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Chiusa la regular season al settimo posto e usciti di scena al primo turno dopo 7 combattute gare contro i Toronto Raptors, la stagione degli Indiana Pacers è stata tutto sommato soddisfacente. Trascinati da un Paul George in versione deluxe, i ragazzi di coach Vogel sono stati un avversario ostico per chiunque, raccogliendo forse meno di quanto avrebbero meritato. Il problema principale ad Indianapolis è stata la continuità, che ha spesso e volentieri penalizzato George e compagni, ma in generale quella della franchigia di Larry Bird è stata una buona annata, soprattutto considerando la piccola rivoluzione effettuata la scorsa estate.
DRAFT
In sede di Draft gli Indiana Pacers hanno avuto una sola scelta, la #50, ma l’hanno spesa bene, puntando su Georges Niang, classe 1993 fresco vincitore del Karl Malone Award come miglior ala grande collegiale. È sceso così tanto a causa dello scarso atletismo e della poca esplosività, caratteristiche che nella NBA odierna non possono mancare, ma inserito nel giusto contesto offensivo potrebbe comunque dire la sua in uscita dalla panchina.
MERCATO
Gli Indiana Pacers sono la squadra che più (e meglio) si è mossa in questi primi giorni di mercato. Chiuso il ciclo con coach Frank Vogel, sostituito dal vice allenatore Nate McMillan, Larry Bird ha scambiato George Hill in una trade a tre con Jazz e Hawks, ottenendo in cambio Jeff Teague. Questo, unito alla firma di Thaddeus Young (arrivato in cambio di due scelte al Draft), aumenta notevolmente la portata offensiva intorno a Paul George. Monta Ellis, per quanto sia incostante, resta sempre un fattore (anche se, opinione di chi scrive, il ruolo migliore per lui sarebbe quello di sesto uomo), mentre Myles Turner ha mostrato ampi margini di crescita e un’etica lavorativa invidiabile. Con i contratti di Mahinmi e Jordan Hill in scadenza, ad Indianapolis deve ancora arrivare (almeno) un centro, ma il materiale con cui lavorare c’è ed è già piuttosto buono.
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FUTURO
Per la prossima stagione l’obiettivo sarà sicuramente migliorare il settimo piazzamento ottenuto quest’anno, arrivando almeno al secondo turno playoff nella modesta ma agguerrita Eastern Conference. I giocatori, considerando ovvia l’ulteriore crescita di George e, soprattutto, quella del promettente Turner, sembrano essere pronti per un’annata da semi-protagonisti ad Est, anche se l’incognita principale resta in panchina: dopo 3 anni nello staff, McMillan è chiamato a raccogliere il testimone di un Frank Vogel che tanto bene aveva fatto ai Pacers, portandoli per due anni consecutivi alle finali di Conference. Il tutto valutando l’adattamento di Teague, Young e degli altri giocatori che, per forza di cose, dovranno ancora arrivare. Con i Cavs parlare di contender ad Est è impossibile, ma l’impressione è che i Pacers, con qualche innesto mirato, possano ambire alle prime 4 posizioni della Eastern Conference.