L’allenatore dei Rockets per la stagione 2016 – 2017 non ha bisogno di grandi presentazioni. Dopo la breve parentesi (fondamentalmente imposta dalla Lega per tentare di evitare l’effetto “squadra cuscinetto”) come vice dei Philadelphia 76ers, coach Mike D’Antoni torna ad essere capo allenatore e uno dei punti cardine di una franchigia NBA dopo due anni.
L’impatto è stato evidente sin da subito (come evidenziato dalle operazioni di mercato condotte dal GM Daryl Morey): impossibile non pensare che tra le ragioni che hanno condotto Dwight Howard fuori da Houston non ci sia proprio lo zampino di coach Mike (come riportato da alcune fonti in tempi non sospetti), complici sia il non ottimale rapporto tra i due sia la volontà dantoniana di puntare su soluzioni più atletiche e mobili rispetto all’odierno DH12.
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Chiamato a ricostruire dopo l’anno di transizione sotto la guida di Coach Bickerstaff, sarà interessante capire come D’Antoni tenterà di applicare la sua filosofia di gioco basata su velocità, ritmi elevati e un pick’n’roll portato da giocatori sia fisici che tecnici.
Il roster come visto presenta tanti giocatori offensivi, perimetrali e con ottime percentuali dall’arco, tra i quali ovviamente spicca James Harden. E se c’è una cosa che la Linsanity ci ha insegnato dai tempi di D’Antoni a New York, è che coach Mike è senza dubbio tra i primi 5 allenatori della lega in grado di tirare fuori il meglio dai giocatori per quanto riguarda il rispettivo arsenale offensivo.
Ma è anche un roster privo di un eccellente passatore, uno che faccia da collante e che coordini l’attacco dei Rockets; i lunghi atletici e con buona tecnica, caratteristica ritenuta fondamentale in questa nuova era della pallacanestro americana non sono pervenuti o devono maturare definitivamente (su tutti Capela o Hazrell); infine, quasi ironicamente, non ci sono difensori eccelsi in grado di bilanciare il portentoso potenziale d’attacco, se si esclude i soliti noti Beverley e Ariza.
Sarà dunque stimolante vedere come D’Antoni risolverà questi problemi (difficile vedere Harden sia principale terminale offensivo che playmaker), in primis la questione difesa in un basket che si preannuncia come votato principalmente all’attacco e che quantomeno farà molto divertire.