Kawhi or nothing
I Toronto Raptors, da parte loro, si sono prodigati in un affare che può davvero essere ricordato come lo spartiacque più importante nella storia della franchigia. La dirigenza, capitanata da Masai Ujiri, ha intuito che, con l’impalcatura composta da Lowy-DeRozan e Casey in panchina era stato raggiunto il massimo possibile e ha scelto di premere un’ideale pulsante rosso che, nel giro di 12 mesi, potrebbe rendere Toronto più competitiva che mai o portarla allo smantellamento. Se già l’idea di separarsi da coach Casey rappresentava un’evidente cesura rispetto al loro passato recente, la scelta di liberarsi dell’unico All-Star cresciuto e allattato in casa che ha scelto di restare a Toronto fino al termine della sua carriera è da leggere come una dichiarazione bellicosa non solo nei confronti della Eastern Conference ma anche nei confronti della forma mentis dei giocatori a roster: troppe stagioni positive culminate con dei Playoff deludenti hanno lasciato che si sedimentasse, tra gli addetti ai lavori, l’idea che Toronto non potesse farcela.
Solo uno dei meme più famosi sulla trasformazione dei Raptors ai Playoff (Credits to SportsNation)
Ujiri, allora, ha effettuato il più spregiudicato all-in nella storia recente della lega: ha preso un quasi-MVP che sembrerebbe non avere nessuna intenzione di restare ma che potrebbe essere convinto da una cavalcata trionfale in una Eastern Conference finalmente orfana del suo Re. Una prospettiva ardita ma non irrealizzabile, che si fa ancor più plausibile se si pensa al caso-George. Con l’arrivo di Leonard e Green, infatti, Toronto porta in casa due tasselli tecnicamente perfetti per svettare nella Eastern Conference: due esterni dotati di una versatilità difensiva perimetrale di livello indiscusso, con le braccia lunghe e i piedi rapidi che servono per combinarsi agli altri eccellenti difensori in rosa e contendere la vetta dell’Est a squadre come Philadelphia e Boston, entrambe dotatissime di talento e pericolosità in ogni zona del campo. Leonard, però, oltre ad essere un due volte miglior difensore della lega, è anche un attaccante che ha mostrato di poter essere il go-to-guy di una squadra d’élite NBA, riuscendo a spiccare anche in contesti ultra-selettivi come le Finals NBA: quasi un unicum in una Conference nella quale l’unico giocatore attualmente competitivo che ha avuto un impatto comparabile su una squadra da titolo è Kyrie Irving. Anche Green concorre a ridisegnare la tenuta da Playoff dei canadesi: un 3&D di quel livello con quel tipo di esperienza ai massimi livelli era proprio ciò che mancava a Toronto per provare a fare quel passo in più che serviva verso le Finals. E, qualora l’assalto alle finali dovesse riuscire, i Raptors potrebbero avere anche qualche cartuccia da sparare contro qualsiasi avversario: Lowry, Green, Anunoby, Leonard, Siakam e Ibaka sono giocatori potenzialmente spendibili e competitivi su due metà campo anche contro gli Warriors (che, ricordiamolo, restano gli strafavoriti) o i Rockets. In più, Ujiri è riuscito a sacrificare una scelta molto protetta (anche se al momento appare improbabile che Toronto non sia tra le prime 5-6 squadre della lega) e un solo pezzo della sua panchina delle meraviglie, lasciando quasi intatta la possibilità di avere una second unit che possa aiutare in maniera sostanziosa un suo quintetto che si candida a essere tra i migliori della lega sulle due metà campo. Insomma, trovare un punto debole immediato alla mossa del GM ex Nuggets appare davvero difficile. La cosa incredibile è che giudizio su questa metà di trade potrebbe non cambiare anche se Kawhi dovesse scegliere di andare via da Toronto. Innanzitutto i Raptors potrebbero dargli un contratto ben più sostanzioso (190 in 5 anni) di quello che potrebbero offrire tutte le altre franchigie (141 in 4): questo potrebbe anche portare il prodotto di San Diego State ad accettare una sign-and-trade e a non lasciare completamente scoperta Toronto. Ma, anche laddove Kawhi dovesse lasciare il Canada senza alcun “paracadute”, Toronto sarebbe già ampiamente indirizzata verso una ricostruzione che troverebbe il suo apice di flessibilità dopo un solo anno di attesa.
Solo 10 milioni garantiti per la stagione 2020-2021 per Toronto: piuttosto rapido come processo di smantellamento.
Una situazione piuttosto comoda, quasi scolastica, se si considera l’ormai appurata impossibilità di vincere con il nucleo avuto fino alla primavera del 2018 e l’assoluta inutilità derivante dall’abbracciare un’aurea mediocritas nella NBA. Ujiri, con questa trade, ha posto i suoi dinnanzi al più squilibrato dei bivi: essere competitivi o smantellare più rapidamente di chiunque.
A questo punto la palla passerà di nuovo a Kawhi Leonard: quando la sua scelta sarà effettuata, attraverso le sue decisioni saranno stati modellati i destini di almeno tre franchigie NBA e noi potremmo ricordare questa trade come un affare che, a lungo termine, non avrà prodotto veri vincitori e vinti.