Q: Carlo Corini, lettore di NbaReligion:
I Bulls nelle prime due gare sono stati la miglior squadra nel tiro da 3 e in generale hanno dimostrato di non avere “paura” di prendere tiri dalla lunga distanza nonostante il roster consigliasse il contrario. È un caso o una scelta? Funzionerà?
A: Prima di tutto un po’ di contesto. I Chicago Bulls entrano in questa stagione dopo una anno tutt’altro che entusiasmante chiuso al nono posto (con conseguente eliminazione dai playoff), dopo allarmanti sintomi di rigetto del nuovo progetto tecnico di Fred Hoiberg, il nuovo allenatore.
Durante l’estate hanno lasciato la Windy City due pilastri del recente passato come Derrick Rose e Noah, sostituiti da Rajon Rondo e Dwyane Wade, figliol prodigo chicagoano di ritorno dopo una carriera a farci felici gli abitanti di South Beach. Nonostante siano due nomi altisonati si tratta di una scelta che non sembra sposarsi perfettamente coi princìpi tecnico-tattici dell’allenatore, incentrati sul concetto di Pace & Space, tanto importante nel basket moderno e motivo principale per il quale la dirigenza Bulls ha deciso di puntare sull’ex allenatore di Iowa State dopo cinque anni di attacchi a metà campo a ritmi bassi con coach Thibodeau.
Sia Rondo che Wade però non arrivano al 30% in carriera da oltre l’arco, e sommati al 33% scarso di Jimmy Butler ― la stella della squadra ― ne viene un fuori un back-court con spaziature claustrofobiche. Non solo: nel reparto esterni gli starters sono Gibson e Robin Lopez (range di tiro non superiore ai 4 metri) e poco prima dell’inizio della regular season i Bulls si sono mossi anche per Micheal Carter-Williams (25.6% da tre in carriera), in uno scambio dal sapore agrodolce con i Bucks, e nella costruzione definitiva di uno dei troll sportivi più clamorosi di sempre.
Bene, adesso che abbiamo chiarito il contesto passiamo alle risposte.
Dopo due partite (la tendenza si è in parte mantenuta anche nella terza gara, ndr) i Bulls sono stati la squadra che ha tirato meglio da tre punti e il 20/46 complessivo è un bel calcio al secchio del latte dei malpensanti. Ma è necessario aggiungere che il 43.5% da oltre l’arco attuale è anche frutto di molti altri fattori.
Nella prima partita contro i Celtics il quartetto Rondo-Carter-Williams-Wade-Butler ha messo a segno 10 triple sulle 15 tentate. Un dato straordinario, ma figlio della difesa di Boston che ha preferito chiudere l’area scommettendo sulle capacità balistiche degli avversari. I Bulls sono stati bravi a punire questa scelta in maniera sistematica, ma è probabile che se ripetuta su un arco temporale maggiore questo tipo di scelta difensiva potrebbe portare a ben altri risultati.
L’attacco dei Bulls non produce niente per quindici secondi, mette la palla nelle mani di Wade che viene sfidato apertamente al tiro. Wade realizza, da fermo, dando ragione ai Bulls, ma sul medio-lungo periodo questo è un attacco deleterio per Chicago. Wade che tra l’altro ha segnato triple ancora più difficili e disfunzionali, tipo questa o quella per vincere la partita.
Nella seconda partita contro i Pacers lo stesso quartetto ha chiuso con 0/5 da tre punti, il che conferma quanto detto poco sopra ma finisce con l’essere comunque poco rilevante visto che Chicago ha chiuso la partita in un quarto e mezzo complice anche una organizzazione tattico-difensiva a dir poco confusionaria di Indiana. Ad aggiustare le percentuali ci hanno pensato il 6/7 di McDermott ed il 3/6 di Canaan, che sono buoni tiratori e dei quali Chicago avrà gran bisogno nel corso della stagione.
I Bulls inoltre stanno tirando benissimo da tre punti nonostante la pessima mira di Mirotic (2/10 combinato), il che tende a rendere la situazione una singolarity da studi sulla teoria quantistica.
Nel dare a Cesare quel che è di Cesare bisogna anche sottolineare che in queste prime due uscite i Bulls hanno fatto vedere anche buone cose. In alcuni momenti la palla ha trovato energia in attacco e le il tenere buone percentuali al tiro ha permesso a Chicago di poter attaccare un’area meno intasata. Soprattutto si sono intravisti i princìpi caratteristici della filosofia di Hoiberg, atti a esplorare le migliori soluzioni offensive; tipo rinunciare ad un buon tiro per prendere uno migliore (from good to great), o muovere la difesa con tagli e spaziature giuste, o eseguire bene uno schema con semplicità e pulizia.
Giusto sottolineare l’imbarazzante difesa di Indiana, ma l’esecuzione di questo schema dei Bulls (che nel gergo si chiama Hammer) è notevole tanto quanto la pulizia stilistica del tiro di Doug McDermott.
Difficilmente i Bulls potranno tenere queste cifre nel corso della stagione e non appena la mano dei Wade o dei Butler di turno tornerà a raffreddarsi è probabile che Chicago vada in contro a problemi offensivi difficili da risolvere. C’è di certo però che due vittorie nelle prime due partita (è arrivata anche la terza su 3, ndr) danno morale e aiuteranno un progetto ancora giovane e fragile a trovare più stabilità, cosa di cui i Bulls hanno forse più bisogno di tutto in questo momento.