Esiste una zona su questo pianeta nella quale fino a ventitré anni fa nella stessa nazione convivevano cinque popolazioni, 4 lingue, 3 religioni e un Tito. Poteva quindi accadere che in Jugoslavia nascessero figli da genitori di nazionalità diverse. Infatti un giorno un signore serbo entra in una libreria a Ljubljana e si innamora della proprietaria. Quest’ultima lo convince a rimanere nella capitale slovena per mettere su famiglia e il 6 Maggio del 1986 nasce Goran Dragic.
Le persone nate tra gli anni ’70 e gli anni ’80 in Jugoslavia oggi parlano almeno due lingue, con i tempi che corrono anche tre; una è quella del paese dove nasci, un’altra è il serbo lingua ufficiale del regime, e la terza volendo è l’inglese. Il piccolo Goran però quando la Slovenia dichiara la sua indipendenza dalla Jugoslavia ha solo 5 anni quindi lui il serbo lo impara perché è la lingua del padre. A scuola studia solo lo sloveno e sempre a scuola comincia a fare sport.
Lo sport Jugoslavo negli anni ’90 principalmente è solo basket perché l’ultimo mondiale di calcio giocato dalla nazionale Jugoslava è proprio Italia ’90. Goran naturalmente rimane incantato dalle gesta di Petrovic, Divac e Bodiroga ma soprattutto Marinko Dragic(il padre) considerava i primi due divinità e il figliolo alla vista di questo rispetto quasi sacro del padre nei confronti di questi due campioni non può che ascriverli a suoi idoli di infanzia. Tuttavia Goran guarda il basket ma gioca a calcio perché in Slovenia c’è voglia di cambiamento e la nazionale di calcio slovena figura piuttosto bene alle qualificazioni a Euro ’96 riuscendo anche a pareggiare la gara d’esordio contro l’Italia di Sacchi.
Una mattina però il Dragic undicenne entra troppo molle su un contrasto, il contraccolpo del pallone è così forte che il ginocchio fa una torsione innaturale e lui scoppia in lacrime. L’infortunio non è particolarmente grave ma ormai associa il calcio al dolore e quindi basta. L’opportunità è ghiotta e il padre, tifoso di basket, affonda il colpo: “Goran capisco che tu non voglia più giocare a calcio però sei in fase di crescita devi praticare uno sport, visto che ti svegli alle 3 del mattino per guardare Drazen e Divac che ne diresti di provare con il basket?”. Sì perché lui di notte si svegliava per guardare l’NBA con il risultato di dormire nelle ore scolastiche. È fatta… Goran proverà a giocare a basket e si intuisce da subito che due cose a questo gioco gli riescono e ben presto il basket diventerà una cosa di famiglia.
Tre anni dopo Goran, era nato Zoran Dragic e come tutti i fratelli minori cerca di emulare le gesta del fratello maggiore. Entrambi si distinguono nelle giovanili di una squadra, lo Slovan Lubiana che acquista prima Goran e poi Zoran dalla squadra locale. I due sono inseparabili ma c’è una certa differenza in primis dovuta all’età: quando la nazionale slovena convoca Goran per l’europeo under 20 il ragazzo per la prima volta non giocherà a basket in una squadra insieme a suo fratello. L’europeo però è una travolgente cavalcata verso il titolo con Israele battuta in finale 68-61.
Le luci della ribalta tuttavia non sono per Dragic, se le prende infatti un signore che veniva considerato in patria l’astro nascente per condurre la Slovenia nel élite del basket mondiale: Erazem Lorbek. Poco male per Goran che gioca comunque un solido europeo e due anni dopo raggiungerà Lorbek in Spagna.
E qui emerge la seconda differenza tra i due fratelli: il talento. I due oggi di basket parlano poco a casa, ma quando la carriera di Goran era in forte ascesa Zoran cercava di farsi spazio in prima squadra allo Slovan. Per il più anziano dei Dragic la chiamata del Saski Baskonia(oggi Caja Laboral) è un’occasione irripetibile e infatti compiuti i vent’anni raggiunge la compagine iberica ma non il Saski bensì il Murcia che lo aveva ottenuto in prestito dalla società basca.
