Hanno dovuto sudare letteralmente le proverbiali sette camicie, una per ogni gara impiegata, ma alla fine la passata stagione i Toronto Raptors hanno finalmente rotto la maledizione: hanno superato il primo turno di PO per la prima volta dal 2001, arrivando fino alla finale di Conference poi persa con i Cleveland Cavaliers. In quei Playoff 2001, invece, in finale di conference con i Sixers di Allen Iverson carnefici dei Raptors di Vince Carter ci andarono i Milwaukee Bucks dei Big Three Ray Allen, Glenn “Big Dog” Robinson e Sam “I Am” Cassell, che si arresero solo alla settima gara al sogno di tornare in Finale NBA dopo trent’anni dal loro storico, unico titolo conquistato. Come se il morso dell’Answer fosse maledetto per chi ne era vittima, anche i poveri Bucks caddero in un sortilegio che li ha rilegati a loro volta a non superare più il primo turno nei sedici anni successivi. Ci proveranno di nuovo quest’anno, da sfavoriti, nell’unica serie inedita di questo primo turno di Playoff 2017, contro chi ha dato loro l’esempio lo scorso anno. Guidati da un fenomenale 23enne greco di origine nigeriana che proverà a regalare una sonora delusione al connazionale dei genitori seduto in tribuna e artefice di questi Raptors, che a loro volta non vogliono certo tornare nell’incubo dell’eliminazione prematura.
Al termine della regular season 2015/2016 Toronto sembrava veramente in grado d’insediare i Cavs fin lì padroni assoluti della Eastern Conference: non ce l’hanno fatta, ma sono riusciti quantomeno a scrollarsi faticosamente di dosso i propri fantasmi, raggiungendo la finale di conference. Quest’anno i Raptors arrivano invece ai playoff con un record e una posizione peggiore (51-31 il record finale, per il terzo posto a Est), ma ciò nonostante paiono se possibile anche più attrezzati della passata, trionfale stagione: ciò si deve a un roster ulteriormente rinforzato in gennaio con l’arrivo di Serge Ibaka e PJ Tucker, e a uno stato di forma nel finale di stagione che pare tornato invidiabile dopo la flessione dei primi mesi del 2017 (12 vittorie nelle ultime 14 stagionali). Anche il rientro del leader tecnico e carismatico Kyle Lowry dopo un lungo infortunio, seppur avvenuto a sole quattro gare dal termine della stagione, pare esser stato più che positivo (27 al rientro, sempre in doppia cifra in queste partite).
A Milwaukee, invece, dopo una stagione di purgatorio un po’ inaspettato, sono tornati gli Happy Days, grazie soprattutto ad un Fonzie d’eccezione come Giannis Antetokounmpo, in grado di chiudere la stagione tra i primi 20 in tutte le cinque principali voci statistiche individuali. Nel corso dell’anno i Bucks hanno perso nuovamente Jabari Parker per un altro grave infortunio, ma quantomeno quasi in contemporanea è rientrato Khris Middleton, a sua volta assente da ben 6 mesi, che ha portato una ventata di pericolosità dal perimetro che alla squadra di Kidd serviva come il pane. Al contrario dei rivali canadesi, partiti benissimo, crollati clamorosamente a inizio 2017 e ora tornati sugli standard di inizio stagione, i Bucks hanno viaggiato abbastanza regolari per tutto l’anno, chiudendo la stagione con un buon 42-40 che è valso il sesto posto nella Eastern Conference.
Sfida nella sfida
Entrambe le franchigie dispongono di una buona front line, ma restano comunque squadre a trazione anteriore, che trovano nel back court il fulcro del proprio gioco. Proprio in questo settore operano le due star contrapposte, e cioè DeMar DeRozan e Giannis Antetokounmpo, due giocatori che, nonostante il ruolo molto simile, eccezion fatta per le grandi doti atletiche e l’invidiabile capacità di mettere punti a referto, non potrebbero essere più diversi in quanto a caratteristiche tecniche: uomo da isolamenti e da punti rapidi e poco altro il primo, all arounder che si esalta in un contesto più collettivo il secondo; attaccante letale contro la difesa schierata e con ritmi più bassi la star dei Raptors, elemento semplicemente inarrestabile in transizione quella dei Bucks; veterano ormai affermato anche a livello playoff (seppur molto altalenante in post season) il numero 10, giovane in rampa di lancio e poco più che debuttante in post season il 34. Insomma, due mondi contrapposti, quasi due filosofie che si scontrano, con l’ago della bussola che potrebbe tendere verso il Canada principalmente per l’influenza magnetica del “fratello” di DeRozan, quel Lowry che potrebbe facilmente diventare il terzo incomodo della sfida.
Precedenti Stagionali
Le quattro sfide di regular season tra le due squadre paiono confermare il pronostico della vigilia della serie playoff, indicando un netto 3-1 a favore dei Raptors. L’unica vittoria di Milwaukee, però, è arrivata proprio nell’ultima sfida di circa un mese fa, nella sola gara giocata tra le due contendenti con il “nuovo” assetto privo di Parker ma con un Middleton in più, peraltro molto positivo (Toronto era però ancora priva di Lowry). Che possa essere indicativo di un quintetto più indigesto per i canadesi?
