombra dell’Alamo sarebbe il giusto tributo ad un campione maiuscolo. IMMENSO
TONY PARKER: 6,5. Perde qualche pallone di troppo, assicura ritmo alla manovra di San Antonio ma non si svena negli assist. Con 19 punti contribuisce a rimpinguare il bottino dell’armata Popovich, ma quando capisce che il traguardo può essere tagliato anche in retromarcia tira il freno a mano e dosa le energie. Avrà pure sei o sette infortuni nella cartella medica, ma resta ad honorem il direttore di un’orchestra meravigliosa. METRONOMO
LEBRON JAMES: 7. Predicatore nel deserto. Più che mai abbandonato alle sue scorribande, senza nessuno pronto a dissetarlo nelle fasi di appannamento. E’ uno e trino, ma al cospetto delle divinità nero-argento anche lui assume le sembianze di un comune mortale. 28 punti e 8 rimbalzi non bastano ad evitare il capitombolo. Adesso che la rimonta diventa un miraggio e la dinastia sta per finire, urge un miracolo. SANTINO
JAMES JONES: 7,5. Hai capito il signorotto? 3 minuti, 11 punti, 4-4 al tiro. Fa meglio di un evanescente Wade, protagonista di 33 minuti avvolti dal grigiore. Scarico di responsabilità, sulla sua testa non pende alcuna spada di Damocle e l’effetto mente sgombra si vede. Entra in pieno garbage time, ma il suo è un messaggio in codice per coach Spoelstra. MITRAGLIA
FLOP
CHRIS BOSH: 5. Sotto canestro la sua presenza è nulla. Non è una novità, ma va da sé che in caso di risultato negativo il fardello del colpevole ricada su di lui. Lo status di centro-fantasma esalta le torri gemelle del Texas. Splitter e Duncan abusano della sua trasparenza per catapultarsi sulle seconde palle e per finalizzare i giochi in post basso. Senza un provvidenziale 70% al tiro le sue performances diventano autentiche zappe sui piedi. BOOMERANG
DWYANE WADE: 4,5. Il canestro è piccolo piccolo, forse perchè la difesa degli Spurs è a tratti enorme. Resta ai margini come una comparsa qualsiasi, non lotta e accetta l’impietoso verdetto con una mestizia scoraggiante. E’ lo yin che si contrappone allo yang rappresentato dalla tenacia di LBJ, ultimo baluardo a mollare la nave che affonda. IMPAURITO
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