Dove eravamo rimasti
I Los Angeles Clippers, è inutile girarci attorno, sono uno dei segreti meglio nascosti della NBA. In che senso? Il tutto comincia poco più di un anno fa, durante l’estate 2017, quando dopo aver firmato un sign and trade Chris Paul lascia la baracca direzione Houston. LA sembra sull’orlo del precipizio, e decide di affidare tutte le proprie speranze a Blake Griffin sotto forma di rinnovo quinquennale. Tutto bene, se non fosse per il fatto che pochi mesi dopo Griffin viene impacchettato e spedito a Detroit, in uno scambio che mette bene in chiaro quali siano le reali intenzioni di Jerry West (ormai riconosciuto Deus Ex Machina della franchigia, dopo la riduzione del ruolo di Doc Rivers a ‘solo’ head coach, e non più President of Baskteball Operations).
— Blake Griffin (@blakegriffin23) January 30, 2018
A tutto l’universo Clippers è chiaro che il core basato su Paul e Griffin non era in grado di portare particolarmente lontano, e si è preferito di gran lunga accogliere in California i vari Tobias Harris, Avery Bradley e Boban Marjanovic. Quest’estate è stato lasciato andare anche DeAndre Jordan, che da free agent ha finalmente potuto firmare un annuale con gli adorati Dallas Mavericks. Harris, dopo aver mostrato di avere ottimo potenziale nel finale della scorsa stagione, qualche mese fa ha rifiutato un’estensione da 80 milioni in quattro anni, ma allo stesso tempo è arrivato il rinnovo-capolavoro di Lou Williams (provate voi a far firmare un triennale da 24 milioni al sesto uomo dell’anno in carica). Assieme alle conferme di Milos Teodosic e Montrezl Harrell (vera sorpresa della scorsa stagione), i ritorni da gravi infortuni di Pat Beverley, Avery Bradley e Danilo Gallinari, gli arrivi sul mercato di Marcin Gortat e Luc Mbah a Moute e le scelte al Draft di Shai Gilgeous-Alexander e Jerome Robinson, i Clippers hanno tutto per rientrare nella corsa ai Playoff della Western Conference che si preannuncia agguerrita almeno quanto quella della scorsa stagione.
Punti di forza
L’ossatura dei Clippers, per forza di cose, è cambiata molto in estate, e così faranno anche le armi che i ragazzi di coach Rivers potranno sfruttare sul parquet. Il quintetto dovrebbe essere idealmente composto da Beverley, Bradley, Gallinari, Harris e Gortat, che vanno a formare un mix di difesa perimetrale (che con le due guardie dovrebbe infastidire praticamente chiunque), buone spaziature garantite dalla pericolosità dall’arco di Gallinari e Harris, e un bloccante di livello astrale come Gortat, che negli ultimi anni a Washington si è distinto tra i migliori della categoria facendo registrare 7.4 screen assist durante i Playoff (!!!).
Chiaro, dopo cinque anni a Washington Gortat aveva sviluppato un’intesa con i suoi compagni di pick and roll, John Wall e Bradley Beal, che quantomeno inizialmente non sarà replicabile a LA (anche perché Bradley, Beverley e Shai non sono né Beal, né tantomeno Wall), ma avere in squadra un centro del genere può sempre dare una mano importante.
Il leader tecnico del roster è inevitabilmente Tobias Harris, giocatore più talentuoso a disposizione di Rivers e che nei mesi successivi allo scambio con Griffin ha dimostrato di poter prendere le redini di una squadra in lotta per l’ottavo posto, se circondato di un supporting cast di livello.
Lo scettro, comunque, sarà senz’altro da condividere con il vero protagonista della stagione 2017-18 dei Clippers, quel Lou Williams venuto fuori assolutamente dal nulla (quantomeno ben oltre le aspettative) e che ha letteralmente vinto alcune partite da solo per LA, trascinando i compagni martoriati dagli infortuni a sole cinque partite di distanza dall’ottavo posto dei Timberwolves.
Roba così tirata fuori alla Oracle Arena, contro i Golden State Warriors. D’You Know What I Mean? (Per intenditori)
La vera forza dei Clippers in questa stagione sarà probabilmente la profondità del roster, che seppur povero di talento vero e proprio rispetto alle avversarie dirette per i Playoff (non figurano nomi come Anthony Davis, Damian Lillard e Donovan Mitchell) può contare su un livello di esperienza superiore alla media e una vastità di opzioni dalla panchina che potrebbe risultare decisiva.
Il ritorno del nostro Danilo Gallinari rappresenta sicuramente una novità importante, visto l’arsenale particolarmente differenziato a disposizione dell’ala italiana per colpire e offrire una presenza importante sotto canestro, certamente la zona del campo in cui si sentirà maggiormente la mancanza di Jordan.
In questo senso, l’innesto di Mbah a Moute dagli Houston Rockets potrà influire molto, vista la capacità del giocatore camerunese di cambiare sui blocchi e coprire difensivamente almeno quattro posizioni su cinque.
