Riprendiamo in mano il Draft 2013. La prima scelta assoluta è Anthony Bennett, una delle peggiori della storia se non la peggiore. Scorrendo i nomi possiamo trovare alla #2 Victor Oladipo, alla #3 Otto Porter e poi Noel, Caldwell-Pope, Adams e perfino un aspirante All-star come C.J.McCollum, oggi partner in crime di Lillard a Portland. A un certo punto ci si imbatte poi in un nome che sembra uno scioglilingua, ma che nel corso di queste quattro stagioni abbiamo iniziato a conoscere, e non per la sua bizzarrìa. Milwuakee pesca alla #15 un ragazzino che gioca nell’A2 Ethniki, ovvero il secondo campionato greco, che in dicembre aveva firmato un contratto per il Zaragoza valido dalla stagione successiva. Inutile dire che in Spagna non ci metterà mai piede.
Il resto è storia conosciuta: quel cerbiatto finisce per diventare un cervo molto prima del tempo e viene messo in condizione, giorno dopo giorno, allenamento dopo allenamento, di poter crescere e mostrare le sconfinate qualità che madre natura gli ha donato. Giannis Antetokounmpo è un giocatore unico, anche all’interno della Lega più variegata e talentuosa del mondo. Il processo di crescita cominciato quell’ormai lontano 27 giugno 2013 ha ampiamente superato il punto critico e si è dimostrato decisamente fruttuoso per una franchigia che ha deciso di scegliere una scommessa tanto pericolosa quanto affascinante. Esiste ancora un margine di miglioramento per “The Greak Freek”? Quanto e cosa manca a Giannis Antetokounmpo per dominare il mondo?
Quella che sta per concludersi è nettamente la stagione migliore del classe 1994, in cui si sta consacrando come uno dei giocatori più forti della Lega. Il problema, se vogliamo definirlo così, è che ha ancora ampi margini di incrementare il proprio livello in alcuni aspetti del gioco (il ragazzo compirà 23 anni solo il prossimo 6 dicembre). La svolta è una felice intuizione di coach Kidd. Vedendosi sprovvisto di un playmaker vero e proprio e facendosi guidare dall’evoluzione del Gioco, l’ex stella dei Nets decide anche lui di distanziarsi dalla classica suddivisione dei ruoli e di mettere la palla in mano ad Antetokounmpo, di fatto il creatore di gioco della franchigia. L’esperimento delle ultime partite della scorsa stagione diventa normalità già da ottobre e Giannis ripaga la fiducia del coach. Mettere la palla in mano al greco maschera inoltre le mancanze mostrate da Giannis a livello di letture offensive quando gioca lontano dalla palla.
Come già detto, la corrente è la sua migliore stagione da quando è sbarcato in NBA: 23.2 punti, 8.7 rimbalzi, 5.3 assist, 1.7 rubate e 1.9 stoppate a partita, chiaramente un giocatore totale, su entrambi i lati del campo. Non a caso è il leader statistico della sua squadra in tutte queste categorie. Se pensate che è poi la prima stagione in cui si cimenta anche nel ruolo di playmaker, le quasi 3 palle perse a partita (2.9) vi sembreranno un dato eccellente. Tira con il 52% dal campo (migliore in carriera) nonostante i tanti tiri presi (15.9), più minuti trascorsi in campo (35.6 a partita, il sesto in tutta la lega per minuti totali) e con la Usage% maggiore di sempre (28.3). Il numero di vittorie di cui Antetokounmpo è “responsabile” è di 12.2, il quinto giocatore della Lega, ex aequo con Russel Westbrook. Semplicemente mostruoso.
