Nel momento in cui ha firmato per i Golden State Warriors, Kevin Durant era pienamente consapevole dell’enorme quantità di critiche che gli sarebbero piovute addosso. Non può certo renderti popolare la scelta di trasferirsi nella franchigia che ti ha appena eliminato dai playoff e che molti considerano, anche da prima del tuo arrivo, la miglior squadra NBA.
“Una volta presa la mia decisione sapevo che avrei deluso tante persone“, ha dichiarato l’MVP del 2014 a Bill Simmons durante un’intervista. “Ho dovuto sopportare molte critiche. Mi è dispiaciuto che siano provenute anche da persone con cui ho passato tanto tempo“.
Quando è diventato free agent, Kevin Durant ha potuto prendere in mano il proprio destino e ha scelto di mettere il suo talento al servizio della franchigia che gli garantiva le maggiori probabilità di conquistare il titolo. È una decisione che probabilmente avrebbero presto in tanti, anche se non lo ammetteranno mai. Ed è proprio questo punto ad infastidire l’ex Thunder:
“Mi chiamano debole, ma io non lo sono, anzi. Ci sono state un sacco di volte in cui avrei potuto mollare tutto. In cui ho perso e avrei potuto lasciarmi andare. Tante volte in cui il quartiere in cui sono cresciuto mi avrebbe potuto buttare giù. Ma io ho continuato e continuo a crederci. Come posso essere considerato debole se sono uno dei giocatori migliori della lega che ha semplicemente scelto di cambiare squadra? Un sacco di persone cercano di distruggerti quando li fai sentire a disagio o quando prendi una decisione che li fa sentire a disagio. O che li fa arrabbiare“.
Sarebbe stato comprensibile se le critiche e le prese in giro avessero ferito Durant. Fortunatamente, il quattro volte miglior marcatore dell’anno è riuscito invece a interpretarle nel modo giusto, senza prenderla sul personale:
“A nessuno interessa cosa voglio io come individuo,” ha concluso KD. “Pensano solo a quello che faccio sul parquet. A nessuno frega qualcosa se mi piace pescare il martedì o fare qualche foto. A nessuno interessa finché riuscirò a buttare la palla dentro il canestro. Quindi perché dovrebbe interessarmi cosa pensano di me se non gli interesso io come persona?“
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