Poteva mancare qualcosa scritto dalla nostra redazione? Assolutamente no. Ringraziamenti, ricordi e pensieri in pillole. Per te.
“Personalmente non ho mai avuto una particolare venerazione per Kobe Bryant. Certo, giocatore fortissimo, agonista fuori dalla media su entrambe le metà campo, anche il suo stile di gioco è esaltante; eppure, fin da quando mi sono avvicinato alla NBA nei primi anni Zero, non l’ho mai considerato tra i miei personali idoli, probabilmente perché in quelle prime giovanili esperienze col basket americano parteggiavo per i mitici Kings del Greatest Show on Court. Ne ho apprezzato la grandezza con gli anni e la maturità: i canestri allo scadere, l’agonismo feroce, la spaventosa intelligenza cestistica. Ricordo i titoli, ovviamente, ma mi è rimasta impressa in particolare la serie con i Suns di D’Antoni nel 2006, quando i Lakers, settimi nel ranking, andarono avanti 3-1 seppur perdendo poi la serie. Lì c’era tutto Kobe: il talento magari quasi silente in alcune stagioni mediocri dei Lakers (anche perché i suoi 25-30 di media non facevano quasi notizia), ma poi pronto al momento giusto a raccogliere la sfida impossibile, ad azzannare l’avversario molto più quotato facendolo barcollare, se non crollare. Un vero serpente pronto a colpire col suo morso letale in qualsiasi momento, in grado di stendere anche gli elefanti, a prescindere dal fatto di avere Smush Parker, Luke Walton e Kwame Brown a fianco a lui in quintetto. Un serpente sempre in agguato, del quale, anche quando stava silente per un po’, era nota la presenza e la possibilità della prestazione improvvisa e dirompente sempre dietro l’angolo: una NBA senza un simile “pericolo” non può e non potrà mai più essere la stessa. E se lo dice pure un tifoso dei Kings, figuriamoci…” Giacomo Sordo
“Nel 1984 Joe Bryant firmò un contratto con la Sebastiani Rieti, trasferendosi in Italia con famiglia al seguito. Kobe all’epoca aveva sei anni. Io non ero ancora nato, ma ogni volta che parli di Kobe nella mia città c’è sempre qualcuno che si ricorda di quel ragazzino e del modo in cui, già da bambino fosse speciale. Qui anche chi non ha mai sentito parlare di NBA sa chi sia Kobe Bryant. E se vediamo un’immagine di Kobe in tv o sui giornali pensiamo istintivamente che il Mamba, per un po’, è stato uno di noi. In fondo in fondo, forse, mi sono innamorato della NBA proprio per questo: perché c’è il Mamba, Kobe… un paesano.” Simone Simeoni
“Quando penso a Kobe penso a un professore. Uno di quelli severi, spietati, che quando entra in classe ti incute timore. Uno che quando interroga (perché Kobe interroga, cit) ti leva la pelle di dosso, ti umilia e magari ti da una pacca mentre vai a posto con un’insufficienza. Ma è quel professore che padroneggia quello che spiega,uno che conosce ogni fondamentale di quello che spiega, uno che SA quello che spiega e soprattutto uno che ti fa amare alla follia quello che spiega, che ti fa dire “voglio saperne come lui e amarlo quanto lui”. Se non si era capito,la materia che spiegato meravigliosamente per 20 anni era (ed è) il gioco più bello del mondo” Simone Maccari
“Non sei stato colui che mi ha fatto avvicinare, non sei stato il mio giocatore preferito, ma come si fa a non prostrarsi al tuo cospetto? Rispetto, tenacia, classe, agonismo, legacy: grazie Kobe” Simone Domenichetti
“Kobe Bryant rappresenta la passione per il Gioco. La sua etica lavorativa, la sua voglia di vincere e il suo continuo desiderio di migliorarsi l’hanno reso uno dei più grandi giocatori di sempre. Un purista della pallacanestro nel vero senso della parola, un concentrato di tecnica e agonismo che, uniti all’atletismo, gli hanno consentito di scrivere pagine indimenticabili della storia NBA. La prima palla a due della prossima stagione avrà un sapore diverso, un retrogusto amaro, perché dopo 20 stagioni ai nastri di partenza lui non ci sarà più.” Andrea Falcetti
“Non sei stato il più grande di tutti i tempi. Non sei stato neanche la guardia più forte di tutti i tempi. Non sei quello con più anelli, nè quello con più punti segnati o MVP vinti. Eppure sei il preferito di tutti, chiunque sappia qualcosa su di te, nonostante i tuoi mille difetti ti amerà comunque, nessuno potrà mai dire “a me sta sul cazzo Kobe Bryant”, sarai sempre l’unico giocatore di basket che anche le tue amiche fissate con Harry Potter conoscono, sarai l’agonismo, la cattiveria, l’etica del lavoro e sarai sempre uno stronzo, un grande stronzo. Perché di giocatori come te non ce ne saranno più, e per quel che mi riguarda mai ce ne sono stati. Sei il primo giocatore di qualsiasi sport di cui abbia sentito pronunciare il nome, e sarai sempre il mio GOAT. Grazie. #MambaDay” Leonardo Flori
“Icaro che ha voluto toccare il sole jordaniano ma che non si è minimamente scottato, anzi. ” Alessandro Scuto
“In queste occasioni si vuole sempre essere romantici. Esasperare la bontà di una leggenda, portandola ad una sorta sacralità mescolando il tutto con un pizzico di eroismo. Eppure lo meriti, non si può farne a meno. Kobe Bryant, insieme a quel figuro che porta il nome di Shaq, è stato forse il giocatore che mi ha invitato ad entrare dalla porta principale della pallacanestro NBA. Agonista è una parola che lo sottostima. Perfezione una di quelle che lo offende. Eppure sono parole estremamente vicine a ciò che sei, e che sei stato: Agonista, perchè la tua mentalità non ti permetteva di essere nient’altro. Perfezione, perché è ciò a cui hai sempre ambito, la benzina della tua splendida splendida splendida carriera. Grazie, anche se so che da storyteller ci farai emozionare ancora. Arrivederci, quindi.” Michele Ipprio