Tra il 14 maggio e il 13 giugno 2016, in quel di Englewood, quartiere periferico di Chicago, sono stati commessi 324 reati, di cui 96 crimini violenti e 7 omicidi. Non sorprende, quindi, che Englewood sia considerato uno dei quartieri più pericolosi di tutti gli Stati Uniti e che una grossa fetta dei suoi abitanti più giovani finisca puntualmente nelle grinfie della criminalità organizzata. Nonostante la situazione non sia delle più rosee, gli adolescenti del luogo frequentano assiduamente Murray Park, il campetto di quartiere, ad una cinquantina di metri dal quale sorge una casa su South Paulina Avenue. Se doveste trovarvi da quelle parti (non ve lo auguro), provate a chiedere ad uno dei ragazzi del campetto chi abitava in quella casa. Fidatevi, vi risponderà in un batter d’occhio:
Derrick Rose
Ebbene sì, il 4 ottobre 1988, ad Englewood, nacque il più piccolo dei quattro fratelli Rose. Soprannominato Pooh dalla nonna, Derrick passò tutta l’infanzia e l’adolescenza tra le pericolose strade di Englewood. “Ha vissuto in quartiere tosto, ma i suoi fratelli gli hanno sempre guardato le spalle, proteggendolo e assicurandosi che tutto andasse per il meglio“. A pronunciare queste parole è stato Robert Smith, coach di Derrick al liceo e amico stretto della famiglia Rose, “Hanno esercitato una grossa influenza su di lui“. Aiutato dagli affetti più cari, il giovane Derrick riuscì a concentrarsi esclusivamente sulla pallacanestro, mettendosi abbondantemente in mostra già durante gli anni dell’high school, in cui trascinò per due volte la Simeon Career Academy al titolo statale vestendo la maglia numero 25 in onore di Ben Benji Wilson (di cui magari parleremo un’altra volta). In cinque anni Rose ottenne tutti i riconoscimenti immaginabili a livello individuale, tra cui l’Illinois Mr Basketball e l’inserimento nell’anno da senior nel McDonald Team All-America.
Come prevedibile, la corte dei college per accaparrarsi il talentuoso Poohdini fu serratissima. Tre programmi in particolare lo bramavano: University of Memphis, University of Illinois e Indiana University. Dopo settimane di profonda indecisione, alla fine Derrick optò per i Tigers di Memphis, affascinato dalla rassicurante presenza nello staff di Rod Strickland (veterano NBA con 17 anni alle spalle e, tra tante altre cose, padrino di Kyrie Irving) e dal carismatico coach John Calipari. Quest’ultimo, in un’intervista di qualche anno fa, spiegò quando è perché prese la decisione definitiva di reclutare Rose:
“Ero andato a vedere una partita di AAU nella quale la Simeon Academy perse. Dopo il match vidi Derrick piangere a bordo campo. Mentre i suoi compagni di squadra erano già pronti ad andare al McDonald più vicino, lui era lì, distrutto dalla sconfitta. Non è una questione di immaturità, ma di passione“.
Come detto, Rose portò il suo talento e la sua leadership all’Università di Memphis, dove, non potendo più vestire la canotta numero 25, ritirata qualche anno prima in onore di Penny Hardaway, passò al 23, numero iconico per eccellenza nella pallacanestro. Guidato dalla sapienza tattica di Calipari e abilmente supportato da Joey Dorsey e Chris Douglas Roberts, Rose trascinò i Tigers all’incredibile record di 26-0 prima di subire la prima, e inaspettata, sconfitta nel derby contro University of Tennessee Volunteers. La battuta d’arresto comunque non spostò in alcun modo gli equilibri della squadra visto che l’Università di Memphis concluse la stagione con 33 vittorie e 1 sconfitta, garantendosi l’accesso al Torneo NCAA come testa di serie n°1 della South Region. I Tigers spazzarono via senza problemi Texas Arlington, Mississipi State, Michigan State e i Texas Longhorn di D.J. Augustin qualificandosi alle Final Four, insieme a UCLA (in cui militavano Kevin Love e Russell Westbrook), North Carolina e Kansas. Per la prima volta dal 1979, anno in cui fu introdotto l’attuale sistema di qualificazione, tutte e quattro le teste di serie numero 1 erano arrivate in fondo al tabellone. Entrambe le semi-finali furono poco combattute. Da una parte Memphis sconfisse UCLA 78-63 e dall’altra Kansas eliminò North Carolina con un punteggio che non ammetteva repliche: 84-66.
