4. Charlotte Hornets
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Gli Charlotte Hornets hanno fallito l’aggancio ai playoffs e affrontano questo dramma sportivo con un salary cap che nella prossima stagione ammonterà a 102 milioni (110 se la franchigia di MJ deciderà di tenere Weber, O’Bryant e Sessions in North Carolina). L’unico margine di manovra in estate sarà rappresentato dunque da una mid-level exception piuttosto elevata (in quanto Charlotte, quest’anno, non ha pagato la luxury tax) da 8.4 milioni di dollari, ma non sufficiente per un salto di qualità o un ingaggio di particolare spessore. I calabroni sembrano dunque costretti a doversi muovere via trade: escluso il contratto monstre di Nicolas Batum che difficilmente qualcuno vorrà accollarsi, visto il calo di prestazioni a livello realizzativo del francese in questa stagione, vi sono comunque pedine interessanti che potranno tornare utili. Kidd-Gilchrist, Lamb e Williams hanno contratti discreti pronti a catalizzare l’attenzione di franchigie alla ricerca di qualche complemento a roster. In sostanza Charlotte non rischia di perdere nessuno in free agency, ma sarà molto più esposta durante la regular season agli assalti di fameliche squadre a caccia di trade.
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5. Chicago Bulls – Nikola Mirotic
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Due i casi scottanti allo United Center: la player option di Wade e il contratto da restricted free agent di Nikola Mirotic. Il 35enne ex-Heat non sembra però rappresentare un grosso problema: difficilmente rinuncerà ai 23 milioni garantiti per il prossimo anno e, nel caso lo facesse, il gioco di Chicago ne gioverebbe (migliori spaziature, net rating migliore quando non è in campo). Il vero rischio per i Bulls è vedere invece lo spagnolo abbandonare Windy City, benché la franchigia abbia comunque la possibilità di poter pareggiare l’offerta di altre squadre (entro certi limiti, visto che avranno più o meno 6 milioni liberi in estate). Potrà sicuramente pretendere ben più dei 5 milioni che ha incassato annualmente negli ultimi tre anni e cercare una squadra che, a differenza di Chicago, esalti le sue doti da cecchino e lo reinventi in un ruolo da quattro che sembra sempre essergli stato indigesto, almeno in NBA.
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6. Cleveland Cavaliers – Deron Williams
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LeBron James ha finalmente avuto il suo f*****o playmaker e, malgrado il primo posto perso a favore di Boston, resta piuttosto fiducioso sugli incombenti playoffs. Il salary cap della franchigia dell’Ohio è pericolosamente intasato e non sarà assolutamente facile trattenere tutti gli arrivi dell’ultim’ora. Deron Williams, inevitabilmente lontano parente del dominante D-Will di Utah, a 33 anni è entrato in quella fase della carriera dove è più o meno comprensibile dover arrivare a compromessi con se stessi, scegliendo di andarsi a ritagliare un ruolo sì comunque piuttosto corposo, ma dalla panchina (possibilmente, di una contender). La scelta è ardua: andare a caccia di anelli in una seria candidata al titolo (come gli stessi Cavs possono essere), cercare fortuna (e un contratto migliore) altrove o fare una scelta di cuore e tornare a Utah, come ha recentemente manifestato di voler fare?