Si entra nel regno in cui si mescolano promesse, talenti grezzi e giocatori solidi. Dalla 11 alla 15 troviamo nomi che tra qualche mese potrebbero essere molto più su o molto più giù.
11 – Jonathan Isaac
Ha perso ben 5 posizioni dalla sesta scelta assoluta con cui è stato chiamato dagli Orlando Magic ma un impatto solamente discreto era prevedibile. Jonathan Isaac era al momento del draft un progetto a lungo termine, e lo è tutt’ora. Occorre quindi pazienza. Nei 18 minuti di media in cui è sceso in campo sinora non ha messo insieme numeri eccezionali (5 punti e 4.8 rimbalzi a partita), con pregi e difetti messi in evidenza da Lorenzo Garbarino in fase di Road to Draft ancora ben visibili.
Muscolatura da costruire e scarsa fiducia nei suoi mezzi da cui derivano le sole 4 conclusioni tentate a serata, seppur con ottimi risultati viste la buona cifra tecnica che possiede (48% dal campo), e un discreto impatto difensivo. Andando oltre i numeri, gli occhi mi danno l’impressione che sia un giocatore davvero intrigante ma acerbo. Insomma, per vedere una crescita evidente ripassare più avanti.
12 – Dillon Brooks
Scelto alla 45 dai Rockets (che subito lo hanno girato a Memphis perché chi non sa tirare da 10 metri, no grazie non interessa), i Grizzlies si sono portati a casa un giocatore che ha fatto saltare il banco già alla prima uscita. Complice la maggior esperienza (classe ’96, tre anni di college) si sta dimostrando un giocatore Nba ready, ossigeno puro per le rotazioni sugli esterni di Memphis. Gioca tanto (28 minuti), è concreto, ha mani veloci (1.4 rubate a partita) e buone letture difensive che restituiscono un giocatore pienamente inserito nella filosofia Grit&Grind che non ha mai abbandonato il Tennessee. Come detto prima, non è un grande tiratore ma compensa con una buona fisicità e una buona coordinazione in penetrazione. Magari perderà qualche posizione nella nostra Ladder ma il suo posto nell’NBA sembra averlo già trovato.
13 – Jarret Allen
Altro giocatore grezzo ma che sta già dimostrando perché i Brooklyn Nets abbiano speso su di lui la loro #22 al Draft. Verticalità incredibile, wingspan fuori dal normale (227 centimetri), piedi velocissimi, una buona cifra tecnica in un giocatore dalla durezza mentale incredibile. Deve, banalmente, costruirsi una massa muscolare importante per poter resistere ai super atleti che giocano nell’NBA odierna e raffinare mentalmente il suo gioco, essenzialmente basato su letture istintive e poco costruito. Tuttavia è nel contesto adatto per crescere senza fretta e potrebbe guadagnare spazio durante l’anno considerato che è il back-up di un giocatore non eccezionale come Mozgov. E poi ha una capigliatura afro doc, non può non diventare un vostro pupillo in tempo zero.
14 – Josh Jackson
Si trova in una posizione piuttosto bassa della nostra classifica ma, forse, solo perché ci aspettavamo un giocatore molto più pronto di quello che si sta dimostrando. Essere in un contesto post-esplosione nucleare quale è Phoenix in questo periodo sicuramente non aiuta. Al momento tira piuttosto male dal campo (37%), prende delle scelte non eccezionali offensivamente ed è un gradino sotto alle nostre aspettative nella sua metà campo. Anche i numeri testimoniano un impatto non eccezionale: 107.4 punti concessi su 100 possessi e un Net Rating pauroso (-13.9). Una sola prestazione degna di nota contro i Sacramento Kings (15 punti e 6 rimbalzi). Ha le potenzialità per risalire, ce lo aspettiamo più in alto nei prossimi appuntamenti con la nostra Rookie Ladder.
15 – Jordan Bell
Posizione guadagnata da una Summer League importantissima e dall’onesto contributo che sta dando alla causa Warriors nei pochi minuti a disposizione (8.7 a partita). Difficilmente scalerà delle posizioni sia nella rotazione dei campioni in carica sia nella nostra classifica perché è in un contesto, al momento, troppo più grande di lui. Però ha mostrato potenzialità intriganti per poter assumere, un giorno, le sembianze di alter-ego di Draymond Green. Mentalità aggressiva, esplosività nelle gambe, mani veloci e capacità di fare un po’ di tutto a buonissimi livelli. I Warriors, al momento, non ne hanno ancora bisogno. Fosse rimasto a Chicago, che lo ha malauguratamente “regalato” per 3.5 milioni di dollari, avrebbe impattato sull’NBA molto più forte.
16 – T.J. Leaf
Tipo: T.J. Leaf è interessante, coach McMillan più minuti grazie! Alla seconda partita, contro Portland, ha segnato 17 punti con 11 tiri (2 su 3 dall’arco) in uscita dalla panchina, due dei quali mangiandosi Zach Collins. Notevole anche l’uso del corpo in spazi angusti in questo passo d’incrocio. Progetto di solido giocatore di rotazione, al quale magari farebbe bene un compagno di quintetto-B più difensivo di Al Jefferson.
17 – O.J. Anunoby
Ogugua detto O.G. Anunoby è un’ala moderna, versatile, che spara da 3 e difende ogni posizione. Materiale molto grezzo, avere 220cm in apertura alare lo aiuterà sicuramente. Dopo una prima stagione con le polveri bagnate ad Indiana, nell’anno da sophomore si è rotto il ginocchio, ma Toronto ha comunque speso la #23 per lui. Gioca ogni partita in crescendo e ha già un suo ruolo nella rotazione dei Drakes. Da tenere d’occhio.
18 – Bam Adebayo
A Miami hanno deciso di rinforzato il reparto lunghi in estate con Kelly Olynyk e spendendo la #14 scelta per Bam Adebayo. Big man che porta energia, lunghezza, difesa e mobilità, il prodotto di Kentucky ha guardato dalla panchina le prime tre partite, giocando sempre più e sempre meglio nelle seguenti quattro. Nella sconfitta in OT contro Minnie ha registrato una tripla doppia da 13 punti e 13 rimbalzi, di cui 10 (DIECI) offensivi. Peggior scenario: Montrezl Harrell. Miglior scenario: un Draymond Green tendente al Greg Monroe.
19 – Donovan Mitchell
La bolla di hype estivo che circondava Donovan Mitchell è presto scoppiata dopo le prime partite sottotono. E siccome si parla di Utah Jazz, il tutto non ha nemmeno fatto troppo clamore. Il sophomore da Louisville ha però scaricato sulle due di Los Angeles 41 punti, facendo vedere ciò di cui è realmente capace. Nel mezzo due magri punti ai Suns. Ondivago.
20 – Luke Kennard
Il ruolo di Luke Kennard e il motivo per cui è stato scelto alla #12 da Detroit è un po’ lo stesso di Charlotte-Monk: tiro, tiro, tiro. Due squadre della media borghesia senza futuro della Eastern Conference che cercano tiro, tiro, tiro. Dopo due anni a Duke, Kennard è esperto quanto basta per dare un supporto immediato alle speranze di Playoffs di SVG, ma il potenziale ha forse un tetto ben visibile già ora.
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