Dragic vede il gioco in maniera eccelsa è un playmaker capace di dettare il ritmo della partita come pochi in Europa e inoltre attacca molto bene il ferro sia in contropiede sia in situazioni di pick n roll, tuttavia la meccanica di tiro non va per niente bene e per un bianco di 191 centimetri a cui puoi lasciare spazio quando tira può diventare difficile emergere nel basket. Goran chiude la stagione spagnola con 4.6 punti di media e convince gli addetti ai lavori che è solo questione di tempo; questo prima o poi esplode e quando avverrà meglio mettersi al riparo!
A Eurobasket 2007 si consacra come uno dei talenti più cristallini del panorama cestistico europeo, spende una stagione all’Olimpia Lubiana (il top del top in Slovenia avevano vinto all’epoca 13 titoli su 16 tentativi)dove ad allenarlo fino a dicembre c’è Aleksandar Džikić che verrà presto esonerato però riuscirà a dare un paio di consigli a Dragic, uno su tutti: “Goran tu sei forte e sei giovane ma io sono stato assistant coach ai Timberwolves in Nba e tu lì devi andare a giocare, perché è lì che diventerai un campione”. Dragic, che l’Nba la vedeva a orari assurdi in TV, non è convintissimo anche perché lui a Lubiana si sente benissimo. Non solo c’è la famiglia ma anche la squadra ha cominciato ad ingranare e inoltre conosce lei: Maja. Si tratta di una studentessa che vorrebbe fare la giornalista, si conoscono a una festa ed è il più classico dei colpi di fulmine.
L’Olimpia vince il campionato, Goran è felicissimo perché Lubiana ormai lo ama anche più di Lorbek e lui vorrebbe solo fermare l’orologio e godersi il momento, ma tempo di rilassarsi non ce n’è. Pochi giorni dopo il titolo, con la scelta numero 45, i San Antonio Spurs al draft del 2008 chiamano Dragic. Lui ama l’NBA ma è tentato di non andare, in patria lo adorano e in Europa potrebbe raggiungere tutti i suoi obiettivi rimanendo vicino a Maja. Arriva però un segnale che proprio non può ignorare: infatti è stato ceduto la stessa notte del draft ai Suns dove nel ruolo di playmaker gioca un certo Steve Nash. Può giocare con uno dei 3 migliori playmaker attualmente nella lega e quindi per amore del gioco si va.
La prima stagione in Nba osserva ogni singolo movimento di Nash e cura maniacalmente il suo tiro dalla distanza. Guardando il play canadese impara soprattutto che se sei così veloce e così “piccolo” per essere pericoloso dal palleggio devi poter arrivare costantemente al ferro. Nash è un artista in questo e Goran adatta la capacità di andare al ferro del suo compagno alla sua impronta di gioca tipicamente europea(uso del perno,finta,finta,ancora finta e layup facile). Vedendo giocare lo sloveno si vede come la sua è una continua ricerca di una soluzione migliore,ogni palleggio serve per implementare le possibilità che si tratti di un assist a un compagno o una conclusione personale. Il risultato è una roba del genere:
Il secondo anno è quello della consacrazione; diventa un uomo fondamentale nelle rotazioni di Coach Gentry, la squadra arriva ai play-off e in semifinale di Conference è avanti 2-0 su San Antonio. In Texas però la musica è diversa, gli Spurs comandano per tutta gara 3 ma gli ultimi dodici minuti si accende Goran. Metterà 23 punti nel solo quarto quarto e chiuderà la gara con 10/13 dal campo e 5/5 con i piedi oltre l’arco facendo rimpiangere agli Spurs quella notte del draft in cui l’avevano scambiato, e dire che di solito con i giocatori FIBA ci vede benino la franchigia del Texas(Ginobili,Parker,Diaw,vado avanti?). I Suns verranno eliminati in finale di Conference dai Lakers 2.0 di Kobe e Phil Jackson ma ormai è fatta, aveva ragione Džikić, la strada per diventare un campione è tracciata davanti ai piedi di Goran. Negli Stati Uniti il nome di battesimo è sopravvalutato, maggior ragione se non hai un nome che per loro sia facile da pronunciare(il padre di Mark Cuban di cognome faceva “Chabenisky” ma i doganieri di Ellis Island non avevano tutto sto tempo da perdere e vergano “Cuban”) quindi Goran Dragic diventa semplicemente “The Dragon”. Direi che ce ne sono di soprannomi peggiori!
