L’ultimo ricordo che conserviamo dei Portland Trail Blazers 2017-18 è il dispotico 4-0 subito dai New Orleans Pelicans nel primo turno di Playoff. Un risultato netto, che non ha ammesso repliche e ci ha portato a scordare istantaneamente tutto ciò che era successo in regular season. I Blazers sono riusciti a guadagnarsi la miglior piazza possibile, la terza, all’interno dell’enorme guerra-Playoff che ha caratterizzato la Western Conference, con un record di 49-33 che rappresenta il miglior risultato dalla stagione 2014-15. Come ha sottolineato lo stesso Stotts, però, sono i Playoff a definire le stagioni e un risultato simile non può che sollevare un gran numero di interrogativi riguardo le possibilità di evoluzione di un roster come quello di Portland.
L’ultima recita stagionale di Portland.
Se ciò non bastasse, l’operato societario non si è sempre mostrato al di sopra di ogni sospetto: il ricco rinnovo offerto a Nurkić risultava obbligatorio, ma potrebbe collidere temporalmente con lo sviluppo di uno degli altri investimenti pesanti degli ultimi anni, Zach Collins. Allo stesso tempo, tanto in sede di Draft quanto in free agency, sono arrivate solo guardie, mentre il reparto ali sembrava necessitare particolarmente di un innesto. La perdita di due eccellenti pezzi della panchina come Ed Davis e Shabazz Napier, dunque, potrebbero essere assorbite meno agevolmente di quanto preventivato. Scelte di questo tipo, se sommate ad alcune del passato, non possono che riverberarsi sul futuro della franchigia dell’Oregon.
Punti forti
Quando si pensa ai punti forti di Portland appare davvero difficile non citare quello che è uno dei migliori backcourt della lega: Damian Lillard e CJ McCollum sono due macchine da punti, reduci da un’annata estremamente matura per quanto concerne l’impatto sulla propria squadra. Il primo ha raggiunto finalmente il traguardo del primo Team All-NBA, mentre il secondo, pur subendo un più o meno evidente calo in tutte le principali voci statistiche, sembra aver stabilizzato il proprio apporto alla causa, confermandosi come un eccellente secondo violino tanto per capacità individuali, quanto per possibilità di integrazione con i compagni. I due, sommati, hanno prodotto quasi la metà del bottino quotidiano dei Blazers (48.3 punti su 105.6) e hanno contribuito pesantemente a rendere la franchigia dell’Oregon una delle tre squadre più efficienti della lega in lunetta (80% di squadra a cronometro fermo su 20.9 tentativi, di cui 10.5 firmati da loro due). Insomma, non si può negare che Portland sia una squadra a trazione posteriore, che condensa gran parte del proprio talento nel backcourt.
Si son viste coppie peggiori.
Eppure, sorprendentemente, non è l’attacco ad aver permesso a Portland di raggiungere la terza posizione ma un diverso approccio nella metà campo difensiva. I Blazers sono riusciti a far registrare l’ottava efficienza difensiva dell’intera lega (concedendo 104.2 punti su 100 possessi) grazie a un’aggressività tutta nuova sul pick-and-roll, una novità resa possibile soprattutto dal parco ali piuttosto variegato e difensivamente versatile a disposizione di Terry Stotts.
Oltre a poter vantare un gran numero di solidi difensori sulla palla e di giocatori capaci di cambiare su più avversari, i Blazers possono anche vantare una protezione del ferro tra le migliori nella lega: nell’ultima stagione si sono piazzati settimi per stoppate rifilate a gara (5.2) e sesta per punti concessi in area agli avversari (42) e conclusioni da 2 punti contestate (43.6). Il motivo risiede chiaramente nell’ottima attitudine dei lunghi a proteggere il ferro e ad occupare lo spazio giusto. Sia Nurkić che Ed Davis, infatti, garantivano una rim protection di eccellente livello, che facilitava enormemente il compito al proprio backcourt, permettendogli di spingere dentro con frequenza gli avversari. Il compito degli esterni di Portland era, dunque, quello di coprire immediatamente la palla e indirizzare il palleggiatore verso le zone in cui avrebbe potuto incontrare un aiuto. La partenza di Davis in direzione Brooklyn dovrà responsabilizzare enormemente Zach Collins, che però, in alcuni momenti della seconda metà della scorsa stagione, ha mostrato sprazzi benaguranti in entrambe le metà campo.
Pur non eccellendo nella capacità di sporcare il possesso degli avversari – i Blazers sono tra i peggiori team della lega sia per quanto concerne le steals sia per quanto concerne le deflections – Portland ha, quindi, potuto costruire una difesa solida che si basasse principalmente sulle caratteristiche del materiale a disposizione: la capacità di cambiare degli ali, la rim protection degli interni e la rapidità degli esterni che si traduce anche, poi, nella capacità di tuffarsi su un pallone nel momento decisivo (i Blazers si sono piazzati in Top 10 per Loose Ball Recovered).
A questo impianto difensivo, Portland ha anche aggiunto una feroce aggressività sotto le plance: i Blazers si sono piazzati nella Top 3 per rimbalzi complessivi nella scorsa stagione (45.5), scavallando quota 10 rimbalzi offensivi a gara e riuscendo, in questo modo, a mettere costantemente sotto pressione le difese avversarie, che hanno concesso loro ben 13.3 punti a gara su extra-possesso: un dato importante per un attacco nella media della lega come quello di Portland.
La peculiarità di questa squadra, però, è quella di trovare i propri punti deboli esattamente sull’altra faccia della medaglia dei propri punti forti.
