I Golden State Warriors sono a un passo dal titolo NBA dopo il punto del 3-0 strappato in trasferta alla Quicken Loans Arena di Cleveland, Ohio. I californiani avranno già il match point in gara 4, con l’opportunità di cogliere il secondo titolo nell’arco di tre anni e di centrare un clamoroso 16-0 come percorso nei Playoffs.
Gran parte del merito se lo sta meritando Kevin Durant, sempre più probabile MVP della serie: dopo i 71 punti complessivi segnati nei primi due confronti della Oracle Arena, la tripla decisiva in faccia a LeBron James per sigillare il successo dei ragazzi di Steve Kerr in gara 3. Già LeBron, sconfitto ma autore di una prova superba in particolare nel primo tempo.
The Chosen One ha ammesso in conferenza stampa di aver dato tutto e di non aver rimpianti contro una super potenza come i Warriors. Tuttavia il nativo di Akron ha voluto chiarire il luogo comune a proposito del passaggio di KD ai Warriors, per molti sulla falsa riga dell’approdo di LeBron agli Heat nel 2010.
In realtà le due scelte, a primo acchito simili per l’intento di unire le forze con altri campioni nello stesso roster, sono del tutto differenti: ecco le parole del Re.
Le carriere mia e di Kd non sono le stesse. Lui è arrivato in una squadra già pronta e già assemblata, dove si è inserito un ragazzo disposto a sacrificare punti e tiri, un ragazzo pieno di talento disposto ad aiutare la squadra in qualsiasi modo. Ma i Warriors erano già quelli prima che arrivasse, KD è semplicemente arrivato e ha fatto quello che sapeva fare. Così sono andate le cose.
Per quanto riguarda me, quando ho lasciato Cleveland per andare a Miami noi avevamo una squadra da costruire da zero. Abbiamo preso 8-9 giocatori dal niente, abbiamo dovuto costruire dal nulla. E quando sono tornato a Cleveland è stata la stessa cosa. Posso assolutamente apprezzare il fatto che KD si è comunque rimesso in discussione sacrificando una parte del suo gioco, avendo di meno la palla in mano. Ma è funzionale alla squadra in cui gioca. Chi non farebbe lo stesso per giocare a Golden State, a San Antonio o a Cleveland se questo ti permette di competere per il titolo?”
Se andiamo a farne un’analisi approfondita, LeBron ha ragione. Al momento del suo sbarco a Miami, erano presenti nel roster soltanto tre elementi – Udonis Haslem, Dwyane Wade e Chris Bosh – della squadra poi campione nel 2012 e nel 2013 mentre c’erano solo Kyrie Irving e Tristan Thompson della squadra di adesso all’epoca del suo ritorno a Cleveland.
Al contrario Durant ha trovato dieci dei suoi attuali quattordici compagni al suo arrivo in quel di Oakland, con la spina dorsale dei Warriors già ben definita e rodata. È indubbio però che l’ex OKC abbia dato quel boost decisivo a Curry & co e da protagonista si sta andando a conquistare di forza il primo anello della carriera.
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