Di conseguenza, il 9 aprile del 2008, all’Alamodome di San Antonio, scesero in campo i Tigers di Rose contro i Jayhawks di Mario Chalmers e Darrell Arthur. Il match fu tiratissimo per 38 minuti, fino a quando, con un break potenzialmente decisivo, Memphis si portò sul +9 con 2 minuti e 12 secondi sul cronometro. Mossa dalla disperazione, Kansas iniziò a fermare il gioco mandando continuamente in lunetta i Tigers…che non si rivelarono infallibili, anzi. Rose e compagni sbagliarono praticamente tutti i liberi e a 2 secondi dal termine del match, Chalmers infilò la tripla che consentì ai Jayhawks di agguantare l’overtime con un tiro che ancora oggi viene ricordato come Mario’s miracle. Nel supplementare, con tutta l’inerzia a favore, Kansas calpestò Memphis, conquistando il terzo titolo della sua storia. Nonostante la sconfitta in finale, Rose aveva mostrato a tutti ciò di cui era capace e si rese quindi eleggibile per il Draft del 2008.
La stagione NBA 2007/2008 si era conclusa con la sconfitta alle Finals dei Lakers di Kobe Bryant contro gli acerrimi rivali dei Boston Celtics, capeggiati dai Big Three più Rondo. D’altra parte, così come in altre puntate di questa rubrica, anche questa volta ci interessano di più le parti meno nobili della classifica piuttosto che quelle alte. Nell’immagine qui sotto vediamo le 14 peggiori squadre della lega al termine della stagione 2007/2008, con le relative probabilità di successo nella Lottery.
Come potete notare, i Bulls conclusero l’annata con un record negativo, ma non così pessimo, di 33-49. Di conseguenza le probabilità di Chicago di vincere la first pick erano piuttosto sottili: 1,7%. Insomma, ben otto franchigie avevano chance migliori dei Bulls di sbancare la Lottery. E invece il destino, per ragioni a noi imperscrutabili, decise di premiare proprio Wind City, regalandole la Prima Scelta Assoluta. Un upset di questa portata fu il secondo più grande della storia della lottery, dietro solamente agli Orlando Magic del 1993, che vinsero la first pick (e quindi Shaquille O’Neal) con un ancor più misero 1,5%. Oltre Derrick Rose, altri due prospetti universitari potevano ambire alla prima scelta: Michael Beasley e O.J. Mayo. D’altra parte la fortunosa estrazione di Chicago dissipò totalmente i dubbi su chi sarebbe salito per primo sul palco. Dopo la brevissima parentesi di Memphis, infatti, era impossibile che i Bulls non facessero tornare a casa il figliol prodigo. E fu così che il 26 giugno 2008, al Madison Square Garden, nessuno si sorprese quando David Stern fece il primo annuncio della serata:
With the first pick in the 2008 NBA Draft, the Chicago Bulls select Derrick Rose, from University of Memphis
Con la seconda scelta a disposizione Miami chiamo Michael Beasley, mentre Minnesota con la terza selezionò O.J. Mayo, prima di scambiarlo con Memphis in una trade che includeva anche la quinta scelta, che si concretizzò in Kevin Love. Riguardando quel Draft con il senno di poi, il più lungimirante (o forse solo fortunato) fu Sam Presti, GM dei Supersonics/Thunder che con la fourth pick stupì la platea chiamando un freshman di UCLA, tale Russell Westbrook.
