Finalmente è arrivato il momento della rubrica più amata dagli analfabeti, quella dei nostri trenta punti della settimana di college basketball. Visto che non saremo brevi iniziamo subito, ma prima vi ricordiamo che potete tranquillamente saltare i 29 punti meno interessanti senza perdere il filo del discorso e che una volta stampato il nostro articolo è perfetto per accogliere un buon fritto di pesce.
30”: Guy Lewis 1922-2015. Iniziamo questo nostro countdown con un momento più serio del solito, dedicato alla dipartita del leggendario Guy Lewis. In molti non lo conosceranno e l’annuncio della sua morte, vista l’età non più verde e la concomitanza di notizie come il ritiro di Kobe Bryant, è sicuramente passato in secondo piano, tuttavia Lewis è stato realmente una figura rivoluzionaria per il college basket e per tutto il movimento cestistico americano. Cinque volte alle Final Four senza mai riuscire a raggiungere la vittoria finale, compreso lo storico upset subito nell’83 contro la NC State di Jim Valvano, Guy a differenza di quello che potrebbe suggerire il nome era tutto fuorchè un uomo comune: conosciuto dai più come allenatore del leggendario “Phi Slama Jama” guidato da due discreti talenti come Hakeem Olajuwon e Clyde Drexler, Lewis fu però soprattutto la mente dietro alla “Partita del Secolo” del 20 gennaio 1968 tra la sua Houston e la UCLA di Jabbar e co. all’Astrodome davanti a oltre 52 mila spettatori, un vero e proprio punto di svolta per la storia del college basket, da quel momento lanciato come un evento sportivo e televisivo, andando a costruire la strada a quella che oggi chiamiamo March Madness. Vero e proprio padre putativo per Elvin Hayes -Hall of Famer che tra le altre cose guidò i Cougars alla vittoria in quella leggendaria partita- e di tutti i suoi giocatori, Lewis fu una delle figure più importanti per quel che riguarda l’integrazione razziale al Sud e lottò fino alla vittoria per la re-introduzione delle schiacciate nel basket collegiale, che a detta di John Wooden non erano state tolte per Jabbar ma proprio per “that crazy bunch from Houston”. Ritiratosi nel 1986 dopo 30 stagioni a Houston, Guy passò le sue giornate lontano da tv e giornali, giocando a tennis, andando a vedere i suoi amati Cougars e curando le camelie del proprio giardino. Un infarto nel 2002 gli causò un problema di afasia nei suoi ultimi anni di vita, motivo per cui fu la figlia a parlare per lui nel 2013 in occasione della meritata, seppure ritardataria, introduzione nella Hall of Fame. Figura tra le più importanti nella storia del basket, rivoluzionario silenzioso, Guy Lewis se ne è andato come aveva vissuto tutta la sua vita, con eleganza e intelligenza, lasciando i riflettori agli altri e facendo in modo che fossero le sue idee a parlare per lui.
29”: Nostalgia, nostalgia canaglia. Che ti prende proprio quando non vuooooi, ti ritrovi con un cuore di paglia e un incendio che non spegni maaaaiii. Parole che toccano sempre le corde del cuore. Ma torniamo a noi. Syracuse e UConn si sono scontrare all’interno del torneo “Battle 4 Atlantis” (che pare il titolo del nuovo film di Michael Bay, ma tant’è) in una partita -per la cronaca vinta da Syracuse, poi vincitrice del torneo- che di per sé non avrebbe avuto chissà quali spunti, a parte osservare il volto più rilassato di Boeheim dopo le buone notizie extra-campo di cui parleremo dopo e dall’altra parte osservare l’assai interessante Daniel Hamilton, ma soprattutto vedere per quanto tempo ancora Rodney Purvis porterà avanti il ruolo di “quello quando è entrato pareva buono vero, peccato poi averlo visto giocare”. Nonostante le premesse non entusiasmanti quella tra ‘Cuse e gli Huskies è sempre una partita “di cartello” perché rinnova quella che fu una storica rivaltà della Big East quando questa era la migliore conference della Division I, ma soprattutto ci riporta alla memoria (da cui ci giunge la nostalgia cantata da Al-Bano e Rom-Ina) una delle più belle partite della storia collegiale: signori e signore i 6 OT del torneo della Big East 2009, qui tutti per voi. Johnny Flynn + Hasheem The Dream Thabeet, lacrime.
