Da quando Dwight Howard ha abbandonato la franchigia nell’ormai lontano 2012 gli Orlando Magic non hanno navigato in buonissime acque. Nonostante qualche nota lieta e i movimenti oculati, la risalita è difficile e lenta e si stenta a trovare la luce in fondo al tunnel. Con la free agency più ricca della storia NBA ormai prossima, però, i Magic hanno la grande possibilità di rilanciarsi dopo anni mediocri e di tornare a frequentare i piani alti della lega, ma dovranno muoversi con grande cautela.
Il Draft
Innegabilmente la franchigia della Florida ha recitato la parte del leone a Brooklyn, ma non per i motivi che ci si aspetterebbero in una Draft night. I Magic detenevano infatti la scelta #11, troppo poco forse per le ambizioni della franchigia, che ha deciso di voler volare alto. E così, dopo aver selezionato proprio con quella chiamata il giovane Domantas Sabonis (figlio della leggenda Arvydas) la dirigenza di Orlando è andata a parlare con Sam Priesti, il GM degli Oklahoma City Thunder. Nelle mire di Rob Hennigan c’era Serge Ibaka, grande scontento di OKC, “prigioniero” di un contratto dorato, e già intenzionato a sondare la free agency alla scadenza del contratto stesso. È nata così la trade che ha portato Air Congo alla corte di Frank Vogel (appena assunto come haed coach dei floridiani) in cambio di Victor Oladipo, Ersan Ilyasova e Domatas Sabonis appunto. Quasi completamente sazi i Magic hanno poi assistito alle altre scelte, prima che giungesse di nuovo il loro turno, alla #41, pick con la quale si sono portati a casa Stephen Zimmerman di UNLV, centro 19enne da 10.3 pts e 8.8 rbd a partita. Decisamente un buon biglietto da visita, che può valergli l’opportunità di calcare i campi NBA, soprattutto in una squadra giovane e futuribile come Orlando.
La stagione
Di certo nessuno si aspettava particolari acuti dai Magic in questa stagione, nonostante l’innesto estivo della promessa europea Mario Hezonja – scelto alla #5 del Draft 2015 – e la squadra della Florida ci ha tenuto a rispettare le attese. Tuttavia c’è stata anche qualche nota lieta, come la buona condizione messa in luce dagli uomini simbolo della franchigia, in particolar modo Nikola Vucevic e Victor Oladipo, e la crescita costante, che continua fin dal suo arrivo in Florida, di Evan Fournier (quest’anno 15.4 di media per lui, a fronte dei 12 della scorsa stagione e dei 7.4 dei due anni a Denver). Ma purtroppo la squadra di Scott Skiles non ha fatto che collezionare sconfitte, e così sulla trade deadline l’establishment si è risolto per uno scambio: Tobias Harris è stato mandato a Detroit in cambio di Ersan Ilyasova e Brandon Jennings. Uno scambio nel quale la squadra ha forse guadagnato sulla carta, ma che non è riuscito ad incidere sull’andamento della stagione, con i nuovi arrivati che hanno inciso poco (8 pts per il turco in 20 minuti di media, 7 per Jennings, in 18). Ma in questo modo Skiles ha potuto ritagliare spazio e minuti per Aaron Gordon (che aveva fatto buonissima mostra di sé con le sue schiacciate aliene nello Slam Dunk Contest), e dedicarsi alla crescita del suo giovane gruppo di talenti, un gruppo che comprende ragazzi molto promettenti come Elfrid Payton. Alla fine dell’anno il record di squadra recitava 35-47, troppo poco per nutrire qualsiasi ambizione di successo, troppo per sperare in una buona pesca al Draft. La dirigenza non si è potuta quindi dire soddisfatta dell’andamento della stagione, e ciò è costato il posto a Skiles, che, dopo solo una stagione, ha dovuto disfare l’armadietto, lasciando il posto a Frank Vogel, appena licenziato dagli Indiana Pacers.