Se ci fermassimo a questo livello di analisi potremmo affermare che sia arrivato ormai molto vicino al suo limite e, con il susseguirsi delle stagioni, l’esperienza accumulata e dei compagni migliori lo porterebbero mettere in condizione di competere per il titolo. Se la sua evoluzione si arrestasse in questo esatto momento avremmo uno tra i giocatori più forti ed incisivi della Lega. Ma Giannis Antetokounmpo non è uno qualsiasi: scavando sotto la superficie già scintillante di uomo trascinatore della sua squadra, sotto i 20 punti e passa di media, troviamo ancora potenzialità inespresse.
Il difetto più evidente è la qualità della sua meccanica di tiro e, di conseguenza, della capacità realizzativa del suo jump-shot. Non è un caso che l’85% dei suoi tiri vengano dall’interno dell’area, così come non è un caso che la percentuale realizzativa passi dal 63% nel pitturato ad un misero 34% dalla media. Per non parlare del tiro da 3 punti, che si trova intorno al 28% di realizzazione. La mancata capacità di allargare il suo raggio di tiro, costruendosi quanto meno un accettabile tiro dalla media, porta gli avversari a compiere scelte estreme in difesa che spesso pagano. Tira con il 33% da 3 con il difensore a più di 6 piedi di distanza, che le statistiche NBA considerano Wide Open. Bene ma non benissimo.
Questo punto debole influenza anche le scelte offensive personali, soprattutto quando la palla non è in suo possesso ed è obbligato a muoversi in relazione a ciò che succede in campo. Non è raro vedere il suo marcatore andare in aiuto di un compagno senza preoccuparsi di lasciargli tanto spazio, seppur ponendo molta attenzione a non concedergli una facile linea di penetrazione in caso di scarico. La continua crescita di Antetokounmpo lo ha portato a ricevere maggiori attenzioni e molti avversari preferiscono battezzarlo piuttosto che vederselo volare a canestro. Questo può incidere, oltre che sulla fiducia nei propri mezzi, anche sulle possibilità offensive della squadra. Il fatto è che Giannis stesso orienta le difese a queste scelte, spesso rifiutando tiri aperti con un extra-pass per compagni non sempre meglio piazzati o per prendere tiri con un coefficiente di difficoltà superiore.
Questo provoca a volte delle cattive spaziature offensive per i Bucks. In tal senso il rientro di Middleton, grande tiratore sugli scarichi e più in generale abile a leggere le situazioni, è ossigeno puro. E assume un importanza ancora maggiore, visto l’infortunio di Jabari Parker (si dice fuori per un anno), in ottica playoff, dove i Bucks sono rientrati grazie ad un mese di marzo da 14 vittorie (e sole quattro sconfitte) e dove adesso, finendo forte la stagione, rischiano addirittura di prendersi la quinta seed.
Passando a ciò che offensivamente gli riesce meglio, abbiamo per Giannis Antetokounmpo un vasto repertorio di situazioni tra cui ne spiccano due in particolare: la capacità di tagliare e le transizioni. In entrambi i casi è uno dei migliori giocatori della Lega. Per quanto riguarda i tagli, su 71 conclusioni complessive arrivate dopo un taglio sono arrivati solamente 2 errori dal campo. La combinazione unica di peso, altezza, coordinazione e sensibilità delle mani crea una macchina inarrestabile quando trova spazio per prendere velocità per lanciarsi a canestro.
Lo stesso mix per cui è anche uno dei giocatori più efficaci, nonché spettacolari, dell’intera NBA quando si tratta di correre in transizione, cosa che tenta di fare ogni volta che ne ha l’occasione. I possessi giocati in transizione sono 4.9 per partita (meno solamente di Westbrook, Wall, James e Curry), ovvero più di un possesso su 5 di Giannis è una transizione che produce 1.29 PPP (punti per possesso), un numero inferiore a quello del solo Durant tra coloro che ne giocano almeno 4 per partita. Il 65,7% (!) delle sue transizioni si concludono con un canestro, la percentuale maggiore in assoluto tra chi ne gioca almeno 3 a partita.