28”: Le telecronache di Bill Walton sono un’esperienza extra-sensoriale. Cosa dobbiamo dire di un uomo che dopo sei minuti di partita tra Indiana e UNLV dice, riferendosi all’arbitro: “Oh my gosh, a Footlocker it’s where you belong”? Puro genio. Due ore di telecronaca di Bill Walton sono paragonabili all’ascolto di “The Piper at the Gates of Dawn” dei Pink Floyd, un’esperienza da fare. Se poi dopo averlo fatto la vostra ragazza quella sera vi chiederà perché siete così strani e parlate solamente di quanto sia grandioso Jerry Garcia dei Grateful Dead non veniteci a cercare.
27”: Tory “Hannibal” Miller. Sempre bello vedere nuove leve che portano avanti tradizioni culturali che non devono assolutamente andare perse e in questo senso l’ala di Colorado Tory Miller ci ha reso molto fieri, seguendo le orme di luminari come Mike Tyson e Luis Suarez mordendo sulla spalla un avversario mentre i due si stavano contendendo un pallone a terra. Bravo Tory per l’espulsione dopo una partita da due punti e tre palle perse, però la prossima certe cose tenetele per la camera da letto.
26”: Hanno liberato Diallo. La giustizia ha prevalso e alla fine il nostro caro Cheick Diallo è stato finalmente libero di fare il suo debutto con la maglia di Kansas, non deludendo le (alte) aspettative: 13 punti, 6 rimbalzi e 3 stoppate nei suoi primi 16 minuti di utilizzo nella facile vittoria contro Loyola (MD), dimostrando subito di poter essere una differenza in ottica titolo per i suoi Jayhawks, ai quali darà profondità in post dal punto di vista offensivo, ma anche -e soprattutto- in difesa, dove segnali positivi sono giunti anche dall’altro freshman Carlton Bragg Jr.
25”: Non solo parquet. Non tutto nello sport si basa su quello che si vede sul campo e in questo senso è un periodo abbastanza vivo nel college basket e in particolare gli ultimi giorni non sono stati parchi di news e polemiche. Oltre alla liberazione di Diallo accennavamo prima alle buone news per Syracuse e il suo coach che hanno ricevuto una scolarship in più (da dieci a undici) per le prossime quattro stagioni, quelle della punizione per aver sostanzialmente fatto il buono e il cattivo tempo per avere in campo quel palo della luce che risponde al nome di “Not so” Fab Melo, aver legalizzato le droghe e aver pagato i propri giocatori più di Ruby Rubacuori. Giustizia è fatta. O forse no. Polemiche invece da parte di Tom Izzo per il nuovo regolamento troppo a favore degli attacchi che ha causato problemi di falli sia a Valentine che a Dunn nella partita tra MSU e Providence, ma soprattutto dal nostro amato Rick Pitino che ha tenuto a sottolineare come la sua Louisville meriterebbe un posto nella Top 25 che a suo modo è negato solo per lo scandalo delle ragazze offerte gentilmente dalla casa ai “recruit” in visita. Dato che eravamo già pronti a scendere in piazza per Rick la NCAA ha pensato bene di dargli un posto nella top 25 del ranking della settimana successiva.
24”: Grazie per la bella stagione, Wisconsin. Certo è stata una stagione intensa ed emozionante, peccato sia durata così poco. Dopo otto partite Wisconsin non può essere considerata totalmente fuori dai giochi, specialmente militando nella Big Ten, tuttavia proprio il livello delle avversarie sembra in questo momento preoccupante per una squadra umiliata da Oklahoma, priva di grande talento e di esperienza e che pare regredire a livello di gioco di partita in partita: un attacco basato sempre più sul p’n’r e sempre meno sulle spaziature, anche a causa alla testardaggine di Hayes nel voler giocare lontano da canestro, una difesa che col quintetto lungo è priva della mobilità che era presente lo scorso anno, una squadra con poco carattere. Al momento è piuttosto difficile anche solo guardare i Badgers ricordando ciò che avevano significato negli ultimi due anni di college basket. La vittoria su Syracuse con la miracolosa comparsa del freshman Ethan Happ lascia qualche spiraglio di speranza che però per il momento consideriamo poco più che incidentale.
