Siamo rimasti… per strada. A motore ingolfato e con il guidatore incapace di fare ripartire la baracca. Mi spiego. La strada in questione è una stagione 2017/18 conclusa con il record negativo (il terzo in quattro anni di direzione Stan Van Gundy) di 39-43 (nona casella nell’Est). Il motore ingolfato è ciò che lo stesso SVG nel corso della stagione ha definito “una difesa inconsistente e un atteggiamento molle” per i Pistons di Detroit, proprio là dove di motori dovrebbero intendersi… La ‘Stansanity’ questa volta ha fallito.
La baracca, dopo la deludente stagione dell’anno precedente, non ha progredito a sufficienza per centrare la redenzione nei Playoff 2018, bucati anche in una Eastern Conference di sempre più basso livello. Ok gli aggiustamenti in corsa con la trade Harris+Bradley per Griffin, ok lo stop lungo di Reggie Jackson, ma per una squadra di Van Gundy, anche con tutte le attenuanti del caso, registrate i problemi difensivi di cui sopra e chiudere la stagione al 22° posto complessivo per punti segnati a gara (103.8) con il 19° Offensive Rating (107.2), significa davvero che l’uno per gli altri non può davvero più fare molto. E quindi ecco che arriva col gelido vento del North da oltreconfine l’allenatore che non ti aspetti. Il migliore. Letteralmente. Lo dice la lega almeno, che al termine della stagione precedente ha conferito a Dwane Casey l’onorificenza più alta per il suo ruolo, ovverosia il Coach of the Year. Perché poi dopo questo riconoscimento i Raptors se ne siano voluti sbarazzare non è affar che interessa questa sede (anche se, qualche colpa all’ennesimo cappotto subìto dai Cavs la si potrebbe attribuire…). Qui comunque ne prendiamo atto e riconosciamo quanto il colpo del mercato estivo possa essere per i Pistons la carta giusta da giocare in un momento ancora migliore.
Coach Casey ha dimostrato in casa Toronto di poter portare competenza e cultura cestistica, sino a rendere i Raptors una delle forze più solide dell’Est, con tanto di 59W la stagione scorsa. Per lui quindi una seconda sfida format ‘from Zero to Hero’ per provare a rilanciare una franchigia storica come i Pistons e riaccendere quei motori i cui ingranaggi principali saranno gli insospettabili Big 3 di Motor City: Jackson-Griffin-Drummond. L’obiettivo, in una Eastern Conference in cui tutto è possibile, è arrivare ai Playoff già quest’anno ripartendo da quelle qualità che definiscono coach Casey in quanto tale e che ribadiamo con le parole dell’owner dei Pistons Tom Gores: “Casey ha fame, conoscenza e capacità di parlare e ascoltare i giocatori”.
Bene, anzi benissimo in una squadra i cui leader sono un lunatico Reggie Jackson, un Drummond ancora del tutto da scoprire e Blake Griffin, arrivato a Detroit non certo per fare il terzo violino anche se ultimo arrivato. Alla gestione dei propri big e perciò degli equilibri forti della squadra, Casey si dovrà poi occupare di un supporting cast restaurato in estate, con un Glenn Robinson III pronto ad aggiungere la sua mattonella offensiva e un Zaza Pachulia dalla panchina per dare minuti a Drummond senza perdite, almeno nella propria metà campo. E poi, e poi c’è Jon Leuer. Ah, Leuer… 10 milioni di dollari annui di contratto (il più pagato dopo i top player) e reduce da un’annata da 8 partite disputate con 5.4 punti di media, con conseguente operazione in agosto dopo l’infortunio riportato al ginocchio. Per l’onere che è mantenerlo e tenerselo in squadra per questi Pistons, Leuer al momento rappresenta una delle incognite più grandi, tenendo impegnata una buona fetta del salary da infortunato e senza grandi garanzie che valga la pena attendere il suo rientro in campo, per quanto mostrato anche l’anno scorso. Ma vediamo nel dettaglio con quale carta d’identità tecnica si presentano i Detroit Pistons ai nastri di partenza.
