Si apre oggi la rubrica -il cui titolo è un omaggio alla più grande band post-Pooh e ai nuovi 30” del regolamento NCAA, che speriamo divengano presto 24” per facilitarmi il lavoro- con la quale vedremo di tenervi costantemente aggiornati da qui a marzo sul meraviglioso mondo del college basket attraverso trenta notizie/osservazioni settimanali, in modo che possiate conquistare con le vostre conoscenze del quintetto base di Butler i favori di top model slovacche e capi di stato. Ma iniziamo con il countdown, che poi purtroppo bisogna anche vivere.
30”: “Porto il vento ad Okinawa, Hiroshima e Nagasaki”. Si sentiva davvero il bisogno di giocare in una base militare ad Okinawa? Domanda legittima dopo che la partita tra Pittsburgh e Gonzaga, giocata in una base militare nell’isola giapponese famosa per la battaglia della seconda guerra mondiale, è stata interrotta all’intervallo a causa dell’umidità presente sul campo, che ha causato scivoloni come quello che ha visto James Robinson dare la più classica delle “facciate” al parquet. La moda un po’ nazionalista, un po’ hipster degli ultimi anni di portare le squadre di college a giocare su portaerei, basi militari, Marte etc. dovrebbe essere forse rivalutata in favore dei vecchi, ma mai obsoleti, campi da basket.
29”: A UCLA per fortuna c’è tanto altro oltre al basket. Sorprendente, ma non troppo, anche la sconfitta dei Bruins contro Monmouth, giocata peraltro proprio al Pauley Pavillon: tuttavia cosa si può dire di un programma leggendario, ma che quest’anno ha “festeggiato” il ventennale dell’ultimo titolo NCAA conquistato e i quarant’anni dal penultimo? Triste a dirsi, ma di questo passo la UCLA del basket rischia di diventare un qualcosa di mitologico al pari di Odisseo e il buon Steve Alford non pare proprio l’uomo adatto a invertire questa tendenza. Grazie al Divino Otelma a Los Angeles le distrazioni non mancano e anche il pubblico, sempre meno numeroso al Pavillon, sembra essersene ampiamente accorto.
28”: Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Aveva ragione lo zio di Spiderman, che se non fosse stato ucciso forse sarebbe diventato un filosofo più grande di Nietzsche: lo dimostrano anche alcuni ottimi allenatori che quest’anno si dovranno confrontare con realtà più grandi di quelle gestite fino ad oggi. Shaka Smart, autore di diversi miracoli a VCU, è uscito sconfitto dalla sua prima partita sulla panchina di una Texas in cerca di una via mai trovata con Rick Barnes; così come Bobby Hurley, che ha avuto la peggio alla guida di Arizona State nel debutto contro la non irresistibile Sacramento State; bene invece l’ex Murray State Steve Prohm approdato al meglio ad Iowa St. come vedremo più avanti.
27”: M.W.A. Mussini Witta Attitude. Eccelso inizio di stagione per il “nostro” Federico Mussini, giunto nel programma di basket collegiale più rappresentativo di tutta New York e dintorni, St. John’s, con una personalità degna del miglior Frank Lucas: bianco, magro e alto 1,80 l’ex Reggio Emilia ha guidato con 16 punti di media i Johnnies a tre vittorie in altrettante partite, prima che i suoi venissero letteralmente travolti da Vanderbilt nel debutto al Maui Invitational: anche in questa occasione però Federico è stato l’unico a uscire con numeri decenti (14 punti con 5/13 al tiro) da una partita che ha visto i Johnnies concludere con il 30% dal campo. In ogni caso il “Musso” sta mostrando un carattere sorprendente per un freshman d’oltreoceano privo di particolari doti fisiche, sfruttando appieno il proprio controllo di palla e gli step back per creare distanza tra sé e il difensore: chi lo conosce sa bene che “Mussini ain’t nuthing ta fuck wit” e Chris Mullin, neo-coach di St. John’s e “discreto” tiratore NBA ai suoi tempi, pare averlo capito, dandogli subito le redini della squadra.