23”: Il talento non basta. Di Ben Simmons abbiamo già parlato la scorsa settimana e non ce ne sarebbe stato nemmeno tutto questo bisogno, dato che il suo nome è un po’ ovunque si parli di college basket, tuttavia non si può essere così ciechi da non notare come LSU sia in striscia negativa da tre partite nonostante il contributo dell’enorme talento dall’Australia (15+18 anche nella sconfitta contro Charleston): LSU è una squadra molto giovane che ha in un altro freshman, l’ottimo Antonio Blakeney, il secondo violino della squadra, peccato che quest’ultimo abbia totalizzato un misero 9-39 nelle tre partite perse, compreso un disarmante 0-9 nella partita contro Charleston. Considerato però anche l’11 su 35 di Simmons in questo stesso arco temporale e i soli sei tiri tentati (con quattro punti a referto) della partita con NC State, viene il dubbio che forse Simmons dovrebbe essere un poco più egoista ed aggressivo per il bene della squadra, non cercando costantemente i compagni (specialmente quando questi tirano col 20%) e sfruttando di più la propria presenza in post per mettere facili punti a referto, piuttosto che accontentarsi di un jumper ancora insicuro e soprattutto accettando il fatto di tirare tanto quanto o addirittura meno dei suoi compagni. P.S.: Simmons deve aver letto la nostra bozza, ultima partita 43 punti, nessun tentativo da tre e conseguente vittoria su North Florida. Benino.
22”: Monmouth campione NCAA 2015. Gli Hawks non solo hanno vinto sul campo di UCLA e sconfitto l’allora numero 17 del ranking Notre Dame, non solo hanno tre giocatori con oltre il 40% da tre e sono i favoriti per vincere la MAAC, ma si sono soprattutto distinti per alcune delle esultanze in panchina migliori degli ultimi quindici anni, con alcuni momenti talmente ignoranti da poter essere proiettati su un maxi schermo al Just Cavalli durante una festa di Pippo Pancaro senza sfigurare. Ma facciamo parlare le immagini:
https://www.youtube.com/watch?v=akrfPM6DAno
Non osiamo immaginare cosa potrebbe accadere in un contesto di Torneo NCAA specialmente in caso di eventuale vittoria di una o due partite contro squadre ben più quotate, speriamo di scoprirlo presto e in ogni caso per noi sono già i vincitori (im)morali della stagione.
21”: Pac 12 suuuuuuuuuuuuucks. Se pensavate che la vostra squadra di eccellenza composta da perdigiorno, ubriaconi e pregiudicati (tutte categorie di cui fa parte anche l’autore dell’articolo, ndr) facesse schifo, beh, sappiate che potrebbe non fare poi una così infima figura al sole dell’ovest nella Pac 12, un tempo Pac 10 e major conference, oggi oggettivamente un’accozaglia di spettacoli itineranti non propriamente piacevoli. Da dove iniziare? Della “nobile decaduta” UCLA si è già parlato l’ultima volta, ora le sconfitte inaspettate sono giunte anche per California contro San Diego St. e Richmond e per Arizona contro Providence, mentre di Colorado e del cannibalismo galoppante abbiamo già parlato. Solo Oregon sembra aver dato qualche segnale positivo con le vittorie su Baylor e Valparaiso. E poi ha un bel campo.
20”: Il vizietto di Valentine. C’è chi ha il vizio dell’alcool, chi del fumo, chi di collezionare farfalle in teche di vetro da far vedere alla propria fidanzatina prima di farla a pezzi e metterla in frigo, chi non ha vizi e si chiama Gesù Cristo. Il nostro Denzel Valentine invece ha il viziaccio di saper giocare a basket dannatamente bene e in maniera alquanto completa, e lo ha confermato con la seconda tripla doppia della stagione contro Boston College -che ha dato a Tom Izzo la 500esima vittoria in carriera- e poi tenendo eccellentemente testa a Kris Dunn di Providence, un potenziale All Star NBA di cui parleremo più tardi, nella vittoria dei suoi nel Wooden Legacy.
19”: Cara, vecchia, bugiarda, Villanova. Ebbene sì, non ci fidiamo di Villanova. I Wildcats hanno finora avuto una delle loro ottime partenze, sono tuttora imbattuti e hanno messo in mostra una delle difese più efficienti della Division I, seconda solo a quella di Kentucky per Adjusted Defense secondo KenPom.com, tuttavia Villanova non è nuova a questi scenari di inizio stagione, così come non è però nuova ad un attacco eccessivamente basato sul tiro da tre, che al momento peraltro è piuttosto scostante, ma sufficiente visto lo scarso valore delle avversarie. Quanto durerà l’incantesimo? La storia ci insegna non oltre gennaio e noi tendiamo a crederle e un dicembre con Oklahoma, Virginia e Xavier ci dirà sicuramente molto sui ragazzi di Jay Wright.