Punti deboli
Come detto, tanti dei mezzi a disposizione di Portland possono trasformarsi in armi a doppio taglio. Prendete gli uomini-chiave della difesa: il reparto ali e Nurkić. Il centro bosniaco è, come detto, un buon difensore del ferro e un ottimo rollante (produce 1.02 punti a possesso su 4.4 pick-and-roll ogni sera) ma è ancora decisamente poco a suo agio fuori dalle sue comfort zone: non è in grado di risultare pericoloso dal perimetro e, soprattutto, sembra completamente un pesce fuor d’acqua se portato lontano dal ferro. Con l’intento di evitare di intasare l’area, Stotts ha scelto di coinvolgere spesso il suo centro con dei pick-and-roll centrali o degli hand-off, in maniera tale da costruire continuamente delle situazioni di gioco a due in grado di generare cambi, liberare lo spazio a centro area per il roll del bosniaco o, alternativamente, per consentire ai suoi esterni di essere pericolosi sia sul perimetro che con le penetrazioni. I problemi maggiori per Stotts sono nati contro squadre che disponevano al contempo di esterni che non avevano paura di aggredire alti il palleggiatore e di interni con i piedi rapidi, capaci di eseguire show e recuperi di livello. I Pelicans, ad esempio hanno estremizzato la mancanza di versatilità offensiva di Nurkić allargandogli il campo a dimsmisura.
Inoltre, malgrado un ruolo molto importante nella metà campo difensiva, Nurkić non ha ancora epurato quella forte componente di istintività che pervade il suo gioco e lo lascia in balia degli uno contro uno avversari, soprattutto lontano dal ferro. Non è un caso che la peggior versione del bosniaco si sia vista proprio contro i Pelicans, una squadra con dei lunghi tecnici capaci di portarlo fuori dall’area e di farlo saltare sulle finte, costringendolo a spendere dei falli puerili.
Aminu, Harkless e Turner, invece, possono essere giocatori piuttosto importanti nella metà campo difensiva grazie al loro corretto inquadramento nel sistema ma si trasformano in dei grossi punti di domanda a ogni possesso offensivo. Se i difetti di Turner sono ben noti a tutti, anche Aminu e Harkless non dispongono di un tiro affidabile e tanto il 36.9% nelle triple fatto registrare da Aminu su quasi 5 tentativi a gara, quanto il 41.5% fatto segnare da Harkless su 2 tentativi, sono due dei dati più positivi dell’ultima stagione. Anche grazie ai progressi al tiro delle sue ali, Portland è riuscita a issarsi all’undicesimo posto nella percentuale da tre punti (36.6%), ma è lecito domandarsi quanto una stagione simile sia ripetibile. I difetti nella costruzione di un tiro di un intero reparto erano sotto gli occhi di tutti e, non a caso, in molti si aspettavano che almeno una delle due scelte di questo Draft venisse spesa per un’ala capace di costruirsi un tiro dal palleggio o in avvicinamento al ferro.
Sono arrivate, invece, due guardie, Gary Trent Jr. e Anfernee Simons, due prospetti piuttosto acerbi da inserire in una squadra che non dispone nemmeno di una franchigia di sviluppo in G League. Una scelta coraggiosa che, però, potrebbe non aggiungere nulla nell’immediato a una squadra che ha messo in mostra un attacco assolutamente nella media (16esimo Offensive Rating nella lega). Non l’unica scelta societaria discutibile per Portland, che negli ultimi anni si è trovata a dare contratti pesantissimi a tanti elementi non necessariamente eccellenti del proprio roster, salvo doversi poi liberare di alcuni di essi, magari cedendo delle scelte. Un’ulteriore eliminazione al primo turno con evidenti risposte a riguardo della mancanza di competitività di un core composto da Lillard-McCollum e tanti giocatori pagati più del loro valore potrebbe mettere la parola fine su questa versione dei Blazers.
Scenario Migliore
Lillard e McCollum si confermano su livelli di eccellenza e riescono a migliorare anche la loro capacità di coinvolgere i compagni: Aminu, Turner e Harkless trovano buone stagioni al tiro e anche Nurkić e Collins mostrano di poter esplorare nuove zone del loro gioco. Uno tra Trent e Simons sostituisce con efficacia Napier mostrandosi più avanti di quanto auspicabile nel percorso di crescita e Swanigan mostra dei progressi che gli fanno guadagnare un posto stabile in rotazione. Con una chimica sempre crescente e una finestra luminosa sul futuro Portland centra le 50 vittorie stagionali, confermandosi terza forza a Ovest.
Scenario Peggiore
Qualche infortunio frena il backcourt titolare e Stotts è costretto a dare troppo spazio alle numerose guardie presenti sul fondo della rotazione, senza trovare la quadra. Nurkić non riesce a fare passi in avanti né nel tiro perimetrale né nell’allargamento del proprio range difensivo, rendendo così la convivenza con Collins un problema di stretta attualità. Le ali si rendono protagoniste di pessime stagioni al tiro, andando così a minare anche la propria consapevolezza difensiva. Un disastro del genere vorrebbe dire meno di 40 vittorie stagionali, Playoff mancati e rifondazione da effettuare in tempi brevissimi.
Pronostico
Le possibilità che questo gruppo riesca a raggiungere un piazzamento Playoff restano comunque rilevanti. Confermarsi tra le quattro squadre dell’Ovest in grado di giocare il primo turno con il fattore campo a favore, invece, sembra davvero difficile, anche se la Western Conference ci ha abituati a tutto. Uno score che avvicini le 45 vittorie e una serena eliminazione al primo turno di off-season sembrano due scenari piuttosto tangibili per la banda di Terry Stotts, che a fine anno potrebbe ritrovarsi tra le mani ancor più interrogativi che in questa off-season.
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