9 • LOS ANGELES LAKERS Voto: 6,8
di Jacopo Gramegna
I Lakers stanno rapidamente scalando ogni classifica dell’hype in vista della prossima stagione. I motivi? L’arrivo di Magic Johnson e Rob Pelinka nella dirigenza gialloviola e l’arrivo ad L.A. di uno dei più grandi fenomeni mediatici che il Draft abbia mai prodotto nell’era-lottery: Lonzo Ball. Il repentino cambio di uomini al comando della franchigia ha immediatamente rivitalizzato i fans, reduci dalle stagioni più buie nella storia dei Lakers: Magic ha promesso che la metà nobile di L.A. tornerà grande in breve tempo e i movimenti compiuti in questa estate fanno presumere che la direzione intrapresa sia quella giusta.
Prima ancora della notte del Draft, i Lakers si erano già mossi mandando D’Angelo Russell e Timofey Mozgov ai Brooklyn Nets in cambio di Brook Lopez e della scelta numero 27 dell’imminente Draft. Una mossa eccellente per tutte le parti coinvolte: i Lakers hanno acquisito un centro con tanti punti nelle mani come Lopez, titolare di un contratto pesante ma in scadenza 2018 e che con molta probabilità saluterà la città degli angeli senza troppi rimpianti. In questo modo i Lakers hanno, di fatto, liberato spazio salariale in vista della prossima free-agency, scaricando il pesantissimo contratto di Mozgov. Allo stesso tempo hanno anche fatto capire molto bene a chi hanno intenzione di mettere la palla in mano nella prossima stagione. I Lakers morivano dalla voglia di affidare le chiavi a Lonzo Ball, il primo tassello della grande risalita giallo-viola.
Nonostante ci si sia soffermati sulle uscite mediatiche di LaVar Ball troppo a lungo, Lonzo già in Summer League ha dimostrato di essere un giocatore speciale: un playmaker elettrizzante, capace di correre il campo e giocare a difesa schierata, dotato di personalità, di una visione del campo da predestinato, stazza; tutto questo nonostante un tiro ancora da migliorare e rifinire (che per adesso corrisponde al suo più grande punto di domanda).
Grazie al draft i Lakers sono aggiunto Kyle Kuzma (con la scelta ricevuta dai Nets), uno dei migliori senior della nazione, Josh Hart, e un progetto a lungo termine negli spot da 4/5 come Thomas Bryant. I quattro rookie di L.A. sono stati tutti impiegati in Summer League e, dopo una partenza difficile, hanno condotto i Lakers alla vittoria del torneo estivo. Ball, dopo un esordio orrendo, ha dominato la lega vincendo l’MVP della competizione (mentre l’MVP della finale è andato a Kuzma).
Dopo il più che positivo Draft, L.A. ha anche fatto firmare un two-way contract ad Alex Caruso, altro esterno autore di una buona Summer League, prima di elargire un contratto annuale da 18 milioni a Kentavius Caldwell-Pope. L’arrivo della guardia ex Pistons è da omologare a quello di Lopez: un giocatore che può dare un contributo in questa stagione senza inficiare le possibilità di free-agency dei Lakers nel 2018. Mettere a roster un giocatore con la dedizione difensiva e il più che sufficiente impatto offensivo di KCP non può che far bene al giovane team di Walton.
Sugli esterni proveranno a lottare per un posticino anche Tyler Ennis, rinnovato al minimo salariale, e Vander Blue, firmato con un parzialmente garantito. Capitolo addii: praticamente indolore le perdite di World Peace, Black, Nwaba e Robinson, piuttosto accettabile quella di Nick Young, che ha preferito ai Lakers la possibilità di giocarsi un titolo sulla Baia. Di sicuro l’esuberanza di Swaggy P mancherà a tanti a Los Angeles, ma l’arrivo di Ball promette di far dimenticare in fretta ogni male. La corsa-playoff è, forse, un obiettivo lontano ma se i Lakers dovessero recuperare parte del glamour necessario ad attirare un free-agent di livello, i tifosi giallo.viola potrebbero chiudere un occhio su tutto, persino sulla lingua lunga di papà LaVar.
8 • BROOKLYN NETS Voto: 7
di Michele Pelacci
Brooklyn abbiamo un futuro!