18”: Been there, Dunn that. Abbiamo passato già fin troppo tempo senza menzionare quello che fuor di dubbio è uno dei migliori giocatori della Division I, nonché un potenziale All Star NBA, ovvero Kris Dunn: con lui a guidare l’attacco Providence in questa stagione ha un record di sette vinte e una sola persa (contro Michigan St.) e nell’ultima uscita il Junior da New London ci ha gentilmente donato una prestazione da 16 punti, 14 assist e 10 rimbalzi in 32 minuti, numeri che non suonano come una sorpresa dato che nessuno si sarebbe stupito di vederlo già quest’anno in NBA e le sue medie parlano di 18.6 punti, 6.6 rimbalzi e 7.6 assist a partita, oltre a quasi tre palle rubate a uscita. Giocatore esplosivo, dalle ottime letture, padrone dell’arte del pick’n’roll e difensore di alto livello anche grazie a mani veloci ed un’ottima fisicità per il ruolo, Kris Dunn è uno dei motivi per cui amiamo il college basket.
17”: Upset sì, upset no. La domanda è sempre quella: “se un albero cade in un ristorante pieno di ragazze fa comunque rumore?” (l’autore dell’articolo è stato prontamente querelato ed è già stato arrestato, ndr) La domanda è legittima e la risposta impossibile e possiamo estenderla un po’ alla situazione con gli upset(s) di inizio stagione: di certo non sono mancati, con le cadute di North Carolina contro UNI, Wichita State e Wisconsin allo sbando, la vittoria di Syracuse contro UConn e la successiva sconfitta della stessa Syracuse contro la suddetta Wisconsin in caduta libera, Miami battuta da Northwestern e la nostra amata Monmouth e così potremmo andare avanti per cinque o sei giorni. Tuttavia sono davvero pochi tra questi risultati quelli che ci hanno fatto rimanere a bocca aperta, un po’ per i comprensibili adattamenti di inizio stagione, un po’ per le assenze (VanVleet, Paige..), ma soprattutto per un certo livellamento che pare esserci in questa stagione tra le prime 10-15 squadre e le successive 50-60 di un ipotetico ranking generale. In uno sport già equilibrato come il college basket questo vuol dire potersi aspettare davvero di tutto e forse per questo gli upset ci sembrano fare un po’ meno rumore.
16”: Wichita St. è un cavallo scosso. La squadra di Gregg Marshall è sostanzialmente da inizio stagione senza il proprio playmaker titolare, l’indispensabile Fred VanVleet, e come si suol dire: “ci si accorge del valore di qualcosa/qualcuno dopo che lo si è perso”. Oddio, del valore di VanVleet si sapeva già da un paio d’anni, ma senza il proprio play titolare (o a mezzo servizio come contro Tulsa), gli Shockers sono apparsi come un cavallo senza guida, inanellando sconfitte su sconfitte e mancando di una qualsiasi parvenza di gioco collettivo. A questo punto sembra già difficile (se non impossibile) un posto al prossimo torneo NCAA a meno di una vittoria nel torneo di conference, dove però UNI non sarà facile da spodestare.
15”: Dunk-a-thon. Per il punto dedicato alla schiacciata della settimana questa volta abbiamo scelto la sobrietà di Kerwin Roach Jr., freshman che di mestiere farebbe la point guard, ma si sa che “alla sua età anch’io saltavo i fossi per la lunga”. Seh.
That was siiiiiiiiiiiiickkkk
14”: ACC/Big Ten Challenge. Questi sono stati giorni che hanno visto svolgersi anche una delle serie di sfide più belle di inizio stagione, quella che vede contrapporsi le squadre delle due conference sostanzialmente migliori della Division I, la ACC delle varie Duke, UNC, Virginia e la Big Ten di Michigan State, Indiana, Michigan etc. Dopo le dieci vittorie nelle prime dieci edizioni della sfida la ACC è ora in un digiuno che dura da otto stagioni (due pari e sei sconfitte), continuato quest’anno con la vittoria della Big Ten per otto partite vinte a sei. Andiamo ora a vedere una manciata di spunti che ci arrivano da queste partite.