26”: Everybody Hates Grayson. Duke sembra aver trovato in Grayson Allen il prossimo giocatore che tutti ameranno odiare. Dopo la miracolosa prestazione nell’ultima finale NCAA, il sophomore da Jacksonville ha iniziato bene la nuova stagione, migliorando per due partite consecutive il proprio massimo in carriera per punti, prima di trovarsi letteralmente davanti a un muro nella sfida con Kentucky, conclusa con solo sei punti a referto. Nelle due partite successive, giocatesi al Madison Square Garden, qual’è stata la risposta del ragazzo? Nuovo career high portato a 30 punti uscendo dalla panchina nella semifinale contro VCU e personale limato nella finale del 2K Classic contro Georgetown, toccando quota 32 e divenendo il primo giocatore di Duke a firmare due trentelli consecutivi dai tempi di J.J. Redick. Tutto ciò, unito ad una faccia da bullo delle scuole private e soprattutto alla maglia di Duke portata sulle spalle, lo farà sicuramente essere il giocatore più polarizzante (nonché uno dei migliori) dei prossimi tre anni di college basket. E per questo lo amiamo già.
25”: Wisconsin, abbiamo un problema (ma anche due forse). Certo, perdere giocatori come Kaminsky e Dekker, riprendersi dalla delusione di una finale NCAA persa, avere a che fare col nuovo cronometro dei 30” per una squadra che ha sempre amato controllare il tempo…non sono ostacoli facili da superare, specialmente ad inizio stagione. Finita la parte delle difese rimane però pressoché ingiustificabile una sconfitta nella prima partita della stagione contro Western Illinois (una delle squadre prescelte per gli ultimi posti della non irresistibile Summit Conference), con la difesa dei Badgers che ha concesso il 54% agli avversari e un Nigel Hayes -leader designato della squadra- incapace di segnare nel secondo tempo. Non molto migliore la sconfitta al MSG contro Georgetown, dove i Badgers hanno confermato i problemi nella difesa a canestro e un attacco che fa fatica ad ingranare: i primi otto minuti della partita con due punti a referto non sono stati propriamente entusiasmanti. Tuttavia la buona notizia (o cattiva?) sta nel fatto che il gioco dei ragazzi di Ryan non è che abbia subito una regressione così drastica come si potrebbe intuire, il problema sta piuttosto nel valore dei singoli: problema che Bo Ryan ha sempre superato con un gioco corale di eccelso livello, ma se le sue due Final Four in carriera sono state raggiunte con un certo Kaminsky tra le proprie fila un motivo ci sarà. Talent matters, magari non quello delle future star NBA, ma un minimo è necessario.
24”: La carica dei 144. La più classica delle partenze al rallentatore per Butler che nella partita d’esordio è riuscita a mettere a segno 144 punti, andando a infrangere quattro record precedenti dell’ateneo, compreso quello di 115 per maggior numero di punti segnati in una partita. Per Kellen Dunham 22 punti nel solo primo tempo che, qualora ce ne fosse stato bisogno, ce lo confermano come uno dei realizzatori più esaltanti di tutto il panorama collegiale. Ah, vi dobbiamo il quintetto base di Butler: Dunham-Lewis-Jones-Wideman-Chrabascz.
23”: Per 5 secondi d’azione non so cosa darei. Abbiamo già parlato dei problemi di Wisconsin, ma non se l’è vista tanto meglio Virginia al debutto contro George Washington, squadra da parte sua molto interessante, ma certamente sfavorita alla vigilia. I Cavaliers erano la squadra maggiormente indicata insieme a Wisconsin come una delle grandi “a rischio” specialmente nei primi giorni di adattamento al nuovo cronometro ed effettivamente sembra aver confermato queste impressioni, sebbene i problemi non siano stati assolutamente ascrivibili solo al nuovo cronometro: in particolare Brogdon è parso un uomo solo al comando con i suoi 28 punti e vista la partenza di Justin Anderson sarà richiesto un maggiore apporto ad altri membri del roster, a partire da un London Perrantes che dovrà cercare di andare oltre al ruolo di semplice facilitatore di gioco.