La spiccata dote per l’anticipo genera una quantità industriale di possessi veloci per sé e per i compagni. A questo si aggiunge il fatto che è in grado di assorbire contatti anche duri portando a casa una discreta quantità di and one (5.5% delle sue transizioni) a partita.
In tal senso è impressionante il fatto che più il difensore gli sia vicino e più abbia una percentuale migliore. Nei tiri all’interno della linea da 3 in cui ha il difensore molto vicino (0-2 piedi) mantiene una percentuale vicinissima al 60% mentre quella con il difensore tra i 2 e i 4 piedi di distanza si attesta “solo” al 57.7%. In sostanza oltre il 60% delle sue conclusioni arriva con un uomo al massimo a poco più di un metro di distanza e circa 6 volte su 10 Antetokounmpo riesce a segnare. Cosa potrebbe diventare un giocatore del genere fosse in grado di essere una minaccia credibile anche da dietro l’arco?
Osservando meglio le varie situazioni si nota come anche il suo gioco difensivo rispecchi quello offensivo. Non è un giocatore che disdegna di piegare le gambe, ma è un giocatore ancora piuttosto istintivo, che tende a non nascondere i difetti. Si nota molto quando si trova accoppiato con i giocatori più piccoli, soprattutto in isolamento. Consapevole di avere grandi capacità di recupero, ha la tendenza a lasciare un po’ troppo spazio tra sé e l’avversario in modo da diventare insuperabile in caso di penetrazione. Per contrappasso però concede troppi tiri in sospensione dalla linea da 3 punti, non a caso l’unica situazione in cui permette agli avversari una percentuale leggermente superiore alla media della lega (36.6% contro il 35.5%). Per il resto si ritrova un andamento similare a quello offensivo, che culmina con uno straordinario 52.7% nelle situazioni difensive a meno di 6 piedi dal ferro contro il 62.0% della Lega.
Altro margine di miglioramento lo riscontriamo nelle letture difensive e nei cambi quando Giannis Antetokounmpo viene coinvolto nei pick&roll avversari. Non è raro vederlo switchare senza una adeguata comunicazione con i compagni di squadra per poi tornare sui propri passi andando in recuperi disperati sull’uomo smarcato. Per essere onesti bisogna dire che spesso situazioni del genere sfociano in stoppate clamorose che si fanno vedere e rivedere, soprattutto nei casi in cui arriva a creare un muro insormontabile per gli avversari ormai lanciati in penetrazione e rimbalzati indietro.
Quanto manca, quindi, per dominare il mondo? Manca un ultimo grande step da superare, come la costruzione di un jump-shot affidabile o il coraggio di prendersi quei tiri aperti che spesso la difesa gli concede e a cui ancora a volte rinuncia. Oltre a ciò, deve continuare a seguire coach Kidd, a cui va grande merito per il lavoro fatto su un gioiello tanto grezzo quanto unico, limando i piccoli difetti sparsi qua e là in fase offensiva e difensiva. E’ opinione molto diffusa che fare il definitivo salto tra All-Star e Superstar sia molto più complicato che realizzare la scalata dai bassifondi della Lega allo status di ottimo giocatore, ormai riconosciuto universalmente a Giannis. Con buone probabilità assisteremo per la prima volta ad un Giannis Antetokounmpo con piena disponibilità dei propri mezzi a confronto con l’ambiente totalmente differente della post-season, in cui la competitività si alza ai livelli massimi e ogni palla pesa di più.
Rimarcare con forza l’importanza ormai raggiunta all’interno della gerarchia NBA, al di là dei risultati di squadra in questi playoff, sarebbe un trampolino per il lancio definitivo tra i più grandi in vista della prossima stagione. Per adesso il suo è il nome più gettonato per il premio di giocatore più migliorato dell’anno, ma chissà che in un futuro prossimo non lo si aggiunga alla lista di stelle che si giocano quello di Most Valuable Player.
Statistiche aggiornate al 4 aprile.
Alberto Mapelli