Nel mondo della NBA, abitato in gran parte da ragazzi con un passato non semplicissimo, non sono rari gli episodi giudiziari che vanno a colpire giocatori ed ex giocatori. Meno usuale è invece una condanna quasi decennale per un reato come la truffa telematica.
A vedersi imputata una simile sentenza, che lo condanna a 9 anni di carcere, è stato in questi giorni Tate George, guardia vista ai Nets e ai Bucks nei primi anni ’90. Stella di prim’ordine al college a Connecticut, con cui ha vinto il titolo NCAA nel 1990 proprio grazie a un suo buzzer beater che condannò alla sconfitta Clemson, George divenne poi la scelta numero 22 del Draft del 1990 ad opera degli allora New Jersey Nets, ma non riuscì mai ad imporsi al livello superiore, come dimostrano i prolungati trascorsi in CBA (vincendo peraltro il titolo della lega minore nel 1994 con i Quad City Thunder dopo una stagione personale da oltre 16 punti di media).
Sarà per questo motivo che George aveva fondato una propria impresa edile specializzata nella ristrutturazione e nella rivendita di immobili in stato di degrado, la George Group; peccato che, stando alla ricostruzione processuale, l’ex giocatore abbia strutturato il gruppo con un sistema piramidale che, per i giudici, avrebbe truffato parecchie persone, le quali avrebbero investito i propri soldi in progetti destinati al fallimento o addirittura inesistenti, con il denaro che finiva per essere usato per spese personali dello stesso George o per liquidare investitori precedenti. Tra le sue vittime più illustri troviamo anche due atleti NBA, Charlie Villanueva e il ritirato Brevin Knight, i quali avrebbero perso diverse migliaia di dollari.
Nonostante un’accusa a suo carico vigente in 4 stati, George si è dichiarato innocente, sostenendo di aver agito in buona fede e di non aver avuto mai l’impressione che le proprie imprese potessero fallire. L’ex Husky è arrivato addirittura ad accusare la corte di aver occultato alcune prove determinanti a far luce sulla propria innocenza, sostenendo che in carcere si documenterà per difendere i propri diritti. Di diverso avviso l’accusa, la quale ha richiesto addirittura un condanna più pesante, ritenendo George ancora pericoloso per la società.
Termina dunque in modo tutt’altro che glorioso la parabola di un giocatore che pare aver scelto di investire i propri guadagni da professionista nel modo peggiore possibile.