22”: Buone nuove per Iowa St. Se i nuovi cronometri a 30” sono una spina nel fianco per taluni programmi, è come sempre anche presente il rovescio della medaglia: la Iowa St. del nuovo coach Steve Prohm sembra infatti poter sognare ancora più in grande grazie alla maggiore rapidità delle azioni che favorisce il loro stile di gioco e quello di giocatori come il versatile George Niang. Molto positivo l’inizio di stagione dei Cyclones che con il suddetto Niang ad iniziare l’azione e Monte Morris a sfruttare i conseguenti mis-match continueranno ad essere un problema per diverse difese. In particolare preoccupante -per gli altri- l’equilibrio del loro gioco e dei risultati a cui porta, con una rotazione basata su sette uomini (spesso rotazioni corte = successo) di cui cinque con una media punti compresa tra i 12 e i 17 del top scorer Nazareth Mitrou-Long e minutaggi democraticamente distribuiti. Iowa St. come Atene, polis perfetta, culla della democrazia collegiale? We believe.
21”: Dunk-a-thon. Che Derrick Jones -freshman di UNLV- sapesse schiacciare lo si sapeva, che ci donasse questo delicato appoggio al ferro alla seconda uscita stagionale era forse chiedere troppo. O forse no.
20”: Jakob Poelt è la miglior esportazione austriaca dai tempi di Mozart e della Sacher Torte. Nostro “pallino” sin dalla scorsa stagione, la sua prima in NCAA, Poeltl ha iniziato il suo secondo anno tra le file di Utah confermandosi uno dei migliori lunghi della Division I, nonché giocatore dal futuro NBA: assicurazione di 20 punti e 10 rimbalzi a partita, il viennese ha di certo iniziato al meglio la stagione, mostrando anche miglioramenti al tiro che fanno sognare gli scout (i liberi dal 44% dello scorso anno si stanno assestando su un solido 70%, con anche un eccelso 12/14 nell’ultima uscita da 32 punti) e confermandosi come uno dei migliori giocatori di pick’n’roll della Division I (sia in attacco che in difesa), nonché un lungo tra i più letali in transizione. Torneremo sicuramente a parlare di lui.
19”: Long Beach-BYU è stata una brutta partita. Long Beach ha un campo molto bello, con parquet chiaro e palme disegnate sopra e c’è da scommettere che la gente sugli spalti si sia messa a socchiudere gli occhi pensando di essere rilassata in spiaggia, pur di non vedere l’orrore che si dipanava di fronte a loro: i padroni di casa hanno tirato con uno stupendo 22 su 71 dal campo e il 65% ai liberi, ma BYU è riuscita a fare di meglio con un 5-20 da tre e il 38% ai liberi, completando l’impresa di perdere questa partita. Non è più la BYU dei nostri Jimmer Fredette.
18”: I freshmen da tenere d’occhio (pt.1) Ben Simmons. A quanto pare “we can believe the hype” con il freshman di LSU, giunto in Division I con grandi aspettative che di certo possiamo dire che non siano state smentite nelle prime quattro gare della stagione. I 23 punti e 16 rimbalzi messi a segno contro South Alabama rappresentano qualcosa che si era visto l’ultima volta con Julius Randle e a livello statistico ancora meglio è andata contro Marquette, nonostante la sconfitta dei suoi: 21 i punti (seppur con un 43% dal campo basso per i suoi standard) con 20 rimbalzi e 7 assist. A parte gli straordinari numeri a colpire del ragazzo sono però l’intelligenza sul campo e la varietà dei modi con cui riesce ad influenzare una gara e la prestazione dei compagni: ottimo difensore seppur non ancora due azioni avanti rispetto agli altri come in fase offensiva, eccezionale passatore -spesso incompreso dai compagni che causano palle perse immeritate- e atleta di primo livello anche per gli standard NBA, Simmons è un fenomeno come non ne passano tutti i giorni. Per questo e per avere più visualizzazioni/copie vendute si sono già sprecati i paragoni con Lebron James. Con calma. Di sicuro abbiamo un potenziale All-Star NBA per i prossimi dieci anni davanti ai nostri occhi, quindi meglio iniziare a goderselo da subito.
