Sfumati ben presto gli obiettivi dichiarati della torrida estate texana, quei Mike Conley e Hassan Whiteside che hanno preferito restare rispettivamente a Memphis e Miami in cambio di un cospicuo bonifico mensile, la dirigenza dei Mavericks non si è lasciata cogliere impreparata: i 10 milioni con cui Dallas si è assicurata le prestazioni del confermato Deron Williams, considerate le cifre astronomiche della scorsa free agency, permettono ai Mavericks di affidarsi ad un playmaker esperto, affidabile e non particolarmente esoso, anche se lontano dai fasti di qualche anno fa, mentre sotto le plance Nowitzki potrà contare su un compagno d’armi di primo livello.
Dalla baia di San Francisco al Texas, Andrew Bogut avrà infatti il compito di garantire solidità difensiva e presenza a rimbalzo, ma non sono pochi i dubbi che aleggiano sulla sua tenuta fisica, soprattutto alla luce della scarsa profondità del reparto lunghi: David Lee, JaVale McGeee il quasi-All-Star Zaza Pachulia hanno preferito accasarsi in franchigie più quotate per la corsa al titolo, lasciando un vuoto che difficilmente potrà essere colmato senza rimpianti dal neoacquisto Quincy Acy e dagli altri lunghi del roster.
A fare compagnia all’australiano sul volo per Dallas c’era anche Harrison Barnes, fiore all’occhiello del mercato dei Mavericks: vittima illustre del controverso trasferimento di KD, starà al fresco campione olimpico dimostrare di valere i 94 milioni di dollari che Mark Cuban verserà nelle sue tasche nei prossimi quattro anni in una lineup sicuramente meno mortifera di quella di Golden State.
Il vertiginoso incremento del salary cap ha fatto sì che anche Wunderdirk facesse valere le sue più che valide argomentazioni: dopo essersi ridotto lo stipendio in vista dell’arrivo di Chandler Parsons, trasferitosi a Memphis da qualche mese, il biennale da 50 milioni di dollari firmato in estate rappresenta il contratto più remunerativo firmato dal tedesco. Allo stato attuale un investimento del genere su un pur talentuoso trentottenne potrebbe sembrare quantomeno azzardato, ma il rapporto tra il vulcanico Cuban e la sua stella va ben oltre le mere questioni anagrafiche e l’accordo va letto alla luce della stima reciproca instauratasi tra le parti in diciotto anni di amare delusioni e indimenticabili successi.
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La sfortunatissima trade imbastita per portare Rajon Rondo in Texas ha privato i Mavericks di scelte al primo giro nello scorso Draft. L’unico prospetto giunto alla corte di coach Carlisle è l’irrequieto A. J. Hammons, lungo dal carattere difficile e dalla non irreprensibile etica del lavoro, che si giocherà il posto di centro di riserva con il tunisino Mejri o verrà spedito a farsi le ossa in D-League, stesso percorso che a meno di sorprese verrà seguito anche dagli altri ragazzi più o meno promettenti firmati da Dallas in estate.
Da Sacramento è arrivato anche il figlio di Dell Curry, che con la canotta numero 30 è pronto a far rifiatare Williams in cambio di sei milioni in due anni. Sfortunatamente per i tifosi dei Mavericks non stiamo parlando del ben più quotato Steph, ma di suo fratello Seth, nel quale la dirigenza texana ripone più di una speranza per il futuro. Buon sangue solitamente non mente. Staremo a vedere.
IN: Quincy Acy, Harrison Barnes, Andrew Bogut, Nicolás Brussino, Kyle Collinsworth, Seth Curry, Dorian Finney-Smith, Jonathan Gibson, A. J. Hammons, Jameel Warney.
OUT: Jeremy Evans, Raymond Felton, David Lee, JaVale McGee, Zaza Pachulia, Chandler Parsons, Charlie Villanueva.