Sean Marks diventa il GM dei Nets il 28 Febbraio 2016. La squadra va male, molto male. Il futuro semplicemente non esiste: non ci sono scelte, non ci sono giocatori giovani a roster da sviluppare e 41 vittorie in due anni sono davvero poche. Ma da quando Marks ha preso in mano la franchigia inizia a collezionare buoni colpi, uno dietro l’altro. Nel giro di un anno e mezzo Marks ha fatto una roba tipo:
- Offrire un contratto di dieci giorni a Sean Kilpatrick. Siccome l’ex feticcio della G League risulta essere molto interessante, lo firma con un biennale (scade estate 2018, e se Tim Hardaway Jr. ha preso quei soldi…)
- Si libera dell’head coach ad interim Tony Brown e sceglie un’altra vecchia conoscenza del campionato italiano, alla prima esperienza da capo allenatore di una franchigia NBA: Kenny Atkinson.
- Firmare Jeremy Lin, perché qualcuno al palazzo bisogna pure portarlo e #BrookLin è un ottimo mantra.
- Scambiare Thaddeus Young con Indiana per una prima scelta che si rivelerà essere Caris LeVert, senior da Michigan, che ha interessanti stats per 36 minuti e se fosse sano chissà, magari viene fuori un ottimo giocatore.
- Firmare Anthony Bennett , così, per trollare tutti.
- Nella trade più dimenticata del 2017 i Nets ottengono una prima scelta da Washington (con Andrew Nicholson e Marcus Thornton) in cambio di Bojan Bogdanovic e Chris McCullough, con la quale sceglieranno Jarrett Allen (aka Il Vostro Nuovo Taglio Preferito, alla #22).
- Convincere i Lakers a cedergli DeAngelo Russell (oltre al contrattone di Mozgov, male necessario) in cambio di una scelta al draft 2017 e un anno di Brook Lopez. In pratica è come dire che i Nets hanno ottenuto la loro high-pick dopo il peggior record della scorsa stagione.
- Assorbire il contratto di DeMarre Carroll (30 milioni garantiti per i prossimi due anni), che sarà pure lontano parente da quello ammirato ad Atlanta ma per una squadra nella situazione di Brooklyn c’è poco da lamentarsi. Ah, Toronto ha lasciato lì pure una prima ed una seconda scelta al prossimo draft, per il disturbo (steal!!)
- Assorbire il contratto di Allen Crabbe, giocatore discontinuo ma con un grandi doti balistiche e che i Nets avevano già provato a prendere la scorsa estate.
Marks è insomma riuscito nell’impossibile compito di accendere la luce alla fine del tunnel. Saranno ancora un paio di anni dolorosi al Barclays Center, perché la squadra è giovane e senza stelle e ancora soffre delle scorie del passato. Eppure, D’Angelo Russell non ha ancora 22 anni e i suoi margini di miglioramento sono inesplorati. L’estate non può che essere positiva: ora c’è una giovane stelle da mettere al centro del progetto, ci sono scelte sulle quali contare sia come asset che come possibilità di prendersi nuove leve, c’è la possibilità di valutare con più calma e raziocinio il destino dei vari Sean Kilpatrick, Jarrett Allen, Trevor Booker, Caris LeVert, Joe Harris, Rondae Hollis-Jefferson, Spencer Dinwiddie, Isaiah Whitehead.
Posto D-Loading alla base della rinascita della franchigia (un bel punto di domanda, ma senza scommettere non si va da nessuna parte), tutti gli altri contratti pesanti saranno epurati dal gentile portafoglio di Mr. Prokhorov. Linsanity ha una player option (che farebbe meglio ad esercitare) da una dozzina di milioni per la stagione 2018-2019, The Junkyard Dog ha come detto altri due faticosi anni onerosi (ma forse a qualcuno potrebbe servire, aspettatevi aggiornamenti) e quel centro russo lì ha altri tre, pesantissimi anni (nella stagione 2019-2020 percepirà 16.720.000 presidenti).
La ricostruzione, insomma, sarà ancora luuunga e faticosa. Ma un passo nella giusta direzione è stato fatto e i Nets potrebbero piacevolmente colpirci da qui a due anni. Cosa fare nel frattempo: gustarsi la poesia sui profili social di Sean Kilpatrick. Si può solo amare, Sean Kilpatrick.
