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Playoffs 2016

Prova di forza Warriors, Houston asfaltata – recap e pagelle

Alla prima gara senza Stephen Curry, gli Warriors reagiscono nel migliore dei modi all’infortunio del MVP spazzando via gli ormai derelitti Rockets, cui non basta un Harden come sempre molto positivo in attacco. Sugli scudi Klay Thompson e l’ormai preziosissimo Shaun Livingston

All’inizio dei playoffs, il GM dei Rockets Daryl Morey aveva detto che la squadra era pronta per la post season, e che avrebbe reagito dopo una stagione difficile; Jason Terry, invece, pochi giorni fa aveva garantito il ritorno a Houston per gara 6. Ma l’alchimia e il gioco di squadra non si accendono tramite un interruttore, e il desolante 0/7 con cui il Jet chiude i propri playoffs pare l’immagine di questi Rockets al cospetto della corazzata Warriors. Priva ovviamente di Stephen Curry, Golden State reagisce ancora da squadra vera, come accaduto nel secondo tempo di gara 4, si ricompatta intorno ad uno stellare Klay Thompson e un sostituto di super lusso del proprio MVP come Shaun Livingston e annienta ciò che resta di una squadra dagli enormi problemi strutturali come questi Rockets, costituiti in pratica dai soli isolamenti di James Harden: un po’ poco per pensare di impensierire una delle difese più organizzate della Lega, e i soli 81 punti messi a referto dagli ospiti sono lì a dimostrarlo. Gli Warriors ora incontreranno la vincente tra Blazers e Clippers, e la sensazione è che abbiano tutte le carte in regola per raggiungere la finale di conference anche senza il proprio leader (stante anche la sfortuna di LA, priva a sua volta di Paul e Griffin); per i Rockets inizia invece una lunga estate di probabile grosso restyling.

PRIMO QUARTO

Coach Kerr riceve il premio come allenatore dell’anno, giustamente condiviso nella premiazione con l’ottimo Luke Walton di inizio stagione, mentre le telecamere indugiano su un Curry in borghese ma entrato nel palazzo sulle proprie gambe, quasi a rassicurare tutti sulle proprie condizioni. La gara comincia con i quintetti attesi, con Livingston al posto dell’MVP, e in un minuto e mezzo gli Warriors volano già sull’8-0. Nonostante le dichiarazioni bellicose, Houston è totalmente fuori dalla gara, subisce punti da ogni dove e in modo troppo semplice, e in attacco è letteralmente solo Harden, che segna 18 dei 20 punti nella frazione degli ospiti, mentre gli altri sparacchiano a salve. Gli Warriors hanno dunque vita facile a prendere il largo volando subito addirittura sul +17, 37-20 il parziale.

SECONDO QUARTO

Il secondo periodo inizia con il vero e proprio gol di Beverley dopo lo 0/16 con cui i Rockets privi di Barba avevano cominciato la partita; lo aiutano anche Beasley e un redivivo Howard, ma Golden State con la panchina continua a macinare punti nella difesa colabrodo dei texani e mantiene gli ospiti a distanza di sicurezza, andando poi a incrementare ulteriormente il vantaggio: il gioco da 3 punti di Draymond Green regala il +20 ai padroni di casa, che Barnes arrotonda sul 59-37 che chiude la prima metà e, in sostanza, la contesa e la serie.

TERZO QUARTO

Solito inizio quarto con reazione d’orgoglio dei Rockets: stavolta è Motiejunas a siglare 5 punti consecutivi. Ma, come quasi sempre nella serie, è un fuoco di paglia, prontamente spento dal rimanente Splash Brother: sale in cattedra Klay Thompson, che mette 14 punti nel periodo, comprese 4 bombe che tagliano definitivamente le gambe agli ospiti. Gli Warriors non accennano a fermarsi e scollinano anche il +30: per Houston è notte fonda.

QUARTO QUARTO

Il quarto periodo comincia con Harden che può arrotondare il proprio tabellino (chiuderà a 35 punti, di cui 25 nella prima metà), per poi passare al lungo garbage time che concede la passerella un po’ a tutti: alla fine il tabellone recita un eloquente 81-114 per i padroni di casa. Golden State lancia dunque un segnale al resto della Lega sulla compattezza e la profondità del proprio roster anche senza Curry; i Rockets chiudono nel peggiore dei modi una stagione cominciata male e continuata peggio, in cui molto spesso hanno dato l’impressione di essere la peggior squadra, per organizzazione di gioco più che per roster, dell’intera post season.

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