13”: Marcus Paige è sano e non è una buona notizia per le avversarie. Cosa ha significato il ritorno in campo di Marcus Paige per North Carolina? Tutto. Il ritorno del senior ha portato in dote 20 punti con un 4/5 da tre che gli ha consegnato il secondo posto all-time per triple segnate nella storia di UNC, guidando i Tar Heels ad una vittoria di grande valore contro l’ex compagna di conference #2 Maryland e aiutando una difesa in grado di causare 22 palle perse agli avversari, comprese le otto di Melo Trimble. Indescrivibile a parole l’importanza di Page per questa squadra, date anche le attenzioni che vengono a lui dedicate dagli avversari, aprendo il campo per gli altri Tar Heels, qualcosa di cui si sono accorti ampiamente Johnson e Barry contro Maryland. Questa è la North Carolina che ci si aspettava ad inizio anno e con un Paige sano le chance di titolo salgono vertiginosamente.
12”: Maryland ha motivi per cui sorridere. Rasheed Sulaimon pare essere rinato dopo l’addio a Duke e nella sfida contro North Carolina ha fatto una prestazione che tutti i tifosi di Durham avrebbero voluto vedergli fare con la maglia dei Blue Devils, facendo piovere triple e chiudendo con 18 punti. Melo Trimble si è confermato una delle migliori point guard della nazione, ma ha commesso ben 8 delle 22 palle perse complessive della squadra ed una delle buone notizie è proprio questa: se con questo tipo di falle i Terrapins sono riusciti a rimanere in gara fino agli ultimi minuti in trasferta contro una delle maggiori favorite per il titolo, ci vien da pensare che effettivamente anche gli uomini di Mark Turgeon facciano parte di quell’elite. Oltrettutto questa è una sconfitta non pesante, ma che al contempo darà molti spunti alla squadra che siamo quasi certi uscirà molto migliore nelle prossime settimane dopo un inizio altalenante per qualità di gioco.
11”: Syracuse è un fuoco di paglia. Non ce ne vogliano gli Orange, ma non ci sono bastate un paio di vittorie contro avversarie facenti parte del ranking per venderci il prodotto Syracuse: non a caso dopo queste è giunta una sconfitta in casa contro Wisconsin, che non è tornata tutt’a un tratto l’armata dell’anno scorso, ma semplicemente ha fatto una partita normale, sfruttando la fisicità in post contro una squadra incapace ad andare a rimbalzo difensivo come Syracuse. Personalmente non ci stupirebbe una sconfitta contro l’arci-rivale Georgetown nella prossima sfida.
10”: Duke: 121 and counting. Uno dei record più impressionanti della Division I è sicuramente quello delle vittorie casalinghe di Duke contro avversarie fuori dalla sua conference di appartenenza, una striscia che con la netta vittoria ai danni di Indiana è arrivata a 121 partite, con l’ultima sconfitta giunta contro St. John’s nel 2000. Per l’occasione abbiamo assistito anche ad una sorta di coming-out party per Brandon Ingram che con 24 punti davanti ai Cameron Crazies contro un’avversaria comunque di discreto livello come Indiana potrebbe aver dato una svolta alla sua stagione fino ad oggi altalenante e qualora così fosse anche un’importante svolta alla stagione di Duke.
9”: Il dinamico duo. Nonostante la sconfitta della loro Florida State in overtime contro una discreta Iowa Dwayne Bacon e Malik Beasley sono una coppia di guardie al primo anno che dovete fermarvi ad osservare se ne avete la possibilità: non solo combinano per quasi quaranta punti di media, ma i due si complementano ottimamente, con Bacon più portato ad un gioco fisico e d’area, mentre Beasley si sta già affermando come uno dei migliori tiratori dalla lunga distanza della nazione, con un surreale 53% da tre su cinque tentativi a partita.
8”: Michigan St. non è solo Valentine. La partita contro Louisville ci ha confermato l’alto livello degli Spartans di quest’anno, che giocano un basket differente dalle proprie abitudini, ma non per questo di minore qualità e la buona notizia per Izzo è che oltre al già citato Valentine nell’ultima uscita sono saliti di colpi giocatori come Bryn Forbes, autore di 20 punti di cui 14 nel secondo tempo, e i freshmen Kenny Goins e Deyonta Davis che dalla panchina hanno dato un contributo importante. MSU ha dimostrato di saper superare le difficoltà create da una buona squadra come Louisville dotata di maggiore atleticismo e fisicità e si presenta già ad inizio dicembre come una squadra con una mentalità da Final Four.
