Mentre attendiamo di sapere dove finiranno i vari LeBron, Paul George, Kawhi e chi più ne ha più ne metta, vorremmo dedicare qualche minuti a dei giocatori che, dopo questa stagione, meritano un momento di attenzione. Chi non si è mai trovato al centro dell’attenzione, chi ha faticato a trovare una collocazione nella lega fino a questo momento.
Per la precisione, parleremo di quei giocatori che, dopo anni vissuti con addosso l’etichetta di oggetti misteriosi, sembrano aver finalmente trovato la propria dimensione, e che sono chiamati alla sfida più difficile di tutte: non rivelarsi un fuoco di paglia nella prossima stagione. 5 giocatori che, dopo essere stati sfiorati dal calore delle luci dei riflettori, non hanno nessuna voglia di tornare nel freddo cono d’ombra.
1. Tyreke Evans
Quarta scelta assoluta, uno dei 4 giocatori nella storia a tenere una media di 20 punti, 5 assist e 5 rimbalzi nell’anno da rookie (tanto per intenderci, gli altri 3 sono Jordan, LeBron e Robertson), MVP del Rising Stars 2010 e Matricola dell’Anno.
L’ingresso di Tyreke Evans nella NBA ha avuto lo stesso effetto di un potente terremoto: ha scosso tutto l’ambiente e nessuno ha potuto evitare di parlarne. Alla fine della stagione 2009/2010 sembra essere nata una stella, la “next big thing”.
Dalle stelle alle stalle: inizia un lungo declino conclusosi solo quest’anno, in cui Evans è tornato a giocare un basket scintillante con la divisa dei Memphis Grizzlies.
La sua rinascita è imputabile sostanzialmente a due motivi: la costruzione di un buon tiro dall’arco e la sua trasformazione in un portatore di palla. Dopo aver mostrato di poter far valere la sua forza fisica e il suo ball-handling per concludere al ferro, la vera sorpresa è stata vedere Evans chiudere la regular season con la stessa percentuale al tiro di Kyle Lowry (40%). Il lavoro sul tiro da 3 ha iniziato a dare i suoi frutti già due anni fa, ma è solo durante questa stagione che Evans si è definitivamente consacrato come eccellente tiratore dall’arco. Al di là della percentuale, è interessante osservare come questa sia la prima stagione in cui Evans sceglie l’opzione dall’arco con una certa ricorrenza: si passa da 2,49 triple tentate a partita in carriera a 5,5 tentate in questa singola stagione (è anche la prima stagione in cui realizza oltre il 35% dei suoi punti con tiri dall’arco).
E ancora: la maggior parte dei tiri da 3 realizzati giungono da situazioni di isolamento; elemento che non fa che confermare quanto efficace sia diventato in questo fondamentale. Oltre allo sviluppo tecnico, la trasformazione in portatore di palla è stata altrettanto determinante per la sua maturazione. La possibilità di duellare con giocatori di stazza notevolmente inferiore rappresenta un vantaggio enorme per chi ha sempre avuto nell’attacco al ferro il suo punto di forza. Il fatto di rappresentare una minaccia anche dall’arco, inoltre, regala a Evans la possibilità di penetrare come un coltello nel burro tra le maglie delle difese avversarie, che non possono più permettersi di lasciarlo libero per un tiro dalla distanza.
Evans porta palla, dialoga con Gasol, sfrutta un suo blocco per fintare un tripla e chiude al ferro con layup.
Evans ha dimostrato di essere tornato un giocatore efficace e di essere sicuramente più completo rispetto alla sua rookie season, ma non è ancora riuscito a scrollarsi di dosso l’etichetta di “good stats bad team player” e ha dimostrato di aver bisogno di essere ball-dominant per risultare realmente efficace. Dopo che mezza NBA gli ha fatto la corte durante la free agency, chi sarà disposto a scommettere sulla sua personale “roaring rampage of revenge”?