“You’re a bad motherfu****”. Sorriso sulle labbra, è Shaquille O’Neal, compagno di mille battaglie e in seguito quasi nemico mortale cestisticamente parlando, a salutare Kobe Bryant con la definizione forse più calzante che si poteva trovare, che nel suo caso perde qualsiasi vena offensiva e si carica di un infinito rispetto per chi, anche nell’ultima gara in carriera, a 38 anni e con un fisico del genere, saluta la NBA in un modo simile.
Secondo l’addetto stampa dei Lakers, contro gli Utah Jazz si sarebbe celebrata una festa, con il risultato finale che sarebbe passato in secondo piano. Ma Kobe Bryant non è mai stato il tipo che perde tranquillamente una contesa in nome del presunto clima festoso, perché per lui la festa si fa solo vincendo: e così, il Black Mamba è parso prendere la macchina del tempo e ha tirato fuori dal cilindro una prestazione senza senso che pare uscita dalle sua pazzesca seconda metà degli anni Zero: 22/50 dal campo, di cui 6/21 da 3, 10/12 ai liberi, per un totale di 60 punti a referto in 42 minuti sul parquet. E ciò che lascia veramente a bocca aperta è come questa prestazione non sia stata una semplice esibizione ma una gara vera, in cui Kobe ha segnato 17 degli ultimi 19 punti dei suoi, ha battuto gli interi avversari 23-21 nell’ultimo quarto e ha rimontato 8 punti di svantaggio negli ultimi due minuti.
Kobe è così entrato ulteriormente nella storia divenendo il più anziano giocatore a segnare 60 punti in una gara e facendo registrare il sesto sessantello in carriera, secondo solo a Wilt Chamberlain. E regalando inoltre un’ultima, incredibile emozione a tutti i suoi tifosi, in piedi ad assistere all’ennesima prestazione storica.
Forse le sue squame ormai erano rovinate dal tempo, i denti meno affilati, il veleno meno pungente: ma mai sottovalutare il morso del Black Mamba quando era chiamato in causa. Non c’è più alcun dubbio, un “bad motherfu****” del genere non si è probabilmente mai visto nella storia e la NBA non potrà mai più essere la stessa senza Kobe Bryant.
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