La regular season più straordinaria dell’ultima decade è giunta al termine, e finalmente nell’aria c’è profumo di Playoffs. Come sempre si prospettano delle grandissime partite, serie ad alta tensione tra le migliori squadre che il panorama NBA ha da offrire. Nella sempre battagliera e mai scontata Western Conference, subito dietro ai dominatori Golden State Warriors e San Antonio Spurs, gli Oklahoma City Thunder si sono guadagnati la seed #3, e incontreranno perciò i Dallas Mavericks, che sono riusciti ad acciuffare la seed #6 proprio nell’ultima giornata di regular. Andiamo a guardare questa sfida più da vicino.
La Regular Season: come arrivano ai Playoffs?
La stagione degli Oklahoma City Thunder era partita con un’unica, unanime, volontà: quella di ritornare nelle posizioni a loro più congeniali, quelle di testa. Dopo l’esclusione dai Playoffs rimediata nella stagione passata, funestata dagli infortuni, la volontà dell’organizzazione era quella di fare immediatamente ritorno nella élite della lega. Un’operazione ben riuscita, grazie soprattutto al recupero, fondamentale, di un giocatore come Kevin Durant, ma anche all’aria di rinnovamento portata dal cambio in panchina: la scorsa estate Scott Brooks ha infatti lasciato, dopo sei stagioni, il suo posto sul pino a Billy Donovan. Potendo contare su un roster quasi completamente invariato rispetto a quello dell’anno scorso, e quindi già legato da una forte chimica di squadra, il nuovo coach ha condotto i suoi a un convincente record di 55-27, fatto di prestazioni solide, a tratti stellari come nel caso della fantasmagorica partita del 27 febbraio contro i Golden State Warriors. Un vero e proprio show che, nonostante si sia risolto in una sconfitta, ha dimostrato a tutti le sconfinate possibilità di questa squadra. Un team costruito intorno ai due fulcri principali, Russell Westbrook e Kevin Durant, con tanta attenzione e scientificità da non aver avuto bisogno, durante la stagione, di innesti di sorta (fatto salvo l’ingaggio marginale, in marzo, di Nazr Mohammed). Eppure anche in questa stagione così positiva c’è sempre una spada di Damocle a pendere, inclemente, sulla testa dell’organizzazione, ed è l’interrogativo sul futuro di Kevin Durant. La star dei Thunder sarà unrestricted free agent per la prima volta in carriera quest’estate, proprio in concomitanza dell’innalzamento dei limiti del Salary Cap, ed è già il sogno proibito di tutte le franchigie NBA. KD non ha ancora sciolto i dubbi su quale sarà la sua squadra nella prossima stagione, ma le illazioni perseguitano l’ambiente Thunder fin dall’inizio della stagione. Se da una parte questo potrebbe essere un fattore destabilizzante, dall’altra potrebbe anche rivelarsi un ulteriore stimolo per la squadra, che vorrebbe convincere Durant a rimanere, magari consegnandogli subito quell’anello…
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Non sembrava l’anno giusto per i Dallas Mavericks. La stagione era cominciata sotto le fosche nubi dello psicodramma DeAndre Jordan, che doveva essere il fiore all’occhiello di una free agency che aveva già portato, alla corte di Mark Cuban, nomi importanti come Wesley Matthews e Deron Williams (liberato dai Nets). Invece Jordan è tornato sui suoi passi proprio nell’ultimo giorno di mercato, costringendo i Mavs a correre ai ripari con l’ingaggio di JaVale McGee e del super-veterano Samuel Delambert, che si sono andati ad aggiungere a Zaza Pachulia nella posizione di centro. È stata una stagione fluttuante e ondivaga quella dei texani, che, seppure in grado di infilare anche buone serie positive, con un Pachulia addirittura sulle soglie dell’inserimento nel quintetto base dell’All Star Game grazie ai voti dei fans, hanno rimediato qualche sconfitta sconcertante, senza mai apparire completamente convincenti sul parquet. La squadra è spesso stata costretta all’overtime (12 volte in questa stagione, 8 delle quali con risultato alla fine vincente), e non ha sempre espresso un livello di gioco altissimo, arrivando addirittura a far dire a un ex come Rajon Rondo (che però, ricordiamo, non si è lasciato benissimo con la squadra texana) che “i Mavs non meritano di giocare i playoff”. Questo accadeva dopo una pesante sconfitta per 133-111 rimediata dai Kings a fine marzo. A queste dichiarazioni al veleno, Dallas ha saputo però rispondere con i fatti, mettendo a segno le 42 vittorie utili a piazzarla al sesto posto nella Western Conferece: tra di queste è impossibile dimenticare quella del 30 dicembre 2015, un 114-91 sui Golden State Warriors, che all’epoca destò varie (infondate) ipotesi di crisi in quel di Oakland. Rimane quello il punto più alto e splendente di questa stagione per Dirk Nowitzki & co. E dopo tutte le polemiche sotto il cui segno era iniziata, non è poco.
