Dura la vita nella Western Conference. Non è certo una novità, ma se trovarsi a competere con Spurs, Thunder, Warriors e compagnia cantante non è facile per nessuno, diventa un’impresa quasi impossibile per chi da anni combatte in solitaria contro il sistema, nel tentativo di ribellarsi alla più opprimente legge che la pallacanestro moderna conosca: lo Small Ball. Pur lottando con le unghie e con i denti contro il regime, da troppo tempo ormai i Grizzlies sono intrappolati in quel limbo infernale che risponde al nome di Secondo (all’occorrenza anche Primo) Turno dei Playoff, che ospita quelle povere compagini da sempre in bilico tra il successo e la Lottery. Come se non bastasse, Gasol e Randolph, emeriti professori della scuola del post basso, sono ormai prossimi al pensionamento, e anche l’alunno più diligente sembra essere attratto dalle borse di studio di istituti più in voga.
La stagione
Jordan Farmar, Xavier Munford, JaMychal Green, Jarell Martin, Briante Weber. Questi sono solo alcuni dei 28 (avete capito bene, ventotto) giocatori messi sotto contratto dai Grizzlies. Tutta colpa della Dea Bendata, che per un’intera stagione non ha avuto pietà dei poveri Grizzlies, la cui infermeria si è affollata a tal punto da ospitare più giocatori di quelli arruolabili da coach Joerger. Si sa, la sfortuna non guarda in faccia a nessuno. Poco importa se ti chiami Mario Chalmers, Mike Conley o Marc Gasol, che tu sia un comprimario o una delle stelle della squadra devi comunque sottostare alla dura legge degli infortuni. Nonostante i cerotti, i combattivi orsi del Tennessee riescono a strappare un insperato accesso ai Playoff, ma ad attenderli c’è un durissimo Primo Turno contro i San Antonio Spurs, non esattamente la squadra cuscinetto della Conference. La più che raffazzonata compagine di coach Joerger, imbottita di onesti mestieranti che in condizioni normali avrebbero avuto l’opportunità di assistere dal vivo ad una gara di Playoff solo pagando il biglietto, non può che soccombere allo strapotere fisico e tecnico degli Speroni, dando però grande prova di tenacia e spirito di sacrificio. Il proprietario della franchigia, tale Robert Pera, non sembra però essere un gran romanticone: le lacrime di coach Joerger non sono riuscite a smuoverlo dalla decisione di esonerare il coach (che attualmente ha il compito di riportare un po’ d’ordine nella polveriera del Reame di Sacramento), presto sostituito da David Fizdale, ex assistente degli Heat, dove ha avuto modo di apprendere la segreta ricetta del Larry O’Brien Trophy. Certo, in questi casi avere LeBron in squadra aiuta, tuttavia il front office e i tifosi si augurano che il nuovo coach sia in grado di dar vita ad un nuovo ciclo, che possibilmente comprenda anche Mike Conley.
Il mercato
Il prodotto di Ohio State è il principale punto interrogativo dell’offseason dei Grizzlies. La dirigenza farebbe carte false per confermarlo, ma il playmaker potrebbe essere stuzzicato dalle offerte provenienti da location più allettanti e ingioiellate di Memphis. Spurs e Mavs hanno messo Conley in cima alla lista dei desideri, ma la dirigenza dei Grizzlies ha ben due assi nella manica. Il primo riguarda l’aspetto meramente economico: i Grizzlies hanno tutta l’intenzione di mettere sul piatto ben 124 milioni di dollari (a fronte dei “miseri” 92 milioni che la concorrenza potrebbe offrirgli) pur di convincere la loro stella , che potrebbe tornare sui suoi passi al pensiero del mare di dollari che lo attende in quel di Memphis. Il secondo… beh, forse definirlo “asso nella manica” è un tantino eccessivo, tuttavia il front office ha deciso di puntare dritto al cuore tenero di Conley, realizzando un videoclip con il contributo di Justin Timberlake, nativo di Memphis e socio di minoranza della franchigia: parole al miele miste ad elogi sperticati potrebbero essere una freccia in più nella faretra dei Grizzlies, anche se i precedenti non sono favorevoli. In attesa di novità sul fronte Conley, i Grizzlies si sono assicurati le prestazioni di Tony Wroten, prima vittima dell’arrivo di Rose a New York, che però nei piani del front office rappresenterebbe soltanto il backup dell’ambito Mike, non certo il suo sostituto. Al di là del caso Conley, il principale obiettivo della dirigenza è quello di aggiungere al roster un tiratore puro, in grado di risollevare le sorti offensive dei Grizzlies in caso di serata no di Gasol e compagni. Lance Stephenson (quello ammirato a Indianapolis, non certo quello di Los Angeles) potrebbe rappresentare una valida soluzione interna, ma per il momento la dirigenza ha deciso di non esercitare la team option prevista dal suo contratto: la riconferma di Conley è la priorità in casa Grizzlies e solo dopo aver definito la sua situazione si penserà al rinnovo di Born Ready. Il prodotto di Cincinnati potrebbe anche rimanere in Tennessee, ma bisognerà vedere se le sue pretese economiche coincideranno con le volontà della dirigenza. In caso di fumata nera bisognerà necessariamente intervenire sul mercato: Vince Carter, fresco vincitore del “Teammate of the Year Award“, ha dimostrato di poter ancora offrire un ottimo contributo e verrà riconfermato, ma le sue imminenti 40 primavere spingeranno il front office a reclutare un’ altra ala piccola di spessore. Lo spazio salariale ci sarebbe anche, soprattutto alla luce della possibile partenza di Conley, ma bisognerà anche considerare la concorrenza: Harrison Barnes sarebbe l’ideale, ma l’ala degli Warriors sembra molto tentato da un’esperienza (e da un contratto al massimo salariale) a Philadelphia, anche se ascolterà tutte le offerte che arriveranno in California. Zach Randolph, icona del Grit ‘n Grind, negli ultimi Playoff si è dovuto arrendere al peso degli anni e delle troppe responsabilità; il grande carisma e il fornitissimo arsenale offensivo dovrebbero garantirgli la riconferma, ma in caso di offerte irrinunciabili potrebbe essere sacrificato per ringiovanire la squadra. Proprio per sopperire all’elevata età media della coppia Randolph-Gasol, la dirigenza cercherà di aggiungere un terzo lungo in grado di far rifiatare i due “vecchietti” terribili: Festus Ezeli potrebbe fare al caso dei Grizzlies, ma la fila alla porta del lungo degli Warriors sembrerebbe essere molto lunga. Per quanto riguarda le numerose comparse che hanno affollato la panchina di Memphis negli ultimi mesi, sono pochi ad avere qualche chance di riconferma: la maggior parte di essi verrà messa alla porta, nella speranza che con loro se ne vada anche il ricordo dell’ultima sfortunatissima stagione.
