Nelle prime due sfide contro gli Houston Rockets, Stephen Curry ha faticato e non poco: la superstar ha infatti tirato con un misero 15% dall’arco, percentuale assurda per un tiratore del suo calibro.
Se in Gara 1 la sua scarsa efficienza nel realizzare triple è stata compensata dall’eccezionale lavoro svolto da Kevin Durant e Klay Thompson (65 punti in due), in Gara 2 l’ennesima prestazione monstre di Durant non è bastata ad evitare la sconfitta.
Nonostante un avvio decisamente problematico, che potrebbe costare caro ai suoi Warriors, Curry ha affermato di non essere particolarmente preoccupato in un’intervista a ESPN:
“In allenamento ho tirato prima 0-11 e poi 1-8 prima di iniziare a mettere delle triple. Prendo sempre il tiro successivo con il massimo ottimismo, pensando che entrerà a canestro. Posso lavorare durante gli allenamenti e nel pre-partita per entrare al meglio in ritmo e lavorare sulla mia meccanica di tiro, ma non perderà mai fiducia in me stesso. Questo non cambierà mai.”
In Gara 1 Curry ha messo a segno solo una tripla sulle cinque tentate, chiudendo la partita con 18 punti segnati; in Gara 2 è andata anche peggio, realizzando solo una tripla su 8 tentativi e chiudendo con un bottino complessivo di 16 punti.
Tra i motivi che possono spiegare questo improvviso blackout del due volte MVP c’è, oltre alla grandissima difesa messa in campo da Chris Paul, la pressione psicologica cui Curry è sottoposto durante la fase difensiva. Houston ha infatti letteralmente messo alle corde Curry nelle prime due sfide: Curry ha difeso un totale di 15 isolamenti in Gara 1 e 13 in Gara 2. In entrambi i casi siamo di gran lunga sopra al numero di isolamenti che il giocatore ha dovuto difendere negli ultimi 4 anni, in regular season e in post-season.
I Rockets sono riusciti finora ad ingabbiare uno dei migliori giocatori della lega e molto del loro successo dipenderà proprio dalla loro capacità nel continuare a tenere fredda la mano di Steph Curry.
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