Il mercato
Come detto poco più sopra il mercato degli Orlando Magic è partito con il botto, con la squadra coinvolta nella trade più importante della notte del Draft. Certo però l’arrivo di Ibaka non risolve tutti i problemi dei floridiani, anzi semmai ne apre qualcuno nuovo. Con Vucevic che ha un posto da titolare assicurato, l’ex OKC andrà ad occupare lo spazio di ala forte nel quale prima agiva Gordon. Bisognerà quindi cercare di capire quale sarà la posizione dello #00 di Orlando nel nuovo starting five e se effettivamente ne farà parte, mentre la partenza di Oladipo ha spianato la strada del quintetto titolare (magari anche nella posizione di ala piccola) a Mario Hezonja, che dopo una stagione di rodaggio dovrebbe aver ormai preso confidenza con la NBA ed essere pronto a incantare i parquet nordamericani come ha fatto con quelli del Vecchio Continente. È sul fronte rinnovi che Orlando dovrà muoversi. Giungono a scadenza infatti il contratto (piuttosto oneroso) di Jennings, e quelli di Jason Smith, Andrew Nichols ed Evan Fournier. Mentre è facile immaginare che per i primi tre Orlando non farà pazzie, è da valutare la situazione del francese, che è molto versatile ed è un buon tiratore dalla distanza (40% da tre nella scorsa stagione), una qualità nella quale Orlando, numeri alla mano, appare alquanto deficitaria. Probabile quindi una riconferma per lui, anche alle cifre importanti consentite dal nuovo Salary Cap. Di certo però la trade con OKC è il forte segnale di una inversione di marcia nella città di Disneyworld, evidentemente non più disposta a subordinare la sua rinascita alle aleatorie promesse del Draft (in effetti i vari Oladipo, Payton o Gordon si sono rivelati buoni role players, ma non di certo delle superstar sulle quali ricostruire), ma pronta a fare di tutto per tornare competitiva a breve. Per questo non è difficile immaginare l’establishment dei Magic attivissimo sul mercato dei free agent, impegnato nel cercare di rinforzare tutte le aree necessarie (in primo luogo ingaggiando uno scorer con molti punti nelle mani) individuando però sempre con attenzione i nomi da aggiungere al roster. Servirà per questo consultare assiduamente coach Vogel, per capire i profili preferiti dall’allenatore e come possano interagire tra loro, ma soprattutto bisognerà assumere una nuova mentalità rispetto a quella degli ultimi anni: passare dalla psicologia della squadra cuscinetto a quella del team giovane dalle grandi ambizioni. E in questo senso l’acquisizione di Ibaka, che ha calcato grandi palcoscenici, e ne conosce la pressione, può essere doppiamente utile a Orlando. Sarà inoltre necessario puntellare la panchina, particolarmente nel ruolo di point-guard (dove C.J. Watson e Shabazz Napier non forniscono abbastanza garanzie come backup di Payton) e in quello di small-forward (nel quale, dalla partenza di Harris, Orlando è effettivamente manchevole). Saranno quindi probabili altre trade dalle parti di Orlando, oltre, naturalmente, a ingenti incursioni sul mercato dei free agent, nel quale comunque, a meno di forti scossoni, la franchigia della Florida sembra essere meno attrezzata di altre per attirare i nomi “grossi“.
Il futuro
Nonostante i passi già fatti, il percorso per tornare alla grandezza è ancora molto lungo per gli Orlando Magic, e di certo non basterà l’arrivo di un nome importante come Ibaka a trasformare una squadra da 35 vittorie in una contender, ma la strada imboccata sembra essere quella giusta. Con le mosse corrette, e senza tentare di strafare, i Magic possono proseguire nel loro processo di crescita per tornare lentamente ai piani alti che hanno dovuto brutalmente lasciare quattro anni fa. Il progetto della squadra è buono, e pagherà i suoi dividendi, ma sarà necessario agire con molta attenzione e rinforzare solo le aree giuste, evitando di affastellare giocatori senza una logica, operando sul mercato in preda all’ansia. Molto del futuro di Orlando si giocherà quindi in questa offseason e nella prossima, ma la squadra sembra prepararsi al ritorno sulle scene in grande stile. C’è voluto un bel po’ di tempo, ma d’altronde si sa, crescere in fretta deve essere molto difficile quando abiti così vicino a Disneyworld.
A cura di Simone Simeoni
Orlando Magic