La difesa lo scorso anno era una delle armi che ha contraddistinto di più la squadra di Rivers, e riuscire a proporre l’approccio giusto nella propria metà campo anche senza il miglior difensore della squadra sarà fondamentale per restare competitivi.
Come bonus track, il Draft vedeva la franchigia californiana scegliere alle posizioni numero 12 e 13 del primo giro; se la seconda delle due scelte ha portato in dote Jerome Robinson, scorer inarrestabile ma che visto l’enorme affollamento nel reparto guardie rischierà di trovare davvero poco spazio, lo scenario più intrigante è quello che riguarda Shai Gilgeous-Alexander, scelto dagli Charotte Hornets alla 11 e scambiato con Miles Bridges.
Shai ha brillato particolarmente durante la Summer League di Las Vegas, durante la quale ha fatto registrare prestazioni molto interessanti compresa una partita da 17 punti, 4 rimbalzi, 6 assist e 3 rubate.
Se quest’anno dovrà per forza di cose uscire dalla panchina e prendere esempio dai compagni di reparto più esperti, il futuro sarà inevitabilmente suo.
Punti deboli
I problemi principali per i Clippers durante la stagione in arrivo saranno sostanzialmente due: la mancanza di talento calibro All-Star a roster, e la crescita esponenziale della competitività della Western Conference, in cui le contender per i Playoff dello scorso anno rimangono le stesse, e per dei San Antonio Spurs totalmente in picchiata dopo i recenti infortuni cresceranno moltissimo i Lakers, che hanno firmato un veterano interessante in estate, e i Dallas Mavericks, che magari non centreranno la post-season ma potranno sicuramente dare fastidio.
Rivers dovrà far amalgamare velocemente i nuovi arrivati con i componenti già a roster, dando allo stesso tempo un’identità precisa alla squadra, che dopo i continui cambi di direzione dello scorso anno (che nel periodo tra novembre e dicembre rendevano veramente difficile identificare LA) di tutto ha bisogno tranne che di incertezze.
Una volta chiariti i ruoli in campo e identificati gli obiettivi stagionali, i Clippers hanno dimostrato di essere squadra vera in grado di dare fastidio a quasi tutte le squadre che si siano trovati davanti dopo la pausa per l’All-Star Game. Non perdere terreno nelle prime settimane di regular season dovendo quindi fare i miracoli nell’anno nuovo sarà fondamentale, vista anche la presenza in squadra di tanti giocatori injury-prone (Teodosic, Gallinari, Bradley, Beverley), che potrebbero subire molto dal punto di vista fisico uno sforzo eccessivo compiuto nel tentativo di raggiungere la post-season.
La mancanza di vere e proprie star, infine, potrebbe rappresentare un limite nelle partite in cui LA dovesse ritrovarsi in crunch-time (distacco tra le squadre entro i 5 punti a 5 minuti dalla fine), visto il solo Lou Williams come scorer affidabile in isolamento. Se i Clippers vorranno vincere tante partite, dovranno assicurarsi di farlo prima degli ultimissimi minuti, quando il superiore talento avversario potrebbe punirli.
Scenario migliore
Davanti, senza dubbio, ci sono Warriors, Rockets, Thunder, e Jazz, che salvo sorprese dovrebbero contendersi i primi quattro posti della Western Conference. Se Anthony Davis dovesse confermarsi quello della scorsa stagione (e in pre-season sembra aver avuto intenzioni piuttosto serie), anche i Pelicans dovrebbero avere la meglio sui Clippers, così come i Lakers se il connubio tra James, giovani e veterani dovesse dare i frutti sperati. I veri avversari da tenere d’occhio, dunque, saranno probabilmente Blazers, Timberwolves e Mavericks (Nuggets e Spurs, nonostante la morìa di infortuni di questi ultimi, sembrano un passo avanti). Con i primi ancora troppo legati al duo Lillard-McCollum, Minnie in totale balìa dell’uragano Butler e i Mavericks alla prima stagione col nuovo giovane core, se tutto girerà per il verso giusto LA potrebbe staccare un biglietto per i Playoff senza eccessive difficoltà, puntando quantomeno alle 43 vittorie.
Scenario peggiore
Allo stesso tempo, la ferocia di tutta questa concorrenza potrebbe risucchiare la squadra oltre il decimo posto, e l’obiettivo dichiarato di voler provare a portare un free agent importante in città nell’estate 2019 potrebbe anche convincere a provare ad accumulare più palline nella Lottery per il Draft, affiancando a una potenziale star uno dei migliori prospetti in arrivo dal college.
Pronostico
Il roster, come detto, è lungo e pieno di diverse armi, ma con l’abbondanza di concorrenza alla fine sarà probabilmente la voglia di partecipare ai Playoff a fare la differenza. Se per squadre come i Denver Nuggets mancare nuovamente l’obiettivo significherebbe dover andare incontro a pensieri poco piacevoli riguardanti possibili rifondazioni, per i Clippers perdersi un turno di Playoff contro la prima classificata potrebbe non essere un dramma. Un arrivo tra nono e decimo posto è quello che più probabilmente aspetta la squadra di Los Angeles.
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