La Sfida: Russell Westbrook/Kevin Durant vs Dirk Nowitzki
Impossibile scegliere quale delle due stelle di Oklahoma City possa essere più decisiva in questa sfida: Westbrook è reduce da una stagione mostruosa, con numeri da capogiro (23.5 pts, 10.4 ass 7.8 rbd 2 stl e 45% dal campo in 34.4 minuti di media) e ben 18 triple doppie messe a referto (nessuno come lui dal 1982). Con una stagione che farebbe gridare all’MVP, non ci fosse Stephen Curry, il prodotto di UCLA si candida prepotentemente a un ruolo da protagonista assoluto in questa serie e nella NBA che sarà. La sua preponderanza atletica è, da sempre, assolutamente strabiliante, ma adesso viene affiancata da mezzi tecnici sempre più attentamente raffinati e dall’esperienza che sta maturando sempre più. Certo ha ancora qualche piccola pecca (come la scarsa percentuale dalla linea da tre, 29% per lui in stagione), ma la sua bruciante rapidità e la potenza muscolare suppliscono abbondantemente a queste “mancanze”. D’altro canto, al suo fianco, c’è pur sempre KD. Nella stagione del rientro dall’infortunio il giocatore dei Thunder ha fatto faville, mettendo insieme 28.2 pts, 8.2 rbd, 5 ass, 1.2 blk e 1 stl in 35.8 minuti di media, tirando con il 50% dal campo. Cifre fantasmagoriche quelle del #35, che è tornato tirato assolutamente a lucido, con il solito arsenale offensivo illimitato. Di fronte a due mostri di questa portata la difesa dei Mavs dovrà assolutamente stringere le maglie.
37 anni, 18 stagioni nella lega, 15 partecipazioni ai Playoffs, 1 MVP, 1 titolo NBA in bacheca, 29.491 punti segnati in carriera. Potremmo andare avanti ancora per molto a snocciolare numeri tentando di descrivere Dirk Nowitzki, senza comunque riuscirci. Il tedesco (18.3 pts, 6.5 rbd e 1.8 ass con il 44% dal campo in questa stagione) ha recentemente dichiarato di voler raggiungere le 20 stagioni in NBA ed è il vero Highlander di questo match, pronto a tener testa al Dynamic Duo con il suo famoso e storico fadeaway. Avrà bisogno però dell’apporto sostanzioso del gruppo di veterani di cui è a capo, soprattutto considerando l’assenza per infortunio di Chandler Parsons, che i Mavs sembrano aver imparato a gestire durante le ultime sfide di regular season.
I Coach
Billy Donovan è un rookie sulla panchina di una squadra NBA, e sta già vivendo i Playoffs con la pressione di chi è chiamato a vincere. Allenatore vincente a livello collegiale (due i titoli NCAA portati a casa quando era sul pino dei Florida Gators, nel 2006 e nel 2007), bisognerà valutare il suo impatto con la postseason, quando i giochi cominciano a farsi davvero duri. Finora si è comportato molto bene, cercando di imprimere moderatamente la sua impronta su una squadra già molto ben organizzata dalla passata gestione e che nell’organico, come si accennava, non è affatto cambiata. Sulla carta, Donovan ha in mano il team favorito, ma dovrà essere molto bravo a gestire la pressione e a fare in modo che non lo schiacci nei momenti decisivi, o quando si tratterà di prendere decisioni cruciali, evitando quella sorta di rilassamento che ha condotto la squadra a perdere 4 delle ultime 6 sfide di regular season. Di certo l’attitudine non gli manca, dobbiamo solo aspettare di vederlo all’opera.