7”: Guards do it better. Uscendo dalle conference maggiori, abbiamo assistito a due discrete partite da parte di due delle migliori guardie dell’intera Division I, forse ai più sconosciute non facendo parte di programmi di “prima fascia”: il primo è A.J. English, guardia di Iona, autore di 46 punti con un surreale 13 su 19 al tiro da tre e otto assist, numeri che se fatti in un altro contesto gli avrebbero assicurato una statua equestre, mentre il secondo è il buon Jack Gibbs autore di 41 punti con la canotta di Davidson, il tutto davanti agli occhi attenti (ma stentiamo a pensare increduli o impressionati) di Steph Curry, che qualcosa di quarantelli a Davidson (e non solo) deve saperne.
6” La vita sa fare davvero schifo. Lo sa bene Kennesaw State che con 8 punti di vantaggio su Elon a soli 16” dalla seconda vittoria stagionale (in otto partite) è riuscita a farsi recuperare e a perdere poi miseramente all’overtime. Come hanno fatto? Kennesaw. (Dopo questa l’autore dell’articolo è stato prontamente sostituito con una scimmia bendata, ndr)
Ecco come ha fatto. Per perdere otto punti in sedici secondi non ci vuole molto, basta fare pena.
5”: I used to give a fuck, now I give a fuck more. Parliamo di squadre di cui a inizio stagione quasi ignoravamo l’esistenza, ma che ora si stanno facendo sentire forte e chiaro. Esclusa Syracuse di cui già abbiamo parlato e di cui ancora non ci fidiamo, sicuramente possiamo citare almeno tre squadre quali Xavier, Purdue e Vanderbilt. Purdue ha in A.J. Hammons uno dei lunghi più letali della Division I, ma non è il solo della squadra, con il sophomore e altro giocatore oltre i sette piedi Isaac Haas e il freshman dal grande talento Caleb Swanigan a guidare la squadra per rimbalzi a partita. Con rotazioni profonde e dei finora ottimi Raphael Davis e Vince Edwards a rendere il backcourt degno di cotanto frontcourt i Boilermakers sono una squadra da Sweet Sixteen da tenere assolutamente d’occhio. Sono solo due i lunghi di qualità invece per Vandy, che però può contare su un backcourt esplosivo guidato da Wade Baldwin IV che viaggia a 15 punti di media col 50% da tre in una squadra che sfiora il 40% complessivo. Infine Xavier: qui possiamo parlare ormai di un’abitudine all’eccellenza che ogni anno passa eccessivamente sotto traccia, con i Musketeers che collezionano 25 o più vittorie da quattro anni consecutivi e hanno quattro apparizioni alle Sweet Sixteen e una alle Elite Eight nelle ultime otto stagioni. Quest’anno non sembrerebbe fare eccezione con un buon nucleo di sophomore di qualità e un freshman che sta giocando ad alto livello come Edmond Sumner, il che ci fa pensare che questa squadra abbia per il prossimo anno prospettive ancora più rosee rispetto a quelle già ottime della stagione in corso.
4”: Calendario controproducente per SMU? I Mustangs di Larry Brown sono imbattuti e sono ora al numero 22 del ranking, tuttavia non si può non notare come nella “schedule” della squadra manchino avversarie di valore nelle sfide al di fuori della conference, a meno che non si voglia considerare tale una Michigan ancora in cerca di sé stessa e con già due sconfitte a referto oltre che probabilmente priva di Derrick Walton per la sfida del 9 dicembre. Larry Brown sa bene cosa voglia dire un calendario debole o con poche vittorie di valore extra-conference (esclusione dal torneo 2014 e seed #6 pericoloso con uscita al primo turno contro UCLA nel 2015) ma rischia di ritrovarsi anche quest’anno in una situazione similare.
3”: Spike Albrecht ha 45 anni e sei figli a carico.
2” BYU è un gruppo di mormoni neonazisti. Fatto insindacabile e confermato dall’atto di violenza gratuita di Nick Emery ai danni di Brandon Taylor di Utah, un pugno immotivato a partita di fatto conclusa che ci ricorda come la Terra non sia un bel posto in cui vivere.
1”: Raffica finale. Baylor fa parte del ranking e lo deve in gran parte al lavoro della sua point guard Lester Medford, 19 assist e due turnover nelle ultime tre gare; Patricio Garino in tre anni a George Washington non aveva mai segnato più di 16 triple in un anno, siamo a 13 a inizio dicembre; grande vittoria di Butler ai danni di Cincinnati: i Bulldogs oltre a Dunham stanno trovando un importante apporto da elementi come Tyler Wideman e possono fare male a marzo; stanotte scendono in campo Kentucky e UCLA, riusciranno i Bruins a non perdere di 39?; Grayson Allen.
0”: Se siete riusciti ad arrivare fino a qui vi meritate un premio. Eccolo.