Una partita. Una partita ancora e poi tutto sarà finito. Una delle storie di sport più grandi di sempre sta per calare il sipario. Non ti ho mai amato alla follia Kobe, solo un enorme rispetto nei tuoi confronti. Però sono quelli come te che segnano il gioco per sempre. Ricordo che quando ero uno scricciolo e prendevo in mano i primi palloni della mia vita per palleggiare, te eri già un’icona. Fu mio padre a farmi conoscere per la prima volta la tua grandezza. Si parla di quando avevo 6 anni. Sei stato uno dei primissimi che ho iniziato a guardare. Sono cresciuto, io come tantissimi altri della mia generazione, vedendoti lottare, vedendoti giocare con dita della mano rotte, vedendoti in panchina sofferente con l’asciugamano sulla testa, vedendoti vincere, vedendoti salire sul tetto del mondo. Ho anche tifato spesso e volentieri contro di te, per un certo periodo non ti ho sopportato. Il tuo egoismo,la tua etica del lavoro malata e il tuo voler andare in guerra a volte da solo contro tutti non mi piacevano. Ma eri fottutamente forte. Il più forte di tutti, in alcuni momenti. Finora sei stato quello che più si è avvicinato ad un certo MJ, dati alla mano, e ho detto tutto. Un giorno ero in montagna, estate 2010, e decisi di prendere una rivista che parlasse un po di basket. Avevi appena vinto il tuo 5° titolo. L’ultimo dei tuoi cinque. Sicuramente è stato uno dei punti più alti della tua carriera, contro quei Celtics che tanto tifavo. Quel numero di NbaItalia lo ricordo con piacere e lo conservo gelosamente, poiché è stato il primo di altri 63 presi successivamente. Kobe “Il Re sono io”, recitava la copertina, quando ancora il tuo fisico era forgiato per battagliare ogni due sere. In seguito quello stesso fisico, reduce da infortuni di ogni tipo, ti ha tradito, mettendoti con le spalle contro il muro. Quando lo scorso Novembre mi sono svegliato una mattina e ho letto la tua lettera pubblica, ho avuto un colpo al cuore. Da quella mattina sei iniziato a risultarmi più simpatico, perché ho avuto conferma che sei un essere umano come noi. Un ultimo anedotto: nel 2013, quando il tuo tendine d’Achille fece “pop” contro Golden State, tutti temettero il peggio. Alle 3.20 di notte, su Facebook, tu scrissi il seguente messaggio: ” Forse dovrei tirare fuori la sedia a dondolo e ricordare la carriera che ho avuto. Forse è così che finisce il mio libro. Forse Padre Tempo mi ha sconfitto. O forse no. ” Tornasti in campo ancora una volta, dopo 8/9 mesi di convalescenza e di lavoro in palestra, per fare il tuo canto del cigno come si deve, sul parquet, davanti a chi ti ha amato e a chi ti ha odiato. Onore a te fenomeno! Tutto ciò che la gente ti tributerà in questa settimana non sarà niente, rispetto a quello che te hai dato al gioco in 20 anni! Mancherai! “HEROES COME AND GO, BUT LEGENDS ARE FOREVER” foto di Pietro Buatier.