17”: Oklahoma ha il miglior realizzatore della NCAA e può puntare alle Final Four. Eccoci qui con una delle nostre previsioni che si riveleranno errate nel giro di 3 settimane e che a fine stagione raccoglieremo in una compilation degna del side B di “Los Cuarenta 2003”. Tra le 17 squadre che abbiamo già pronosticato alle Final Four i Sooners sono sicuramente una delle nostre predilette, anche e soprattutto per la presenza del senior Buddy Hield che, una volta deciso di rimanere in NCAA un altro anno prima del salto in NBA, ha lavorato moltissimo sul proprio gioco, divenendo da un ottimo giocatore ad un potenziale Michael Jordan della Division I 2015/2016 (questa andava detta per metterla nella compilation). Con 25 punti a partita con il 56% dal campo e il 57% da tre Hield sta migliorando moltissimo le proprie percentuali al tiro che, se confermate nel corso della stagione contro avversarie di maggior conto, potrebbero portare molto lontano la squadra di Lon Kruger.
16”: I freshmen che vorremmo tenere d’occhio: Cheick Diallo. Free Diallo. La NCAA tiene in ostaggio il ragazzo da Mali e freshman di Kansas con motivazioni quali i dubbi sulla sua preparazione accademica (parliamo di un multi-lingue quando molti dei freshmen americani sono a malapena alfabeti) e la figura del suo “custode”, con cui la NCAA non ha ancora nemmeno parlato, che sarebbe visto come un possibile agente, quando in realtà è solamente un uomo che gestisce un’attività per aiutare ragazzi e ragazze di realtà non propriamente felici. Tuttavia in questi casi vige la regola -opposta alla norma- del “colpevole fino a prova contraria”. Con questo mix di giustizia kafkiana e illuminismo à la Salvini la NCAA rischia solamente di fare l’ennesima figuraccia e di privare un talento del suo futuro sportivo e accademico, o quantomeno di posticiparlo inutilmente. Free Diallo.
15”: C’è qualcosa di meglio di 29 ore di basket non-stop? Naturalmente sì, molte cose. TUTTAVIA la Tip-Off Marathon, che dà il vero e proprio inizio alla stagione collegiale con decine di partite di medio-alto interesse a susseguirsi nell’arco per l’appunto di 29 ore, è sempre uno dei momenti più emozionanti (e provanti) della stagione sportiva, quantomeno per un appassionato di pallacanestro. Quest’anno c’è stato il solito mix di upset (Virginia sconfitta da George Washington), partite tra mid-major di livello, ma soprattuto il Champions Classic che ha visto in campo quattro programmi del calibro di Kentucky, Duke, Kansas e Michigan State, con i primi e gli ultimi della lista che hanno avuto la meglio sulle due rivali, in partite i cui spunti andremo ad affrontare nei prossimi “secondi”.
14”: Kentucky è la favorita di inizio stagione. In una stagione che non pare avere una squadra realmente superiore alle altre, [modalità italiano medio: ON] un po’ come la serie A di quest’anno [modalità italiano medio:OFF], ci ritroviamo dopo una settimana di partite con una vecchia conoscenza ai vertici del ranking NCAA, quei Kentucky Wildcats che, dopo l’upset subito da UNC contro Northern Iowa (ne parleremo dopo), sono tornati al posto che sembra competergli durante la maggior parte delle ultime regular seasons, l’anno scorso addirittura ininterrottamente fino alle Final Four. Nessuno quest’anno ha pronosticato stagioni perfette per Kentucky (forse la prima volta negli ultimi quattro anni) e difatti non ci sarà un 40-0 (ma nemmeno un 38-1 come l’anno scorso) come record dei Caliparis ® a fine stagione, ma le possibilità di un secondo titolo NCAA sotto l’egida del vecchio John sono maggiori di quanto non si possa pensare, con una Division I priva di squadre Alpha e potendo contare su un gruppo non privo di manchevolezze, ma finalmente con un backcourt degno di questo nome, senza giocatori accentratori e l’attenzione maniacale di tutti i media e con una batteria di lunghi dai notevoli margini di miglioramento.Tuttavia vista l’allergia di Cal al vincere titoli NCAA punteremmo i 15 centesimi del nostro conto in banca su Michigan State o UNC.