Punti Forti e Punti Deboli
Dopo lo scioglimento delle Twin Towers di New Orleans, i Pistons si presentano al warm-up della stagione con un big duo di prim’ordine, formato da Andre Drummond e Blake Griffin.
Drummond risponde all’identikit del giocatore solido. Minaccia da prendere per vera nell’attacco al ferro, in avvicinamento, dal post basso o su alley-oop dei compagni. Nella propria metà è dove però Andre si esprime al meglio. Reduce dalla miglior stagione personale nei rimbalzi (16 di media), può essere, dato alla mano, considerato fra i migliori della Lega da questo punto di vista. In più, Drummond ha con sé anche un valido certificato di garanzia (senza volergli portare male alcuno). Lo dicono i numeri, avendo lui saltato appena 7 partite nelle ultime 5 stagioni. E se i Pistons si assicurano un rim protector eccellente e quindi un’area difensivamente blindata con Drummond in campo, trovano il contraltare offensivo nel nuovo arrivato Blake Griffin.
Nella passata stagione l’ex Clippers è stato il solo fra i ranghi di Detroit a tenere una media di 20 punti (21.4 per la precisione, 19.8 ad essere pignoli durante le appena 25 uscite con i Pistons). Inoltre, per Griffin questa potrebbe essere la stagione giusta per confermarsi un top player affidabile e di spicco anche in una lega dove i big-men di alto livello negli ultimi tempi spuntano come funghi a ottobre. Con i molti addii nell’Est e lui che invece ha compiuto a gennaio il tragitto inverso, Griffin si appresta a disputare una stagione intera da Pistons in qualità di potenziale vero leader della squadra. L’uomo giusto sul campo per far compiere a una formazione eternamente incompiuta il definitivo salto di qualità per ambire alle piazze che contano in classifica. Psicologicamente e non solo, Griffin potrà alleggerire e non di poco il peso della responsabilità e aspettative che negli ultimi anni hanno gravato sulle spalle della coppia Drummond-Jackson, pregiudicando soprattutto nel caso del secondo alcune prestazioni. Le altre due teste del drago potranno in questo modo occupare un ruolo più calzante di: eccellenti ‘seconde scelte’ (passatemi il termine, avercene di seconde scelte come Drummond…)
Per quanto ne abbia detto peste e corna Van Gundy nel corso della stagione (da dopo dicembre in poi per la precisione), al di là dei singoli giocatori il punto di forza più saldo per i Pistons rimane la difesa, storicamente arma distintiva nella fondina di Motor City. Nella stagione passata infatti Detroit ha chiuso decima nella lega per Defensive Rating (107.3) e addirittura ottava per punti complessivi concessi agli avversari a gara (103.9), costretti a tirare il 45.9% dal campo contro di loro. Addirittura diventano 97.5 i punti concessi dai Pistons in occasione di vittoria, con il 98 di Defensive Rating e il 111.3 di offensive.
Dati capovolti invece durante le sconfitte dei Pistons, che prima ancora di accusare un’inefficienza difensiva (palesatasi più marcata e veramente pericolosa nei mesi di dicembre e gennaio dopo un buon inizio di stagione), accusano momenti di blackout offensivi che nella maggior parte dei casi fanno scappare di mano le partite ai Pistons, pregiudicando moralmente anche le operazioni nella propria metà campo. Eccoci di fronte alla faccia più oscura della luna, un attacco per cui se la cura Van Gundy non ha funzionato, l’operazione di mercato che ha portato Griffin a Detroit sicuramente rappresenta invece una scelta azzeccata per i motivi di leadership e catalizzazione di attenzioni avversarie su di sé, che può tornare tanto utile a meccanismi oliati in termini di spacing per i compagni. Certezza? Certo… che no. Poiché fra il novero dei punti deboli dei Pistons compare anche la continuità, un aspetto mancato in una stagione di alti e bassi che si leggono nelle differenze di efficienza registrate.
