3) Michael Porter Jr. (SF, Missouri Tigers)
Capire esattamente dove vada a inserirsi Michael Porter Jr. all’interno di questa Lottery non è semplice: prima che la stagione iniziasse era, probabilmente più di Ayton, il candidato numero uno a contendere la prima pick assoluta a Dončić. In pre-season si parlava di Porter come di un talento addirittura più grande del suo stesso ateneo, Missouri, scelto per stare vicino a suo padre (assistente di coach Martin) e suo fratello minore Jontay. Poi un serissimo infortunio alla schiena al debutto, il ritorno in campo (forse consigliato dai GM NBA) e due sole gare in cui ha messo in mostra tutta la ruggine derivante da una stagione trascorsa in infermeria. Porter resta, però, un talento davvero difficile da non selezionare tra le primissime scelte anche in una classe così intrigante: è un realizzatore puro e istintivo di 2.08 m, con una wingspan di 213 cm, un range di tiro illimitato e un patrimonio genetico tecnico e atletico d’élite che farebbe gola a chiunque.
La somma di questi fattori farà in modo che difficilmente cada fuori dalla Top 5 malgrado l’infortunio, che comunque ha fatto sorgere delle domande rilevanti tra gli addetti ai lavori. Non sono neanche così lontani nel tempo i casi di Kyrie Irving e Enes Kanter, entrambi selezionati in Top 3 nel 2011 dopo che il primo aveva disputato appena undici gare con Duke e il secondo non aveva nemmeno mai visto il campo a Kentucky a causa dei pagamenti ricevuti dal Fenerbahçe. Questi due casi dimostrano come gli scout non vadano molto per il sottile quando riconoscono del talento puro su cui vogliono allungare le mani. Pur evidenziando enormi difficoltà al tiro nelle gare disputate (33.3% dal campo), essendo praticamente non giudicabile nella metà campo difensiva e trovandosi gravato da una red flag piuttosto evidente dopo il suo infortunio, Porter Jr. resta uno dei talenti più cristallini in cui possiate imbattervi in questo Draft: a testimoniarlo ci sono l’enorme numero di riconoscimenti raggiunti nella sua carriera liceale, la sua prova da 47 punti al Jamal Crawford Pro Am, in cui ha mostrato sprazzi da All-Star sui due lati del campo e il fatto che in nessun Mock fin qui pubblicato sia mai sceso al di sotto della sesta posizione.
4) Marvin Bagley III (PF/C, Duke Blue Devils)
Pur essendo il numero uno del Big Board ESPN, Bagley non è mai sembrato un reale candidato alla prima scelta assoluta, malgrado abbia comunque disputato una stagione eccellente dal punto di vista statistico. Nella metà campo offensiva, in effetti, stiamo parlando di un giocatore che presenta delle caratteristiche che potrebbero permettergli di impattare immediatamente col piano di sopra: è un tagliante eccezionale per comprensione degli spazi, è capace di utilizzare il suo atletismo per concludere efficacemente con la sua devastante mano sinistra anche nel traffico, ha mostrato sprazzi interessantissimi di gioco fronte a canestro, disponde di un jumper che sembra migliorare di gara in gara e, complessivamente, la sua produttività sembra poter essere traslata a livello NBA (21 punti e 11.1 rimbalzi a gara rappresentano una discreta polizza assicurativa). Nella sua unica stagione collegiale ha tirato un incredibile 39.7% da oltre l’arco su 1.8 tentativi a gara e il suo rilascio è andato migliorando sera dopo sera, malgrado un migliorabile 62.7% ai liberi.
Pur non essendo sempre pulitissimo nella shot selection e nel trattamento della palla, Bagley ha mostrato un arsenale offensivo davvero invidiabile: tiri dalla media, partenze da oltre l’arco, triple in spot up e canestri realizzati direttamente da rimbalzo offensivo (la sua specialità: ne prende 4 a gara). In questa varietà risiede uno dei caratteri più interessanti del suo gioco: dà sempre l’impressione di star aggiungendo dettagli al proprio basket, di gara in gara. Le vere lacune di Bagley risiedono nella metà campo difensiva, nella quale ha dei numeri che sfiorano l’orrore: il 2.6 di block percentage e il 21.5 di Defensive Rebound% sono cifre che ci parlano chiaramente di un giocatore con pochissima consapevolezza nell’utilizzo dei suoi mezzi atletici per il bene del suo team. Chi lo sceglierà saprà di aver preso un giocatore con pro e contro estremamente ben definiti e si assumerà la responsabilità di smussare gli angoli di un talento che più di altri potrebbe essere incline a sbandare.
5) Mohamed Bamba (C, Texas Longhorns)
All’interno di un Draft così variegato dal punto di vista della proposta tra i lunghi, non poteva mancare uno giocatore che si inserisce nel solco dei dinosauri a cui accennavamo qualche settimana fa. Mo Bamba è probabilmente l’atleta migliore della Lottery, una cosa non da poco in una classe così dotata: una verticalità esplosiva e una mobilità assolutamente fuori scala sono le armi principali di questo pterodattilo di 2.11 che sfiora addirittura i 240 cm (!!!) di wingspan. Inutile dire che con quei mezzi atletici e quell’apertura alare (che sarebbe al momento la più ampia nella NBA) il centro da Texas si candida ad essere un’arma micidiale in difesa tanto nella difesa del ferro (quest’anno 3.6 stoppate a gara, 4.8 su 40′ con quasi il 13% di block percentage), quanto nella possibilità di tenere i palleggi degli esterni, non pagar dazio sui cambi e sporcare le linee di passaggio avversarie. In attacco, chiaramente, è già pronto a essere un rollante di qualità, essendo un chiarissimo lob target.
