Gli americani, si sa, non vanno molto d’accordo con le altre lingue, specialmente quando si tratta di pronunciare nomi e cognomi non anglofoni e quindi al di fuori della loro linguistica. Un esempio eclatante è quando giocano i nostri connazionali italiani, i telecronisti d’oltreoceano si inventano pronunce fantasiose a ogni partita: dal “Danilou Galinauri” con 5 o 6 r al “Gigi Datomi” con i finale.
Ma questi sono ancora dei problemi superabili per i nostri colleghi, purtroppo per loro nel 2013 è entrato nella lega un giocatore dal talento cristallino con un’apertura alare di un Boeing 747, ma con un cognome altrettanto lungo, Giannis Antetokounmpo. Un cognome che fa provincia come si direbbe in Italia. Negli States si è cercato fin da subito di trovare un nickname, amato tantissimo dagli americani, ma con scarso successo. È così iniziato il valzer degli strafalcioni televisivi, nessuno tutt’ora riesce a pronunciare correttamente il cognome del dio greco, forse lo speaker del BMO Harris Bradley Center, casa dei Milwaukee Bucks. Nella lista degli strafalcioni sono entrati di diritto anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama con il suo “ah-deh-toh-KOON-boh” e Stacey King commentatore storico della CSN di Chicago.
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A metterci una pietra sopra ci ha pensato Jason Kidd, coach dei Milwaukee Bucks, il quale ha risposto a una domanda riguardante il mancato interessamento da parte dei media, nei confronti di Antetokounmpo, nonostante le impressionanti cifre che sta ottenendo giocando da PG:
Ha un cognome troppo difficile da pronunciare, ecco il motivo per cui non ha seguito nella lega
L’ormai point guard dei Bucks ha una media di 22 punti, 8.3 rimbalzi, 6 assist, 1.9 palle rubate e 2.1 stoppate a partita. Grazie a queste cifre è stato accostato ai grandi del passato: Magic, Bird e Pippen.