Compton non è esattamente il luogo ideale dove ascoltare in serenità il Pop di una delle icone musicali più famose degli anni 80/90. È molto più noto per il Gangsta Rap dato alla luce da Eazy-E , colonna sonora delle scorribande dei Bloods, rigorosamente in rosso, e dei Crips, in blu, nel tentativo di assicurarsi il predominio della zona sud di Los Angeles tra spaccio e atti vandalici. Ma nel febbraio del 1980, sulle note di “Dirty Mind”, terzo album di Prince Rogers Nelson in arte Prince, viene alla luce Tayshaun, il Principe di Compton. Tayshaun cresce a costante contatto con il mondo della palla a spicchi; la mamma e lo zio, distintisi al’università di Pepperdine, hanno indirizzato le scelte sportive del piccolo. Il resto lo ha fatto lo Showtime. Se sei nato nella contea di Los Angeles agli inizi degli anni 80 e il tempo libero lo trascorri nei playground del tuo quartiere, non puoi non innamorarti dei Lakers di Magic e Jabbar. Tay, mette in mostra la sua passione e voglia di emergere nel basket alla Dominquez High School di Compton. La carriera alla High School è degna di quella di una super star; in tre anni esce dal campo sconfitto solo 9 volte su 105 fino ad arrivare, come leader sia offensivo che difensivo, al titolo statale nel 1997. Il giusto riconoscimento per una carriera così florida è il titolo di MVP di tutte le High School del sud della California, succedendo a giocatori del calibro di Baron Davis e Paul Pierce nel George Yeardley Award.
Di certo trovare un college, con queste credenziali, non è difficile e ad assicurarsi i servigi del giovane di Compton è l’università di Kentucky. Con gli Wildcats Tay diventa fondamentale fin da subito. La sua struttura fisica gli permette di ricoprire più ruoli e i quattro anni passati a UK sono scanditi da una continua crescita in tutte le categorie statistiche, tanto da essere inserito nel secondo quintetto All-American negli anni da Junior e da Senior. La maturità dimostrata al college lo spinge al salto nei Pro, lasciando il suo ateneo nella top ten all time in punti segnati, stoppate e tiri da tre. Tay non è nel mirino degli scout NBA titolari delle primissime scelte del Draft del 2002 e a sondare il terreno del ragazzo di Compton ci sono due squadre. I Lakers, primo e unico amore di Tay, con la scelta numero 20 e i Pistons alla 23. I Lakers non si ritengono soddisfatti delle capacità del prospetto da UK, ritenuto troppo gracile e con una meccanica di tiro da rivedere e decidono di chiamare Kareem Rush. A Joe Dumars brillano gli occhi a quella chiamata dei giallo viola, vedendosi aprire la porta di quello che era il suo piano fin da quando aveva assistito ai provini di Tyshaun; portare a MoTown il Principe di Compton.
Gli inizi nella NBA non sono semplici. Coach Carlisle non vede di buon occhio il giovane da Kentucky. Lo ritiene troppo leggero per giocare contro i pari ruolo avversari e lo relega in panchina per la maggior parte della regular season. È nei play off che Tay si mette in mostra stabilendo un record NBA.; diventa il primo giocatore nella storia della lega a mettere a referto più punti nella post season che nella regular season. La sconfitta nelle finali di conference genera l’esonero di Carlisle e la nascita di un team che rimarrà, per la bellezza e l’efficacia del gioco espresso, nella memoria dei cultori del gioco. Mr Big Shot Billups, Rip Hamilton, i due Wallace e il principe di Compton, gestiti dall’ineffabile coach Larry Brown, mettono in scena la massima espressione del “Play the Right Way” che li porta alla vittoria del titolo nel 2004 e alla finale persa contro gli Spurs nel 2005. Memorabile la giocata di Tay contro Indiana in Gara 2 delle finali della Eastern Conference del 2004. Reggie Miller, dopo una rubata, si invola verso il canestro per depositare un sottomano tra i più semplici della sua lodevole carriera, un canestro che avrebbe pareggiato la gara a 14 secondi dalla fine. Tutto bene finché la palla non lascia i polpastrelli di Killer Miller; da li tutto buio. Una stoppata da paura che chiude la gara e indirizza definitivamente la serie verso Detroit; artefice Tayshaun Prince. Gli anni di Detroit sono quelli della consacrazione di Prince che dopo il 2005 raggiunge le finali a Est con i Pistons per tre anni di fila venendo eliminati rispettivamente da Miami, Cleveland e Boston. L’era dei Pistons del “Right Way” volge inevitabilmente verso il viale del tramonto e Prince inizia con il passare degli anni a subire un calo nelle prestazioni. Nel 2012 supera Grant Hill come ottavo marcatore di sempre dei Pistons ma dal 2013 inizia il suo peregrinare per le franchigie NBA senza infamia e senza lode fino ad arrivare nel Minnesota. In quel Minnesota che ha dato i natali e nel quale purtroppo ieri ci ha lasciati, per passare a miglior vita, un altro principe, non del Basket ma del mondo della Musica.
Quel Principe che dal 1978 ai giorni nostri ci ha deliziato con melodie uniche ed irripetibili che solo un personaggio della sua stravaganza e capacità artistica poteva essere in grado di partorire. Da quel giorno a Compton, sulle note di “Dirty Mind”, passando per i playground di South Los Angeles dove a quattro anni, sulle note di “Purple Rain”, Tay ha iniziato a prendere confidenza con il gioco; da “Emancipation” nell’anno della prima vittoria alla High School passando per “One nite alone” nell’anno della scelta al Draft per finire con “Musicology” nell’anno dell’anello NBA. Un percorso principesco di due artisti che hanno percorso strade parallele in mondi diversi accomunati da un nome comune. Prince.
Checco Rivano