Questa settimana NbaReligion.com vi presenta la quinta e ultima macro-categoria oggetto di analisi del contest “Commissioner for a day”: Marketing & Branding.
Per la NBA i dati riguardanti le entrate derivanti da sponsor sono in costante ascesa da otto stagioni e la regular season 2017-18 è stata segnata da una piccola-grande rivoluzione a livello di marketing. Piccola, sì, perché in fondo stiamo parlando di quadratini di circa 6,35 cm, ma dal grande impatto – anche economico: è stato stimato infatti un ricavo compreso tra i 2,5 e i 6 milioni di dollari l’anno, con variazioni a seconda della franchigia. Il progetto-pilota, della durata di tre anni, ha incassato sin da subito il sostegno dei 76ers – Trust the Process sempre e comunque – accordatisi con StubHub e seguiti a ruota dalle altre squadre.
Adam Silver, da sempre attivo alla ricerca di partnership commerciali trasversali, ha sostenuto l’iniziativa sin da subito:
“La comparsa degli sponsor sulle maglie permette una relazione più profonda con partner interessati a costruire un legame con le nostre squadre. E i soldi ricavati aiuteranno a far crescere ulteriormente il gioco. Siamo sempre alla ricerca di nuovi modi per mantenere la NBA competitiva sul mercato globale, e non vediamo l’ora di vedere dove ci porteranno questi 3 anni di sperimentazione.”
Contestualmente, sempre a partire da quest’anno, Nike è subentrata ad Adidas nel ruolo di sponsor tecnico per 29 squadre su 30; Charlotte, come prevedibile, fa da sé e veste Jordan.
I colossi dell’abbigliamento sportivo hanno dimostrato di voler investire in maniera importante, non senza rischi, si pensi al caso emblematico di Derrick Rose – sull’immagine dei giocatori NBA e la lotta con la concorrenza per assicurarsi i campioni, di oggi e di domani, è sempre accesa (se non ti chiami Lonzo Ball). La rivista Forbes offre un quadro più chiaro – aggiornato a giugno 2017 – degli accordi commerciali in essere più remunerativi per i giocatori ancora in attività (nessuna sorpresa in testa alla classifica). It’s gotta be the shoes, senza dubbio.
A livello pubblicitario, nel bene e nel male, nulla può pareggiare l’effetto dirompente generato dal Big Baller Brand, l’azienda della famiglia Ball che fa capo all’istrionico LaVar, capace di attirare 120k visualizzazioni su Youtube e mobilitare giornalisti ESPN per una partita di esibizione del campionato lituano tra il Prienu Vytautas e la squadra B dello Zalgiris.
Ball Sr., dopo numerose porte chiuse in faccia, si è reso protagonista di trovate discusse e discutibili, ma se “l’importante è che se ne parli” ha fatto davvero centro.
Finalizzati all’espansione del brand NBA, non vanno dimenticati poi gli eventi di portata globale come Basketball Without Borders, cui deve molto un All-Star come Joel Embiid, e gli incontri ufficiali disputati al di fuori del confine statunitense (includendo il Canada nel caso di Toronto): non solo a Londra, a noi più vicina, ma anche a Città del Messico.
In chiusura vi ricordiamo che avete tempo fino alla mezzanotte di giovedì 10 maggio per inviare i vostri progetti – e non c’è un tiro di Belinelli allo scadere a potervi garantire l’overtime.
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