Dall’altra parte, l’esatto opposto di Donovan, Rick Carlisle è un allenatore che conosce bene il significato della parola Playoffs. Dal 2001, quando ha ottenuto il posto di capo allenatore dei Detroit Pistons, passando per gli Indiana Pacers fino ad arrivare a Dallas, Carlisle non è arrivato alla postseason soltanto nella stagione 2012/13. Poliedrico e versatile, dotato di una forte personalità, sempre pronto a sperimentare e a reinventare i suoi giocatori, Carlisle e sicuramente un coach difficile da affrontare, anche solo per il suo carisma. Basti a dimostrare la sua qualità la cavalcata trionfale che ha portato i Mavs al titolo nel 2011 da assoluti sfavoriti. Questa serie si preannuncia difficile per lui, privo com’è di un giocatore come Chandler Parsons, e costretto a gestire il minutaggio dei suoi veterani, e a fronteggiare contemporaneamente il devastante attacco dei Thunder, ma la vecchia volpe dei Playoffs ha sempre qualche asso nella manica…
I Precedenti
Questa sfida ha una storia. Certo non si tratta di una storia decennale come quella della rivalità tra Boston Celtics e Los Angeles Lakers, ma è pur sempre una storia di rivalità, anche forte. Una storia che vede le due squadra fronteggiarsi per la prima volta in postseason alle Western Conference Finals del 2011. I Mavericks avevano appena battuto i Los Angeles Lakers campioni uscenti, OKC usciva vincitrice dallo scontro con i Memphis Grizzlies, ed era la favorita. Il resto è storia: i Mavs, guidati da un indomabile Dirk Nowitzki, vinsero quella serie 4-1 e raggiunsero le Finals, dove abbatterono anche i Miami Heat dei Big Three per conquistare il loro primo titolo NBA. La storia mise le due squadra una di fronte all’altra per un rematch già al primo turno dei Playoffs dell’anno successivo, e in questo caso fu Oklahoma City a ridere: un secco 4-0 eliminò i Mavericks e fu il primo passo della corsa dei Thunder verso le Finals (poi perse contro gli Heat). Il terzo capitolo della sfida lo vedremo quest’anno, e anche se le sfide di regular season recitano 4-0 in favore dei Thunder, sappiamo già che sarà ad alta tensione.
Pronostico
Oklahoma City ha l’onere e l’onore di arrivare a questa sfida da favorita sotto tutti i punti di vista. Le potenzialità del roster dei Thunder sono infinite, e se Westbrook e Durant riusciranno ad amalgamarsi alla perfezione come hanno fatto durante la stagione regolare nessuna difesa sarà al sicuro. Con l’apporto di Serge Ibaka ed Enes Kanter, Oklahoma può diventare virtualmente irrefrenabile, ed è tranquillamente in grado di superare qualunque avversario. Certo servirà anche l’applicazione della panchina, con i vari Dion Waiters e Steven Adams pronti a dare il loro contributo.
Dallas d’altro canto deve contare sulla superiore esperienza dei suoi veterani, da Dirk Nowitzki a Deron Williams, cercando di insinuarsi in tutti i momenti di incertezza che Oklahoma City potrebbe dimostrare. La speranze dei Mavericks di sovvertire tutti i pronostici risiedono proprio nella capacità di sfruttare questo aspetto e di non dipendere completamente da Nowitzki, non più in grado, a causa dell’età, di caricarsi da solo la squadra sulle spalle. Servirà quindi uno sforzo duro e condiviso da parte della squadra, che dovrà essere pronta a combattere su ogni pallone.
di Simone Simeoni
DAL vs OKC