13”: C’è più basket nel piede sinistro di Tyler Ulis che nei due gemelli Harrison. Al suo secondo anno in NCAA il playmaker da Southfield, Michigan, ha avuto finalmente strada libera con la dipartita (è proprio il caso di usare questo termine) per i lidi NBA dei gemellini Harrison(s) che, nonostante i buzzer beater di Aaron nel torneo 2014 -che col senno di poi possiamo apprezzare come una sorta di esperimento dadaista della NCAA in affronto al basket- non hanno lasciato propriamente ricordi di bella pallacanestro in quel di Lexington. Ulis non sarà Jason Kidd (in effetti non lo è), ma quantomeno è una point guard moderna più che onesta, nonostante la corporatura minuta, e tutto ciò si è notato nella partita contro Duke, dove, con 18 punti e 6 assist, ha guidato un backcourt che potremmo definire intenso e dinamico con i nuovi arrivati Murray e Briscoe, un parco guardie tra i migliori della nazione, specialmente quando si alzano i ritmi di gioco. Queste prime uscite di Ulis da guida della squadra ci dimostrano quanta differenza possa fare una point guard di valore a questi livelli, anche fosse solo in merito alla qualità di gioco del gruppo -i risultati li dirà solo il tempo- che poi è quello che interessa a chi come noi guarda il basket anche, e soprattutto,per la sua bellezza.
12”: I freshmen da tenere d’occhio (pt.2) Jamal Murray. Il talento di certo non manca a Kentucky anche in questa stagione e, nel nutrito gruppo di freshmen, sicuramente sta brillando in maniera particolare Jamal Murray, autore di 16 punti, 5 rimbalzi e altrettanti assist nella sua prima partita contro una squadra di valore come Duke: ottimo in transizione anche grazie all’abilità -sua e dei compagni di backcourt- di catturare rimbalzi difensivi, Murray è già maturo nelle lettura degli spazi e nella capacità di sfruttare i mismatch che riesce a creare la sua squadra, vedasi contro Marshall Plumlee. Sicuramente migliorabili le scelte di tiro, ma col tempo arriveranno anche quelle.
11”: Non c’è niente di fastidioso come quando ti rimane la retina del canestro trai denti.
10”: Discreta settimana di recruiting per Calipari. Le buone notizie, come d’abitudine, non si limitano all’anno in corso per Kentucky, la quale nell’ultima manciata di giorni si è assicurata per la stagione 2016/2017 -e probabilmente non oltre- i servigi della guardia Malik Monk (n.5 della classe per ESPN), della power forward Bam Adebayo (n. 6) e della point guard De’Aaron Fox, andando a costruire lo scheletro della sua futura squadra e superando Duke per quel che riguarda il miglior gruppo di recruits della prossima stagione.
9”: Alcune buone notizie anche per Duke. Certo i Blue Devils non hanno disputato la Cappella Sistina delle partite di basket nella sfida contro Kentucky, tuttavia i ragazzi di Krzyzewski possono tornare a Durham con almeno due buone notizie, che rispondono al nome di Marshall Plumlee e Amile Jefferson: il primo in particolare ha chiuso il solo primo tempo con undici punti, otto rimbalzi e cinque stoppate. La cattiva notizia è il fatto che non spetterebbe a lui il ruolo di leader statistico della squadra, tant’è che tale prestazione si è accompagnata a quelle pessime di tutti gli altri compagni, eccezion fatta per Jefferson e Matt Jones (figura da non sottovalutare in prospettiva stagionale). Mai come in questi anni però Coach K necessita di tempo per far maturare le sempre più giovani squadre che ha tra le mani e, sebbene questo gruppo di freshmen non sembri al livello di quello dello scorso anno (Ingram ancora convincente a metà, Jeter vale l’alluce di Okafor e Thornton sta facendo bene, ma forse non è “pronto” come Tyus Jones) la situazione non può che andare in crescendo per i Blue Devils e poi c’è Grayson…e questo è già qualcosa.
