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Cleveland Cavaliers

IT or not IT?

Sulle prime partite di Isaiah Thomas ai Cavaliers: risorsa o problema in più?

La copertina di questo pezzo è una polaroid del fotografo NBA Matteo Marchibravo e bello.

Quando in estate si è verificato il sospirato cambio di casacca per Irving, gli analisti non hanno giudicato la trade che lo abbia coinvolto come fallimentare per i Cavs ormai sgraditi dal giocatore e quindi potenzialmente con tutto da perdere, vista la nota volontà di fuga del ragazzo. Con Crowder, Zizic e la prima scelta del 2018 dei Nets quali equilibratori, il maggior contrappeso per Cleveland per la perdita di Kyrie è stato l’arrivo di Isaiah Thomas.

Ceduto dai Celtics con i postumi dell’infortunio a rimediato nella precedente stagione, è chiaro come il valore a tutto tondo dello scambio si sarebbe potuto quantificare solamente con la ripresa di condizione da parte del folletto che la scorsa stagione viaggiò a 28.9 punti e 5.9 assists ad allacciata di scarpe. In queste prime 8 partite chiaramente la forma fisica non è ai suoi massimi, come dichiarato dallo stesso Thomas nell’indicare la sua rust di questa prima manciata di gare nuovamente a disposizione. Tuttavia, è possibile tracciare un primissimo bilancio di cosa, dopo le analisi estive e le chiacchiere seguite al suo sacrificio da parte del GM di Boston Ainge, il ragazzo sta apportando alla causa dei vice-campioni della lega durante una stagione che non sta procedendo, almeno in questa prima metà di regular season, con lo stesso ritmo da schiacciasassi a cui i team di LeBron James hanno abituato la Eastern Conference.

Le previsioni parlavano di produzione di punti in attacco, sfruttando l’innato senso del canestro e di qualche difficoltà difensiva, a causa della taglia minuta. Quanto sono state azzeccate?

 

Offense: thumbs up 

Chiaramente passare dall’inseguitrice alla dominatrice della costa Est di queste stagioni implica un cambio di ruolo in un attacco che è sempre stato d’eccellenza (109.5 punti a gara e 112.1 di offensive rating, quinto della lega in entrambe le categorie), improntato intorno alla sovrumana fisicità di LeBron nelle penetrazioni contro i diretti difensori e alla sua capacità di punizione, con assist al bacio, degli inevitabili raddoppi portati per evitare i comodi appoggi in avvicinamento; in quest’ottica la riduzione di punti a gara di Isaiah a 15.9 (con 3.4 assists) non sta ad indicare un particolare fallimento nella sua nuova avventura. Il profilo tipico associato a questa versione definitiva di Point Forward di LBJ è quello di un tiratore mortifero, in grado di realizzare canestri in striscia: Isaiah, che nella scorsa stagione mise in piedi una striscia di prestazioni da urlo nell’ultima frazione in quel di Boston, tanto da meritarsi l’appellativo di “King in the 4th quarter” per essere clutch nei momenti cruciali, non è certo uno che non sa come punire implacabile lo spazio concessogli dalle difese.

Ad una seconda opzione offensiva dal profilo da All-Star tuttavia si chiede anche di mettersi in proprio; una mano naturale sinistra, a differenza della maggior parte dei realizzatori della lega, che lo porta ad attaccare un lato naturalmente meno allenato da parte dei suoi marcatori, assieme ad un controllo del corpo ben superiore alla sua taglia e ad un ball-handling di livello, gli permette di concludere con il noto successo le iniziative individuali.

Particolare è lo sfruttamento del talento di Thomas in situazioni di collaborazione: ad aver particolarmente esaltato Thomas negli anni in canotta verde è stata la gestione del pick-and-roll. Il ragazzo infatti, ad un rilascio rapido e senza paura se la difesa inopinatamente decide di passare dietro al blocco:

Associa poco egoismo nel momento di attenzione dei marcatori su di lui invece che sul rollante per poterlo servire e inoltre è rapido nel riconoscere, nelle collaborazioni difensive, lo spazio creato per un arresto e tiro prima dei recuperi.

L’idea allora del coaching staff capeggiato da Lue è quella di combinare i due assi dell’attacco della franchigia, con Lebron James a fungere da bloccante per il peperino mancino; il gioco a due lascia i due malcapitati con poche scelte da poter effettuare senza un adeguato sistema di rotazioni difensive a supporto, con Thomas bravissimo a concretizzare qualsiasi vantaggio creato per sè:

Cambio della difesa sul blocco di James: il difensore del bloccante inoltre per aiutare nel contenimento su James fa ulteriormente “drop” lasciando arresto e tiro a Thomas.

Oppure pronto ad attivare un ricettore che, per essere moderati, difficilmente senza pressione difensiva commette errori:

Defense: thumbs down 

Della single coverage di Isaiah Thomas la considerazione più ovvia è sempre stata a vista: le minute dimensioni fisiche, così come tanti illustri predecessori, non necessariamente costituiscono un limite in attacco ma sicuramente lo rappresentano in difesa. Il mismatch creato con la maggioranza degli accoppiamenti in cui è coinvolto rendono la sua presenza un automatico vantaggio per l’attacco che lo fronteggia.

Nel momento in cui la sua presenza in campo determinava un rendimento stellare nella metà campo offensiva, il piano partita per poterlo limitare, un pò come le Curry Rules definite durante le Finals dagli stessi Cavs, prevedevano un costante sfruttamento del vantaggio fisico detenuto dai suoi avversari, così da sfiancarlo e porre il dubbio se per un’economia globale della sua squadra fosse meglio tenere Isaiah dentro o fuori dal campo. Chiaramente, il livello di eccellenza cui aspirano i Cavs estremizza questo concetto: quanto è sopportabile un tale svantaggio contro squadre che sempre maggiormente possono schierare “Unicorni” con fisico da lunghi e caratteristiche tecniche da esterni?

Lo stesso quesito aveva interessato coach Stevens, che la rinuncia al proprio miglior giocatore Thomas nel quintetto della scorsa stagione non poteva chiaramente considerare. L’intero sistema difensivo dei Celtics, quindi, era spinto ad una maggiore collaborazione mentre Isaiah veniva schierato sul 3&D avversario, così da essere meno esposto a cambi in pick-and-roll o a situazioni di isolamento da parte del proprio avversario diretto. L’impianto invece di difesa dei Cavs è invece il cruccio principale dell’intero team, con il penultimo Defensive Rating della lega. Chiaramente, nascondere uno come Thomas diventa impresa ancora più ardua.

Esempio di transizione difensiva contro gli Spurs. Anderson parte indisturbato nella sua metà campo, l’opposizione nel pitturato è inesistente e l’unico ad arrivare è lo stesso Thomas, partito più indietro di tutti, ma che può fare poco. 

Immaginare in questo contesto di poter sostenere contemporaneamente lo stesso Thomas e Kevin Love, lungo di ruolo ma al quale vengono imputati stessi pregi (offensivi) e difetti (difensivi) del numero, diventa utopico costringendo a sacrificare (almeno) uno dei due (sempre che riescano ad andare d’accordo, come recenti rumors negano) negli scontri al massimo livello.

Dopo queste prime 8 gare, quindi, le principali idee estive sembrano essere rispettate. Il contorno dei Cavaliers tuttavia ad ora non sembra pronto ad assorbirne solo le qualità sopportandone i problemi, in previsione di un ennesima finale, forse l’ultima di James nel suo secondo capitolo in quel di Cleveland. Resta comunque ancora insoluto il quesito: per questi Cavs, IT o non IT?

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