In più, rispetto ad altri dinosauri, converte con oltre il 68% i liberi, cosa che probabilmente ci permetterà di non assistere mai a un Hack-a-Bamba, e ha un gioco spalle a canestro non ancora profondissimo ma piuttosto solido. Il tiro da tre punti è, ovviamente, tutto da costruire ma gli 1.7 tentativi a gara tenuti con i Longhorns, sommati a quella percentuale bene augurante ai liberi, potrebbero prefigurare un futuro in cui Bamba non sia automaticamente battezzabile da ogni difesa. Le grane, quando si parla di lui, cominciano a partire dalla sua fisicità così particolare: supera a mala pena i 100 kg e questo lo porta ad assorbire male i contatti nelle due metà campo e a perdere tanti palloni quando è contestato. Inoltre, spesso è stato soggetto a problemi di falli che ne hanno limitato il rendimento estraniandolo da gare piuttosto importanti. Deve imparare a incanalare al meglio la sua esuberanza atletica in difesa per diventare il Rudy Gobert 2.0 che in molti vedono in lui.
6) Jaren Jackson Jr. (PF/C, Michigan State Spartans)
Altra pick, altro lungo, altro freak. Jaren Jackson è uno dei profili in maggiore ascesa negli ultimi mesi di Mock: non ci sarà da stupirsi se finirà in Top 5, qualcuno addirittura ipotizza in Top 3. Il motivo di una crescita di interesse così bruciante nei suoi confronti è presto detta: potrebbe essere il prototipo del centro 3&D. E, si badi bene, non stiamo parlando solo di un eccellente rim protector che può anche tirare da tre: Jackson interpreta la propria pallacanestro proprio come un 3&D. Ben 2.7 delle sue 6.6 conclusioni a gara arrivavano da oltre l’arco (convertite con il 39.6%) e i suoi istinti difensivi vanno ben oltre la sua smodata capacità di stoppare i tiri: non è raro vedergli effettuare roaming difensivi di qualità, cambiare sugli esterni e soprattutto fornire grandi interpretazioni della difesa sul pick-and-roll. Aiutato dalla apertura alare di 224 cm e da un ottimo atletismo, JJJ è una dinamo sui due lati del campo che non può che stuzzicare gli scout: quando recupera il pallone spesso può spingere da solo il contropiede e arriva al ferro con un paio di palleggi.
Recuperi, stoppate, triple fuori equilibrio e transizioni guidate in prima persona.
Si accennava poco fa alla sua capacità di proteggere il ferro: se parametrato su 40 minuti Jackson stoppa ben 5.5 tiri a gara e tiene una block percentage del 14.3% che lo pone al secondo posto dell’intera Division 1. La sua presenza difensiva, seppur limitata a un minutaggio inferiore ai 22 minuti di media, è stata tanto impattante che gli Spartans sono passati dal 52esimo piazzamento dello scorso anno al primo posto assoluto di questa stagione nella percentuale di tiri stoppati. Malgrado queste potenzialità abbaglianti, i limiti di Jackson sono ancora tutti da vedere: la sua tendenza a perdere tante palle (17.4 di turnover percentage), la mancanza di un arsenale profondo in post basso, il decision making ancora molto involuto e la sua scarsa verve a rimbalzo (nelle gare di conference ha collezionato appena 4.8 rimbalzi totali a gara) lo tengono ancora lontano dalla Top 5 ma tra combine e work-out con le squadre, può scalare ulteriori posizioni.
7) Trae Young (PG, Oklahoma Sooners)
Per un lungo periodo all’interno della stagione Trae Young è sembrato essere un candidato alla Top 5, poi le sue ultime apparizioni in NCAA hanno un po’ fatto scendere le sue quotazioni. Young resta comunque un giocatore difficile da passare nelle primissime posizioni e assolutamente peculiare nella sua interpretazione della pallacanestro: basti dire che quest’anno ha guidato la NCAA in punti (27.1), assist (8.7) e assist percentage (48.5) ed è stato secondo per Usage Rate (37%). Le sue armi sono tutte lì da vedere, così come i suoi limiti: Trae Yong crea pallacanestro, per sé e per i compagni e per farlo deve avere la palla in mano e sentirsi assolutamente libero di convogliare su di sé il maggior numero possibile di tiri dal palleggio, preferibilmente da tre punti (ha tentato oltre 10 triple a gara quest’anno). Il suo DNA tecnico e il suo istinto lo rendono soggetto a degli inevitabili paragoni con Steph Curry che, a dirla tutta, non gli hanno necessariamente fatto bene.
Le contromosse attuate contro il suo range illimitato lo hanno messo automaticamente nelle condizioni di coinvolgere i compagni con efficacia, ma allo stesso tempo ne hanno esposto i limiti caratteriali. Con tutta la pressione difensiva e mediatica che lo ha attorniato ad un certo punto della stagione, Young ha visto piuttosto vistosamente calare il suo rendimento, perdere più palloni e scendere le sue percentuali, tenendolo appena al 32.3% da tre nelle gare di Big 12. Con 167 palle perse stagionali guida la NCAA in turnovers: ne ha perse 6.1 a gara con una turnover percentage del 20% nelle gare di Conference. Inoltre, va nascosto in qualche modo in difesa: non ha i mezzi fisici e atletici per stare con le point guard NBA, che potrebbero tramutarlo in un mismatch da punire in ogni singolo possesso. Con ogni probabilità, Trae Young è il talento più high risk/high reward del Draft. La vera domanda è: in quanti rinunceranno ad assumersi un rischio simile, lasciandolo scivolare fuori dalla Top 10?