8”: Denzel Valentine. Poco da aggiungere. 29 punti, 12 rimbalzi e 12 assist contro Kansas non sono propriamente il peggior modo per iniziare una stagione che sicuramente vedrà lui e i suoi compagni di squadra tra i protagonisti più brillanti. Valentine è di certo uno dei giocatori più completi della Division I, come già aveva dimostrato ampiamente la scorsa stagione, e l’ha confermato contro la compagine di Bill Self mettendo a nudo le carenze di questa nella difesa sul pick’n’roll. La successiva chiamata di Magic Johnson (naturalmente recordman degli Spartans per triple doppie realizzate) è poi stata la ciliegina sulla torta di un perfetto inizio di stagione.
7”: Nonostante la sconfitta Kansas vincerà un altro titolo di regular season della Big 12… La sensazione è che i Jayhawks siano, come sostanzialmente tutte le squadre, un gruppo dai notevoli margini di miglioramento e che nelle Big 12 non vi siano programmi in grado di avere quella continuità in regular season tale da terminare una monarchia assoluta che dura dal 2005 (ma Iowa St e Oklahoma potrebbero fare più strada al torneo NCAA, come già successo in passato). Nella partita contro MSU Kansas ha comunque controllato la partita per circa 35 minuti ed è stata sconfitta sicuramente più dalla sua incapacità di fermare Valentine che non da altro;le sconfitte al Champions Classic non sono poi una novità per Self e co. e questo non sembra certo averli limitati in passato.
6”:…ma deve cambiare attacco per andare avanti a marzo. Aprire il campo, aprire il campo, aprire il campo. Con giocatori come gli ottimi Brannen Greene (fresco però di sospensione di sei partite per aver chiesto di giocare di più colpo di tosse oserei dire legittimo colpo di tosse) e Sviatoslav Mykhailiuk Self non solo ha la possibilità, ma anche il dovere, di adattarsi al proprio personale cambiando un tipo di attacco che, almeno quando conta, è sempre ottusamente basato sui lunghi, scelta discutibile specialmente quando questi ultimi mancano delle doti necessarie a trascinare la squadra. Perry Ellis, a parte essere in Division I da più tempo di quanto sia stato Manuel Poggiali in 125 e 250, ha concluso la scorsa stagione con il 47% dal campo e non può essere considerato il punto focale di un attacco che possa fare strada quando più conta, e il record di Self al torneo NCAA parla chiaro. Le 30 vittorie stagionali arriveranno come sempre, ma quelle che più contano? Forse è arrivato il momento di mettere in dubbio le proprie certezze.
5”: Inizio in salita per Wichita State. Passando ad altre squadre impegnate durante la Tip-Off Marathon sicuramente Wichita State era una delle mid-major più attese, ma agli Shockers non è riuscita una partenza a razzo come in passato -ricordiamo che questo programma ha concluso una regular season perfetta solo due anni fa- e si sono dovuti arrendere contro un’altra squadra di valore come Tulsa, guidata dai 20 punti di Shaquille Harrison. Si aspetta un Fred VanVleet al 100% che ancora non si è visto e a quel punto potremo tornare a goderci uno dei migliori backcourt della nazione con lui e Ron Baker, che sicuramente faranno ancora parlare di sé.
