Storicamente, John Calipari è un coach noto soprattutto per le proprie doti di recruiter, in grado di portarsi a casa quasi puntualmente il migliore, o addirittura i migliori prospetti delle rispettive annate. Ne consegue che le sue squadre, e in particolare i Kentucky Wildcats degli ultimi anni, ruotino quasi sempre attorno a fenomenali freshman già promessi sposi alla NBA dopo il canonico anno di semi-purgatorio al college: ne è esempio, per citare solo l’ultimo, quel Karl Anthony Towns fresco Rookie of the Year, o quell’Anthony Davis ormai dominatore della Lega, in attesa di un minimo di continuità di squadra. Eppure quest’anno il freshman-maravilla di turno ha fatto registrare una stagione statisticamente ancora migliore di quella di tante attuali e passate star NBA viste a Lexington: è quindi scontato come gli addetti ai lavori guardino ormai al ragazzo, che risponde al nome di Jamal Murray, con sempre maggiore interesse. Oggi ve lo presentiamo nella nostra rubrica Road to Draft.
JAMAL MURRAY
Il Dream Team rimane un’altra cosa, ma i cugini nordici degli americani, i canadesi, ultimamente possono essere soddisfatti del proprio capitale tecnico, guidato dal talento cristallino di Andrew Wiggins e dalla fisicità in area del neo campione NBA Tristan Thompson. Il tasso tecnico dovrebbe alzarsi ulteriormente con la crescita di Jamal Murray, classe ’97, sangue giamaicano ma passaporto rigorosamente marchiato con la foglia d’acero da quando, a 9 anni, si trasferisce nell’Ontario. Talento evidente da quando al campetto, a 12 anni, sfida i liceali e i giocatori del college, quando va al liceo alla Orangeville Prep forma con Thon Maker, altro elemento della prossima Draft Class, un duo difficilmente arginabile a questi livelli. All’inizio è il sudanese a sembrare il miglior prospetto dei due, anche in relazione alla notevole taglia fisica, ma con il tempo Murray si afferma come giocatore forse addirittura più tecnico e talentuoso, tanto da destare l’attenzione del mai distratto Calipari, che in quanto a talento puro se ne intende parecchio. Il coach italoamericano lo porta negli States nel suo feudo di Lexington dandogli letteralmente carta bianca, accantonando anche il progetto democratico dei 20 minuti a testa della stagione precedente (scelto anche per la quantità spropositata di ottimi elementi a roster). Per Murray i minuti sono invece 35 di media, sfruttati con una produzione di 20 punti tondi e 5.2 rimbalzi, con oltre il 50% da 2 e il 40% dalla lunga. Il canadese inoltre è il primo della pur nutrita combriccola di ottimi freshman che hanno vestito la maglia dei Wildcats a scollinare per due volte quota 30 punti nella stagione d’esordio al college, e in un’occasione pareggia Terrence Ross con la miglior prestazione realizzativa per un primo anno a quota 35 punti a referto. E’ presto chiaro che Calipari dovrà ancora trovarsi un nuovo go-to-guy dopo una sola stagione.
CARATTERISTICHE TECNICHE
Dopo gli ultimi anni passati a dare le chiavi della squadra a un lungo dominante a livello di college (Davis, Noel, Randle e Towns, solo per citare le ultime quattro stagioni), il top player di questa versione dei Wildcats è tornato ad essere un esterno: Jamal Murray infatti è una combo guard in grado di coprire sia il ruolo di playmaker che il prediletto ruolo di guardia tiratrice, posizione in cui può dar maggiore fondo ai propri innati istinti offensivi. E che istinti: Murray infatti è il classico scorer perimetrale in grado di mettere a referto punti senza grosse difficoltà, sia con il tiro da fuori che in avvicinamento. A dispetto dei nemmeno 19 anni, già quest’anno il canadese ha dimostrato di essere semplicemente letale nel catch ‘n shoot e in uscita dai blocchi, dove è bravissimo a coordinarsi e sparare anche con poco spazio. In alternativa, Murray è in grado anche di costruirsi un tiro dal palleggio, di crearsi spazio con lo step back o di attaccare la difesa forte e concludere al ferro con la tecnica e il controllo del corpo più che con l’atletismo puro. Inoltre, nonostante sia principalmente un realizzatore, Murray è anche un più che discreto passatore, in grado di smazzare assist anche con la mano debole (la sinistra), di giocare il pick ‘n roll leggendo bene la difesa, e in generale, quantomeno a livello universitario, di ricoprire senza problemi il ruolo di point guard. Questa adattabilità ai due ruoli di esterno rendono il freshman di Kentucky molto appetibile per gli scout, così come la sua ormai nota etica del lavoro: Murray ha infatti già la fama di topo da palestra, di giocatore dal grande amore per il gioco e dall’enorme sicurezza su un campo da basket, che pare veramente il suo habitat naturale.
Se queste caratteristiche, unite all’età verdissima, lo rendono un prospetto già molto intrigante per la Lega, vi sono però altri elementi che lasciano qualche dubbio sul futuro di Jamal. In primo luogo, taglia fisica e soprattutto atletismo non sono eccezionali per la NBA, il che fa dubitare qualcuno sul suo reale impatto a un simile livello: già al college faticava a crearsi un tiro contro avversari più atletici, e il timore è che a livello NBA possa diventare poco più che uno specialista del tiro da fuori. Un po’ poco per una scelta alta come quella in cui viene ipotizzato al momento… Altro punto di domanda, per motivi simili, riguarda la propria metà campo: anche a Kentucky spesso soffriva i play più rapidi e le guardie più fisicamente massicce, e in generale non pare avere l’atletismo e le doti fisiche (anche le braccia non sono lunghissime) per diventare un buon difensore NBA, per una questione prettamente tecnica più che caratteriale (è un agonista e si applica abbastanza in difesa, ma tende a soffrire comunque). Infine, anche la sua adattabilità al ruolo di playmaker desta qualche perplessità, in particolare per le scelte non sempre azzeccatissime in campo, che l’hanno portato, nell’unica stagione di college, a far registrare più palle perse che assist (2.3 contro 2.2); oltre a ciò, l’istinto offensivo lo porta spesso a forzare o affrettare le conclusioni, e in generale al momento non pare poter guidare una squadra NBA dalla cabina di regia, il che ovviamente lo rende molto meno duttile rispetto ai tempi di Kentucky, e dunque potenzialmente meno appetibile.
PROSPETTIVE NBA
L’accoppiata “giovane età-etica del lavoro”, peraltro amplificata dai numeri sontuosi fatti registrare a Lexington, rimangono comunque merce preziosa in sede di scelta, ed è per questo che il possibile difficile adattamento al livello professionistico americano non pare spaventare particolarmente gli scout: il golden boy canadese infatti sembra addirittura in risalita nelle previsioni di scelta, ed è probabile che venga fatto il suo nome tra la quinta e la decima chiamata. A dispetto della giovane età, Murray pare già perfetto per portare punti rapidi dalla panchina, e potrebbe ben figurare ad esempio a New Orleans, dove il talentuoso settore esterni non ha mai convinto pienamente, o anche a Denver, con un ruolo simile a quello svolto quest’anno da Will Barton. E chissà che, se dovesse scendere, non faccia gola alla rappresentante del suo paese, i Raptors, che sceglieranno con la 9: in fondo la riscossa del Canada, di cui Toronto è orgogliosa ambasciatrice nella Lega, potrebbe passare anche dal talento di Jamal Murray.