Il Draft
Le poche note liete della stagione arrivano dal Draft: con la diciassettesima scelta il GM Chris Wallace porta a casa Wade Baldwin, guardia in uscita da Vanderbilt, in grado di abbinare una discreta fase difensiva ad una faretra offensiva di tutto rispetto. Il ragazzo dovrà cercare di rimanere concentrato per tutti i 48 minuti per poter competere con gli esterni del piano di sopra (attualmente sono troppe le pause mentali che Baldwin concede a sé stesso), ma potrebbe rappresentare una valida opzione in uscita dalla panchina, con la possibilità di crescere sotto l’ala protettrice di un playmaker come Conley (sempre che il videoclip abbia il suo effetto). I colpi in casa Grizzlies non si fermano qui: in cambio della prima scelta del 2019 precedentemente rilevata dai Clippers, lo scaltro Chris Wallace ottiene le scelte 31 e 35 da Boston, spese per arruolare rispettivamente Deyonta Davis e Rade Zagorac. Per il primo gli esperti prevedevano una chiamata in Lottery, ma essendo scivolato al secondo giro rappresentava il classico can’t-miss prospect per il front office dei Grizzlies. Ottimo difensore e rim protector, anche lui potrà crescere con calma all’ombra di due totem del calibro di Randolph e Gasol, che condivideranno con il ragazzo la loro sterminata esperienza sotto le plance. Zagorac invece dovrà probabilmente attendere qualche anno prima di sbarcare nel basket dei grandi, ma il suo notevole potenziale offensivo potrebbe in futuro tornare molto utile ai Grizzlies, la cui principale lacuna consiste come già detto nell’assenza di un esterno con punti nelle mani. Per certi versi simile la situazione di Wang Zhelin, centro cinese scelto con la chiamata numero 57, che attualmente non convince del tutto e difficilmente potrà giocarsi le sue chance in squadra: il ragazzo è ancora troppo acerbo per competere negli States, ma la dirigenza lo terrà comunque d’occhio, monitorando la sua crescita in vista di un futuro approdo in America.
Il futuro
La conferma di Conley rappresenterebbe un ottimo punto di partenza per la prossima stagione. Seppur con un anno in più sulle spalle, i veterani di Memphis dovrebbero raggiungere senza troppe difficoltà i Playoff; tuttavia, attualmente nella sola Western Conference ci sono almeno tre franchigie che sembrano essere un gradino sopra ai Grizzlies, che molto probabilmente soccomberanno ad una delle superpotenze occidentali, ma non prima di aver venduto carissima la pelle. Il Larry O’Brien Trophy potrebbe concretizzarsi solo nel caso in cui in Tennessee sbarcasse un esterno di assoluto valore, ma molto più probabilmente i pezzi pregiati della free agency si dirigeranno altrove. Se invece Conley dovesse cedere alle lusinghe degli Spurs, ad oggi i più vicini al playmaker, e gli infortuni continuassero a bussare alla porta dei Grizzlies, ecco che l’abituale posto ai Playoff potrebbe essere occupato da altri: a quel punto, con un roster dal fisico ormai provato, l’unica strada percorribile per la rinascita sarebbe quella che passa per un lungo processo di rebuilding.
Considerando la presenza quasi totemica di Gasol e Randolph in squadra, difficilmente assisteremo ad un radicale cambio di tendenze in quel di Memphis. Difesa asfissiante e gioco in post, è questo il rodato diktat degli orsi del Tennessee. Solo il tempo ci dirà se la vecchia scuola riuscirà ad avere la meglio sui giovani e scattanti rivali, ma in vista della riapertura della stagione della caccia una cosa è certa: i vecchi orsi sono stufi di essere la preda, per una volta vogliono provare ad impugnare il fucile.
A cura di Federico Ameli
Memphis Grizzlies