4”: Non solo football a Miami. Gli Hurricanes sono una delle squadre da tenere maggiormente d’occhio nella ACC, dove potrebbero dare decisamente fastidio alle varie Duke, UNC e Virginia. Squadra esperta con due giocatori al quinto anno come Rodriguez e McClellan e l’aggiunta dell’ex Oklahoma State Kamari Murphy a dar profondità in post basso, Miami può contare su un allenatore che sa tirare fuori molto dalle squadre ricche d’esperienza, ovvero Jim Larranaga: l’ampia vittoria ai danni di Utah – forse sopravvalutata dal ranking di inizio stagione- ne è stata una valida dimostrazione. Anche il futuro sembra radioso a Coral Gables, con due talenti di primo piano come Dewan Huell e Bruce Brown che proprio in questi giorni hanno deciso di approdare qui per la prossima stagione NCAA.
3”: Momento cult di inizio stagione: la sfida tra Mamadou Ndiaye e Tacko Fall. Meraviglioso momento di sport quando in campo sono scese la UC Irvine del 7’6” (2 metri e 35 circa) Ndiaye e la UCF dell’altrettanto basso Tacko Fall, in un epico duello degno di Achille contro Ettore o, per rimanere in ambito cestistico, Bill Russell e Wilt Chamberlain. Con un complessivo 4 su 14 al tiro, 9 rimbalzi catturati in due (7 per Tacko) e una stupefacente palla a due iniziale in cui entrambi sono riusciti a fallire nel toccare la sfera, questo scontro tra titani rimarrà sicuramente tra i nostri momenti preferiti della stagione, al termine della quale vedremo di riservargli uno dei nostri premi. Per la cronaca Tacko ha avuto la meglio nelle prestazioni individuali, ma UC Irvine ha portato a casa la partita dopo un supplementare.
2”: 1-3, ma niente panico. Georgetown è il programma di “alto retaggio” della NCAA che ha avuto la partenza più difficile in questa stagione a livello di record, tuttavia quest’ultimo non ci pare indicativo di quella che sarà la stagione di G’town, anzi: gli Hoyas hanno sfiorato l’impresa sul campo di Maryland, una delle favorite per la vittoria finale, e sono stati ad un buzzer beater troppo corto dal vincere il 2K Classic contro Duke, in un MSG che per Coach K è una seconda casa. Certo , non si sono presentati alla partita di debutto contro Radford, ma la notizia positiva per la squadra di John Thompson III sta nel fatto che finora le star annunciate (Smith-Rivera e L.J. Peak) non hanno brillato, ma sono destinate a farlo e nel frattempo il supporting cast sta rispondendo molto positivamente, con giocatori quali Copeland, Hayes, Govan e Kaleb Johnson che si sono alternati nel rendere la squadra comunque competitiva anche contro squadre di alto livello.
1”: Le regole dell’upset perfetto. 1) Una squadra con tiratori affidabili: check. 2) Una point guard di valore in vena di miracoli: check. 3) Fattore campo favorevole: check. Con la soddisfazione di questi tre prerequisiti un upset è sempre dietro l’angolo, dimostrandoci quanto quello di Northern Iowa ai danni dell’allora numero 1 North Carolina (durata meno di Giovanni Paolo I) non sia stato un upset poi così imprevedibile. I Tar Heels ancora privi di Marcus Paige hanno dimostrato i propri limiti nella costruzione del gioco a metà campo e non solo, mettendo a segno un numero imbarazzante di palle perse nel secondo tempo, mentre la difesa lacunosa dei ragazzi di Williams e i nuovi regolamenti hanno permesso a Wes Washpun (la PG che dicevamo prima) di attraversare l’area avversaria come il Mar Rosso, concludendo a canestro o servendo i compagni sul perimetro. Il resto è stato poi stato fatto dal pubblico che, come chi segue il college basketball saprà, quando conta è sempre molto caldo nelle squadre della Missouri Valley Conference. Giusto una perfetta anticipazione di quella che sarà un’altra stupenda, anzi diciamo graziosa, così abbassiamo le aspettative per stupirvi, stagione di college basket.
0”:That’s All Folks. Se siete arrivati fino a qui fatevi un applauso.