Nel dettaglio: un Net Rating negativo nei mesi di dicembre, gennaio e febbraio, prima che la presenza di Griffin iniziasse ad influire sui risultati. Eppure, l’ex Clippers è davvero sufficiente per cambiare le cose in casa Detroit? Dati alla mano non sembra così sicuro, poiché s’è vero che sia Griffin che Drummond sono giocatori con scarsa perimetralità e quindi tendenzialmente protesi ad occupare fette di spazio in area nei momenti in cui condivideranno il campo (molti senza dubbio), il pericolo è un restringimento considerevole degli spazi, per una squadra che non si definirebbe cecchina da 3 punti (37.3%) e che quindi allo stato attuale delle cose non riuscirebbe a sfruttare al meglio questa congestione di traffico nel pitturato. In più, il centro di Detroit ha tirato, nei 25 giochi condivisi con Griffin a roster, il 48.4% dal campo, laddove in carriera ha sempre mantenuto una media del 54.5%. Non un bellissimo inizio di convivenza, se si considera che Blake non è che provenga da un record personale eccellente, avendo perso quasi il 33% delle partite disputate nelle sue ultime 4 stagioni regolari.
Dalla convivenza delle Twin Towers in area alla mina vagante fuori dal perimetro. Sì, perché proprio quei giocatori che possono rappresentare i punti di forza Pistons, nella peggiore delle ipotesi possono anche essere un’affilata arma a doppio taglio. Discorso rafforzato quando si parla di Reggie Jackson. Infatti Reggie, senza dubbio uno dei Top 3 della squadra, rappresenta anche un punto di domanda bello grande. Tanto potenziale, ma sinora come frenato dal suo atteggiamento scostante, gli infortuni e una lunaticità cronica sul campo che Casey dovrà smussare a tutti i costi, perché dietro Drummond e Griffin oltre a Jackson sulla carta non è che questi Pistons possano schierare gran che. Tanto passerà infatti anche dai principali giocatori che compongono il supporting cast, con i tanti dubbi legati ai vari Stanley Johnson, Luke Kennard e Henry Ellenson. Maggiori le responsabilità, maggiore dovrà essere la capacità di questi giocatori di crescere all’occorrenza. Voi ci mettereste la firma? Io no…
Scenario Migliore
Casey non si trova impacciato nella gestione delle molteplici sfaccettature di cui abbiamo parlato sinora. Il COY della passata stagione riesce a tirare fuori il meglio da Reggie Jackson e mentre Drummond continua a fare da guardia al ferro come sempre, nell’altra metà campo si crea l’amalgama giusta fra il numero 0 e il fuoriclasse Blake Griffin. I due non si rubano (troppo) spazio a vicenda e il supporting cast segue le direttive del coach ex Toronto con l’ambizione di divenire col tempo quell’arma in più che la panchina rappresentava l’anno scorso per i Raptors. Rimanendo propositivi, credendo nella ventata di nuovo che può portare Dwane Casey, non è impossibile vedere i Pistons lanciati finalmente verso i Playoff, a giocarsi una delle ultime piazze disponibili con i Cavs e Miami.
Scenario Peggiore
Per la Rivoluzione serve tempo. Jackson continua ad accusare le crisi di personalità e le Twin Towers si litigano spazio e palloni in area. Leuer rientra claudicante e dal resto della panchina giungono fiammate scostanti e poco più. In questo caso anche un allenatore come Casey si troverà costretto a rimandare i sogni di gloria e costruire con pazienza, mattone dopo mattone, una mentalità vincente e un gruppo che possa definirsi tale almeno per l’anno successivo. Questo significa un altro nono posto che sa di beffa sulla linea del traguardo.
Pronostico
Ottavo o settimo posto ad Est, con record vincente e ribaltato rispetto all’anno scorso di 43-39.
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