L’impatto di Rose sulla Lega fu devastante: 81 incontri giocati con quasi 17 punti di media, playoff conquistati trascinando i Bulls alla settima piazza dell’Eastern Conference e soprattutto il riconoscimento di Rookie of The Year. Al suo esordio nella post-season, Poohdini siglò 36 punti al TD Garden, guidando i suoi Bulls alla vittoria in gara 1, all’overtime, contro i Celtics. Al termine di una serie molto combattuta, Boston si qualificò al secondo turno sconfiggendo Chicago in gara 7. La stagione 2008/2009 si rivelò positiva quanto la precedente. Rose fu convocato all’All Star Game e i Bulls si qualificarono nuovamente ai play-off, perdendo questa volta contro i Cavaliers di LeBron James.
https://www.youtube.com/watch?v=taHMS6xK3Wo
Derrick Rose esplose definitivamente nella stagione 2010/2011 con medie pazzesche: 25 punti, 7.7 assist e più di 4 rimbalzi in 81 partite. A livello di squadra i Bulls recepirono perfettamente i dettami di coach Thibodeau, concludendo l’annata con il miglior record dell’NBA: 62 vittorie e 20 sconfitte. Grazie a questa splendida cavalcata in regular season, Rose fu nominato MVP della Lega, il più giovane di sempre ad ottenere questo riconoscimento. In soli tre anni il nativo di Englewood aveva conquistato l’intera NBA. L’immensa fiducia di Rose e compagni non subì intoppi nei playoff, in cui i Bulls estromisero prima i Pacers in 5 incontri e poi gli Hawks in 6, qualificandosi per la prima volta dai tempi di Jordan alle Finali di Conference. Come l’anno precedente, anche in questa stagione il destino dei Bulls non trovò fortuna sempre per colpa dello stesso carnefice: LeBron James, questa volta in maglia Miami Heat.
L’off-season del 2011 fu caratterizzata dalla serrata e dal conseguente slittamento dell’inizio della stagione al 25 dicembre. Invece delle canoniche 82 partite, il calendario NBA organizzò solamente 66 incontri, di cui Derrick Rose fu in grado di giocarne appena 39 a causa di alcune problematiche fisiche. Lo scarso impiego di Rose non impedì comunque ai Bulls di raggiungere quota 50 vittorie e la prima posizione della Eastern Conference. Al primo turno l’accoppiamento si rivelò ampiamente alla loro portata: i Sixers di Iguodala. Gara 1 allo United Center, poco più di un minuto alla fine con i padroni di casa sopra di 12 lunghezze. Insomma, partita in cassaforte. Rose fa scorrere qualche secondo prima di tagliare in due la difesa di Philadelphia con una delle sue solite penetrazioni imprendibili…
E poi il patatrac. Derrick salta, riatterra male e si accascia a terra. La diagnosi è impietosa: rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Comprensibilmente i Bulls crollano e perdono quattro delle successive cinque gare contro i Sixers. Da questo momento in poi la carriera di Rose è un calvario. Salta completamente la stagione 2012/2013, per poi giocare solo 10 partite nel 2013/2014 a causa della rottura dell menisco del ginocchio destro. Nel 2014/2015, Rose ritrova un po’ di continuità e scende in campo per 51 volte in regular season e 12 nei playoff, dove i Bulls escono contro i Cavaliers del solito LeBron. Pur avendo giocato 66 partite nella scorsa stagione, è ormai chiaro che D-Rose non sarebbe più tornato quello della stagione da MVP. Per questa ragione il front office dei Bulls, nel corso dell’ultima off-season, ha imbastito una trade con i Knicks, spedendo Rose a New York, nella Grande Mela, infrangendo i sogni di milioni di persone che continuavano a sperare che il matrimonio tra Rose e Bulls si concludesse con un lieto fine.
Quante volte, infatti, i tifosi di Chicago, e non solo, si sono chiesti che cosa sarebbe successo se Rose non si fosse rotto il crociato in quella maledetta Gara 1 contro Philadelphia? Proviamo a scoprirlo attraverso i nostri Universi Alternativi.
