Erik Spoelstra è uno degli allenatori sulla cresta dell’onda dell’ultimo periodo grazie alla stagione che stanno disputando i suoi Miami Heat. La maggior parte degli addetti ai lavori soltanto ora si sta rendendo conto delle doti di leadership e di sapienza tecnica dell’allenatore nativo di Evanston, Illinois, visto che nell’era dei Big Three era spesso considerato un burattino manovrato da Pat Riley e non gli venivano riconosciuti i meriti che aveva già acquisito sul campo con la conquista di tue titoli e di quattro NBA Finals consecutive raggiunte.
Nella prima stagione dal 2003 senza Dwyane Wade, gli Heat hanno messo insieme un roster con tante scommesse – vedi James Johnson e Dion Waiters – alcuni giovani interessanti (Tyler Johnson e Josh Richardson) attorno alla coppia Hassan Whiteside–Goran Dragic che garantiva un asse solido su cui rifondare. La partenza è stata disastrosa: 11 vinte e 30 perse dopo i primi mesi della stagione, poi è scattata la scintilla e la banda Spoelstra ha iniziato a ingranare, tanto da collezionare 20 successi nelle ultime 24 uscite.
Una cavalcata entusiasmante che ha riportato in maniera inaspettata gli Heat a ridosso della zona Playoffs della Eastern Conference, con l’ottavo posto ora distante soltanto mezza partita e occupato dai Chicago Bulls del grande ex Wade. Gran parte del merito va attribuito a Spoelstra che ha lavorato sodo dall’inizio del training camp e ha creduto sempre nelle proprie convinzioni anche quando i risultati non arrivavano, e ora sta avendo ragione.
Spoelstra è uno dei candidati più autorevoli al premio di Coach of the Year per questa stagione e incassa ora anche in maniera pubblica l’endorsement del suo mentore Riley che ha parlato così nell’intervista rilasciata a Shandel Richardson del Sun-Sentinel.
Erik merita il premio di Coach of the Year, per quello che sta facendo in questa stagione e per quello che ha fatto finora in carriera. Tutti pensano che sia stato facile per lui vincere due titoli coi Big Three ma non è così, alle spalle c’è stato un lavoro immenso e la maggior parte dietro le quinte senza che le luci dei riflettori lo evidenziassero. È sempre una grande sfida avere a che fare con squadre che devono vincere a tutti i costi, la pressione è tanta e gestire tante stelle nello spogliatoio non è per niente semplice: Erik ci è riuscito e ha dimostrato già allora il suo valore. Quest’anno non sta facendo altro che riaffermarlo ma non penso ci siano dubbi che sia uno dei migliori coach della Lega. La sua forza e la nostra forza della franchigia è che tutti quanti, da Micky Arison fino al magazziniere, pensano a voler costruire qualcosa per vincere, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7: la mentalità fa la differenza.