Tuttavia il confine tra un campione e un buon giocatore può essere molto labile e Dragic, complice il trasferimento agli Houston Rockets e la stagione del lock-out ancora non l’aveva del tutto superato. Nessun problema a motivarlo ulteriormente ci pensa Maja che nel 2013 accetta di sposarlo: la cerimonia si svolge in Agosto a Lubiana ed è praticamente un Royalwedding(con tanto di corone!) perché ormai nella capitale slovena tutti sanno chi è Goran e lui quella stagione sembra quasi voler ringraziare tutto questo affetto giocando la miglior pallacanestro della sua vita.
Comincia con gli europei del 2013 disputati a Lubiana(buffo il destino eh) dove trascina la sua Slovenia al quinto posto che vuol dire qualificazione per il mondiale dell’anno dopo e vuol dire anche giocare di nuovo nella stessa squadra del fratello il che non può che dargli un ulteriore carica emotiva. Nella partita fondamentale per passare il turno contro la Grecia Goran è leggendario, mette 28 punti limita splendidamente Zisis e fa impazzire i 10.000 spettatori accorsi al palazzetto di Lubiana.
Tornato a Phoenix(dopo che un anno prima era diventato free-agent) fa segnare il record nella sua carriera per punti (20.3 a partita), minuti giocati e percentuali dal campo. Ritocca nel solo mese di Febbraio per 3 volte il suo career-high di punti passando da 34 a 35 a 40 e ciliegina sulla torta in Aprile ritira il premio di Most Improved Player of the Year diventando il quarto europeo nella storia a riuscirci.
Phoenix vedrà svanire il sogno play-off all’ultima partita ma ormai quel confine Dragic lo ha superato e si è consacrato un campione al di là dell’oceano perché insieme a Lillard, Aldrige, Al Jefferson e Paul George viene inserito nel All-NBA third team, un onore che spetta solo a chi gioca una stagione da campione. I Suns lo omaggiano offrendo un contratto di due anni al fratello Zoran riunendo i due definitivamente.
Tuttavia il DNA spesso non distribuisce il talento in pari quantità e con Goran ha decisamente abusato lasciandone pochino all’altro Dragic. Quando vengono entrambi scambiati, accasandosi ai Miami Heat, Zoran capisce che il mondo dell’NBA non lo accoglierà come ha fatto con il fratello e a Luglio di quest’anno verrà tagliato.
Per Goran invece la strada da fare è ancora tanta perché è vero che con la dirigenza dei Suns si è rotto qualcosa ma sta costruendo un ottimo rapporto con gli Heat (con cui ha firmato un contratto di 5 anni che chiama per 90 milioni di dollari) e con la città di Miami.
Tra l’altro nel tempo libero il ragazzo “costruisce”, questa volta in senso letterario, la casa dei suoi sogni! Infatti Goran è appassionato di architettura e sta supervisionando i lavori commissionati alla ditta del suocero per il luogo dove dovrebbe andare ad abitare a Lubiana insieme a sua moglie. Per chi è nato in Jugoslavia a volte le piccole cose sono le più semplici e una casa accogliente dove crescere i propri figli (Mateo e Victoria) è senz’altro il sogno più grande di un ragazzo che partendo da uno dei posti più travagliati nella storia dell’uomo ha raggiunto il sogno americano con coraggio, dedizione e un gran cuore (di drago si intende)!