Chiavi della serie
Forti di un roster profondo e soprattutto, finalmente, puntellato anche nella cronica posizione debole di ala grande con l’arrivo di Ibaka, i Toronto Raptors si presentano a quest’inedita sfida playoff con tutti i favori del pronostico, ma dovranno fare parecchia attenzione ad alcune frecce nell’arco di coach Kidd e dei suoi giovani rampanti. In primis, appunto, proprio la gioventù, l’entusiasmo e la sfrontatezza di una squadra in gran parte all’esordio o quasi nella post season (nonostante alcune notevoli eccezioni, soprattutto in uscita dalla panchina), che non ha nulla da perdere e può giocare a mente sgombra, senza alcuna pressione addosso. In chiave invece più squisitamente tattica, i Bucks potrebbero dare parecchio fastidio ai più quotati avversari proprio per la conformazione della squadra: questo roster infatti è stato volutamente costruito quasi interamente con giocatori molto alti in relazione al ruolo, dalle braccia mediamente lunghissime, in grado di creare mismatch fisici in attacco e di cambiare sostanzialmente su ogni blocco. Contro avversari dal grande potenziale offensivo (109.8 l’Off. Rating dei Raptors, sesti nella Lega) ma fortemente legati ai giochi a due o agli isolamenti di Lowry e DeRozan (appena il 47,2% dei punti di Toronto nasce da assist, addirittura ultimi nell’intera Lega) questo vantaggio fisico e tattico sui cambi potrebbe risultare molto importante, elevando anche il potenziale difensivo forse al di sotto delle proprie possibilità di Milwaukee (106.4 il Def. Rating, diciannovesimi nella Lega). Insomma, sarà fondamentale vedere come Lowry e DeRozan riusciranno ad attaccare contro avversari mediamente ben più lunghi (il primo, peraltro, avrà addosso due mastini difensivi come Brogdon e Dellavedova), in grado di contestare facilmente i loro isolamenti talvolta forzati.
Lo strapotere fisico e atletico dei Bucks si lega ad un’altra chiave tattica importante, e cioè il ritmo che le due squadre riusciranno ad imprimere alle sfide. Se Milwaukee proverà a sfruttare al massimo le proprie doti con la transizione offensiva, Toronto cercherà invece di addormentare la partita con un gioco più ragionato a difesa schierata, che permetta loro in primo luogo di non esporsi al micidiale contropiede avversario, nonché di sfruttare le disattenzioni offensive dei giovani avversari, come detto non impeccabili nella propria metà campo. In un senso come nell’altro, fondamentale sarà l’impatto di Antetokounmpo, fulcro offensivo di Milwaukee e rebus per la maggior parte delle difese NBA, in grado di creare mismatch continui che può sfruttare in prima persona o per generare tiri aperti per i compagni con la sua buona visione di gioco. Nonostante Toronto abbia in teoria un elemento dalle caratteristiche adatte a stare con lui in single coverage come Carroll, peraltro in una fase involutiva piuttosto marcata, il greco quest’anno ha sempre tirato molto bene contro i Raptors (un perfetto 50%, 40/80, nelle quattro gare disputate); se il trend dovesse proseguire anche in post season, costringendo Toronto ad adeguarsi, gli spazi che si apriranno renderanno cruciale la precisione dall’arco di una squadra che fa poco uso del tiro pesante (“solo” 23.7 tentativi a partita convertiti con il 37%, 24simi nella Lega per triple tentate), fondamentale anche in caso, molto probabile, di ritmi bassi imposti dai Raptors: in tal senso, il recupero a pieno regime di Middleton, nettamente l’esterno più pericoloso dall’arco (40% da 3 in carriera, addirittura 43% in quest’ultimo scorcio di stagione che ha giocato), potrebbe risultare cruciale.
Per Toronto, come detto, fondamentale sarà invece riuscire a controllare il gioco, cercando di limitare i mismatch in difesa per concedere piuttosto il tiro dalla lunga, cui Milwaukee è piuttosto refrattaria. Altra chiave sarà però l’impatto di Lowry, rientrato da sole 4 gare dopo circa due mesi fuori: con un DeRozan che spesso ha deluso in post season (come andrà stavolta, dopo la miglior stagione in carriera?) Toronto potrebbe aver bisogno già dal primo turno del proprio leader tecnico ed emotivo al top della condizione. Ma, probabilmente, a fare veramente la differenza sarà semplicemente l’esperienza molto maggiore di questi Raptors: Milwaukee ha alcuni veterani abituati a giocare la post season, ma sono quasi tutti comprimari (Dellavedova, Beasley), talvolta a fine carriera (Terry), mentre i Raptors possono vantare un quintetto appena arrivato in finale di conference, con un Ibaka in più che in carriera ha sostanzialmente sempre giocato in contender (inizio carriera e parentesi ai Magic a parte), disputando anche una Finale NBA.
Un roster esperto in quintetto e dalla panchina, molto profondo, motivato a provare a migliorare ulteriormente l’ottima stagione scorsa e che pare arrivare ai playoff in buonissima forma: il pronostico non può che arridere ai Raptors, che dovrebbero chiudere la serie in 5, massimo 6 gare. Per Milwaukee, dunque, la “maledizione di Iverson” non dovrebbe terminare nemmeno quest’anno: ma ci sarà certamente tempo di rifarsi, per i giovani e arrembanti ragazzi di Kidd.
Toronto Raptors-Milwaukee Bucks