What if n°1
Con la partita in cassaforte Thibodeau toglie D-Rose dal parquet a due minuti dalla fine. I Bulls si aggiudicano Gara 1 e si ripetono anche nei successivi tre match, spazzando via i Sixers con un sonoro 4-0. Al secondo turno Chicago affronta i Celtics. Considerando che nell’Universo Reale i Celtics hanno avuto bisogno di sette partite per disfarsi dei Sixers, è lecito pensare che contro una squadra molto più competitiva come quei Bulls, probabilmente sarebbero usciti. Nel nostro Universo Alternativo, quindi, i Bulls arrivano alle Finali di Conference contro gli Heat dopo aver sconfitto in sei incontri la franchigia del Massachusetts. Ricordiamo che i Bulls grazie al miglior record dell’Eastern Conference potevano contare sul fattore campo. Grazie all’esperienza accumulata negli anni precedenti, alla strepitosa condizione fisica e mentale di Rose e al supporto caloroso dei tifosi, Chicago mantiene inviolato lo United Center e si libera in sette entusiasmanti sfide dei Miami Heat. Dalla giungla della Western Conference escono vincitori gli Oklahoma City Thunder. È lo scontro tra i due nuovi astri nascenti dell’NBA: Derrick Rose e Kevin Durant. Complice nuovamente il fattore campo, Chicago riesce ad avere la meglio anche dei Thunder e si aggiudica il titolo NBA, per la prima volta senza Michael Jordan.
Durante il mercato estivo capitano un po’ di cose. Riley si accorge che i Big Three di Miami non sono sufficienti per vincere un titolo e decide di scambiare Bosh con Houston per poi firmare qualche settimana dopo Dwight Howard. Intanto Harden rinnova il contratto con i Thunder. Il trio Wade-LeBron-Howard incredibilmente funziona e James conquista finalmente il suo primo anello, in finale contro Oklahoma, al termine dei playoff 2013. L’anno successivo la rabbia accumulata dai Thunder è enorme e dopo due finali perse consecutivamente riescono a vincere il loro primo titolo. In tutto questo Duncan e Ginobili, non vedendo possibilità di vincere il titolo, decidono di ritirarsi e gli Spurs iniziano a ricostruire intorno a Kawhi Leonard. E i Bulls? I Bulls aspettano l’esplosione del talento di Jimmy Butler e nell’off-season 2014 impostano una trade con i Knicks attraverso la quale ottengono Carmelo Anthony. LeBron, intanto, torna a Cleveland. Il nuovo trio dei Bulls ci mette un po’ ad amalgamarsi e il titolo 2014/2015 viene conquistato dai Golden State Warriors in finale contro i Cavaliers. E nella passata stagione? La competitività è altissima: Durant-Harden-Westbrook, Rose-Melo-Butler, LeBron-Howard-Wade, Curry-Thompson-Barnes. Forse inaspettatamente, ma Melo compie il salto di qualità a livello mentale e aiutato dalle asfissianti marcature di Butler sulle stelle avversarie e dal solito contributo di Rose, conduce Chicago all’ottavo anello della sua storia, il primo della sua carriera.
What if n°2
Ritorniamo alla Lottery del 2008. La fortuna non gira dalle parti dell’Illinois e rispetta le probabilità, sancendo la vittoria degli Heat con il loro 25%. Al Draft Riley sceglie proprio Rose con la first pick, creando un duo da favola con Dwyane Wade. Abbiamo visto che l’impatto di Rose in NBA è stato immediato, perciò nell’off-season del 2010, al momento della famosa Decision, LeBron e Bosh decidono di trasferirsi in Florida. Si forma un quartetto da urlo: Rose (con un contratto da rookie), Wade, LeBron e Bosh. Gli Heat dominano nelle stagioni successive e si aggiudicano almeno due titoli prima del ritorno di LeBron in Ohio.
Tutte le ipotesi e le speculazioni fatte finora lasciano, come al solito, il tempo che trovano. L’unica cosa certa è che l’infortunio di Rose ci ha impedito di assistere all’ascesa e alla consacrazione di uno dei talenti più puri che l’NBA abbia mai visto. Speriamo che con la maglia dei New York Knicks Derrick riesca perlomeno a trovare continuità e serenità. In ogni caso, nonostante il cambio di maglia, siamo sicuri che i ragazzi di Englewood, quando giocano al Murray Park, continueranno a vestire la canotta numero 1 dei Chicago Bulls, la canotta del loro idolo: D-Rose.