If you seen or understood what it took me to get to where I am now & where I'm going then maybe you'd be a firm supporter of me as well. pic.twitter.com/YE49Rwfzo3
— Sean Kilpatrick Jr (@SeanKilpatrick) July 18, 2017
7 • SACRAMENTO KINGS Voto: 7,1
di Alberto Mapelli
Alzi la mano chi aveva un minimo di fiducia in Vlad Divac e Vivek Ranadivé dopo il disastro combinato con la trade Cousins? Sarete sicuramente in pochi, e invece i californiani hanno confezionato una post-season con i fiocchi che li ha visti sbagliare davvero poco. Chiaramente nel selvaggio West sarà difficile vederli scollinare la fatidica quota 8 che assegna un pass per la post season ma il roster assemblato sembra potere iniziare a dare qualche soddisfazione al fedelissimo pubblico di Sacto.
Rimane davvero ben poco di quello che poteva essere definito il core dei Kings degli ultimi anni. Via Evans, Affalo, Gay e Collison al padre-padrone della franchigia e al suo fiero scudiero non restava che rimboccarsi le maniche e tentare di mettere in piedi delle fondamenta solide su cui poggiare il progetto che vede al suo centro il nuovissimo Golden 1 Center. Sorprendentemente (ribadisco) hanno invece operato scelte costruttive e adatte a far crescere e dare il giusto spazio uno spogliatoio davvero molto giovane. Sono stati infatti firmati tre veterani che potranno dare un grosso aiuto, oltre che sul campo, a coach Joerger. Vince Carter (annuale da 8 miloni) e Zach Randolph (biennale da 24 miloni) cercheranno di trasferire la clamorosa cultura del lavoro di cui sono dotati e la mentalità di Grit&Grind che tanto aveva funzionato a Memphis proprio sotto l’egida di coach Jorger. Se le figure di AirCanada e Z-Bo possono essere considerate importanti soprattutto sotto il lato umano la firma di George Hill (triennale da 57 milioni, ma soltanto parzialmente garantiti nell’ultimo anno) andrà a dare un contributo importantissimo anche sul campo.
Se tecnicamente è il giocatore più influente dei tre tuttavia la firma di Hill è quella che più fa storcere il naso perché è quello che potrà togliere più minuti agli interessantissimi prospetti che vestiranno la casacca viola quest’anno. Il back-court è infatti il settore in cui i Sacramento Kings possiedono la quantità maggiore di talento ma trovare uno spazio sufficiente per tutti sarà uno dei rebus più complicati per coach J. Dal draft di quest’anno sono arrivati De’Aaron Fox (#5 chiamata assoluta) e Frank Mason III (attenzione, alla 34° può essere uno steal bello e buono) che si vanno ad aggiungere a quel Buddy Hield su cui la dirigenza punta tantissimo. Se i giovani riusciranno ad avere un impatto immediato potrebbero rappresentare un mix molto interessante.
La #10 di cui erano dotati è stata scambiata a Portland per la #15 e la #20 con cui sono arrivati Justin Jackson (SF from North Carolina) e Harry Giles (PF from Duke) che vanno a rimpolpare la batteria di ali esautorata dagli addii estivi. Entrambi sono due prospetti interessanti che affidati nelle mani dei nuovi veterani di Sacto potranno iniziare a dare il loro contributo alla causa. Da non dimenticare poi l’arrivo dalla nostra Europa del fresco vincitore dell’Eurolega con il Fenerbache Bogdan Bogdanovic. Il serbo era stato selezionato nel 2014 dai Phoenix Suns ma i Kings erano riusciti ad accaparrarsi i suoi diritti lo scorso draft e grazie al connazionale GM sono riusciti a convincerlo al grande salto. Il triennale da 27 milioni di $ mal contati è un simbolo delle grandi aspettative che ricadono sulle spalle dell’ala 24enne.
Le incognite per quanto riguarda il progetto Kings sono ovviamente legate all’inesperienza di gran parte del roster e alla fisiologica crescita attraverso cui i debuttanti nella Lega più fagocitante del mondo dovranno necessariamente passare. Tuttavia se avranno pazienza e fiducia le basi per la costruzione di un regno degno del nome della franchigia sono state gettate. Chi è pronto a dare fiducia ora a Divac e Ranadivé?