Baby Westbrook. Già basta il soprannome, a evocare la fama di mixtape vivente che Jalen Lecque si porta addosso. Ogni partita uno show fin dagli esercizi di riscaldamento. Un campionario di schiacciate, dalla “360” alla windmill con palla sotto le gambe, che forse non lo renderà il più forte liceale della classe 2019, ma sicuramente il più atletico ed esplosivo. Una macchina da tripla doppia, aspetto questo che avvicina paurosamente il suo gioco a quello del Russell di OKC, o almeno alla sua versione più giovane. Oltre a una certa somiglianza somatica, con quel faccione da tartaruga ninja che lo accomuna al leader dei Thunder.
Quando sei soltanto un ragazzino che gioca a basket e ti affibbiano un nickname del genere, ritrovandoti con gli occhi e gli smartphone di un’intera nazione puntati su di te in attesa del prossimo “uooooohhh!” che tu gli regalerai, o vai fuori di testa o sviluppi fin da subito quegli anticorpi necessari per creare intorno a te uno schermo invisibile, lavorare duro e legittimare la tua fama che nel giro di pochissimi anni sarà messa a dura prova ai piani superiori.
Jalen Lecque sta facendo tutto ciò, confermandosi come uno dei giocatori più elettrizzanti ed eccitanti in uscita quest’anno dalle high school d’America, ma dimostrando anche una certa maturità ed equilibrio che lo portano a non sbilanciarsi nel sempre delicato rilascio di pubbliche dichiarazioni. Tanto più che non è mai facile, per un giovanissimo, trasformare in qualcosa di convincente il “Baby” che negli anni passati è stato spesso affrettatamente anteposto al cognome di un mostro sacro di ardua emulazione (per informazioni chiedere a Harold Miner alias Baby Jordan oppure a Sofoklis Schortsianitis alias Baby Shaq).
Baby Westbrook dietro le quinte nel mini-doc di SLAM.
Lecque – alto 1,93 per 83 chili di peso, indicato principalmente come combo guard – non è tuttavia solo uno Human Highlight Film, tanto per restare in tema di soprannomi famosi (ciao Dominique), ma un prospetto a tutto tondo le cui evoluzioni sono degne di essere seguite, considerata anche la provenienza. Jalen, infatti, è di New York e nelle sue vene sente scorrere forte il sangue della Big Apple, pur avendoci vissuto per un lasso di tempo relativamente breve.
Nato nel 2000, trascorre i suoi primissimi anni nel Bronx, il borough della sua famiglia – genitori entrambi lavoranti a Harlem, il padre barbiere dalle parti della Rice High School, quella di Kemba Walker, e la madre in un ospedale – e quindi si trasferisce a Teaneck, nelle periferie del New Jersey, il sobborgo che si raggiunge poco dopo oltrepassato il George Washington Bridge dall’estremità nord di Manhattan, passaggio obbligato per chi viene dal Bronx.
Lì a Teaneck – dove tra gli altri è cresciuto il calciatore italiano Giuseppe Rossi – Jalen Lecque frequenta le scuole elementari e medie, in un contesto suburbano sicuramente più tranquillo e sicuro rispetto all’altra riva dell’Hudson. Una volta arrivato all’età di scegliere il liceo, con la famiglia decide di tornare a New York City per mettersi alla prova con la durezza mentale e fisica del basket della Grande Mela.
Un mixtape di voli di Jalen Lecque.
Sempre nel Bronx trascorre i primi due anni alla Monsignor Scanlan High School, scendendo in campo pure con la divisa dei New York Gauchos nel circuito estivo AAU. Due stagioni in cui riscuote però trascurabili attenzioni da parte delle università, prima della sua esplosione avvenuta nella primavera e nell’estate del 2017, principalmente nel circuito EYBL della Nike, vestendo la maglia dei New York Renaissance (15 punti, 5,4 rimbalzi e 3,4 assist le sue medie nel 2018).
Grazie anche ai positivi risultati tra i banchi di scuola, Lecque decide di riclassificarsi, cioè di abbreviare di un anno l’uscita dalla high school e diplomarsi alla fine del terzo anno, anziché del canonico quarto. Per farlo, però, lascia ancora una volta New York e, genitori al seguito, per la stagione da junior va a giocare alla Christ School di Arden, in North Carolina, dalle parti di Asheville.
Qui con i Greenies conclude quasi in tripla doppia di media – 20,1 punti, 9,1 rimbalzi e 9,3 assist – e, nonostante i 18 anni già raggiunti, opta per un postgraduate year di nuovo a nord, nel New Hampshire, alla prestigiosa Brewster Academy, dove è già passata gente come Will Barton, TJ Warren, Jonah Bolden (il prospetto australiano dei Delaware Blue Coats, affiliata G League dei 76ers) e soprattutto Donovan Mitchell, che aveva già abituato il pubblico di Wolfeboro alla vista di giocatori esplosivi. Ma forse mai quanto Jalen “Baby Westbrook” Lecque.
L’esperienza in North Carolina si rivela in ogni caso fondamentale e i suoi commenti sull’amena località di Arden sono entusiasti:
“Una bella zona, è come una città, ma è anche molto isolata e tranquilla. La gente ama venire a vederti giocare. Onestamente, stare laggiù mi ha cambiato dal punto di vista personale, fisico, mentale, tutto. A New York ci sono molte distrazioni, così un sacco di ragazzi come me la lasciano per andare a giocare da qualche altra parte. Ma essere newyorchesi resta qualcosa di differente e vorrò rappresentarlo per sempre. Sto cercando di essere quel tipo di giocatore che si carica la squadra sulle spalle”.
Il padre Derrick conferma:
“Andare in North Carolina non è stata solo una questione legata al basket. Questa esperienza ha aiutato Jalen in tutti gli aspetti, lo ha reso un ragazzo completo e migliore, ha potuto fare anche altre cose, non solo giocare a basket, ed è cresciuto come persona”.
La scelta di Jalen Lecque di completare il suo percorso nel basket scolastico lontano da New York, infatti, mette in luce una tendenza che sta andando per la maggiore presso i prospetti locali: trasferirsi altrove per crescere meglio, sia come giocatori sia come esseri umani, beneficiando di ambienti più tranquilli e vivibili. E’ il caso di Hamidou Diallo e Mo Bamba e, ora, di Cole Anthony, attuale high schooler numero uno dei vari ranking.
Lui e Lecque provano così a rinverdire i fasti del passato in quanto a produzione di playmaker e guardie: New York resta sempre uno dei palcoscenici più prestigiosi per mettere il luce talento e mentalità da duro, e la tradizione cittadina in fatto di pallacanestro giovanile e streetball è difficilmente paragonabile a quella di qualsiasi altra, nonostante la quantità di talenti prodotti negli ultimi anni sia diminuita.
Alla Brewster Academy, Jalen Lecque divide il parquet con altri liceali top, già noti come The Brewster Boyz o meno originalmente Fab Five: Terrence Clarke, Kai Jones, Alonzo Gaffney, Jamal Mashburn Jr., quest’ultimo point guard di Miami della classe 2020 figlio del newyorchese Jamal, ex Dallas, Miami, Charlotte, New Orleans e Philadelphia. Le evoluzioni dei favolosi cinque di Brewster non mancano occasione di mandare in estasi gli appassionati di Wolfeboro, ma cosa verrà dopo per il suo leader?
Jalen a giugno 2019 compirà 19 anni, età in cui si è eleggibili per il Draft NBA. Una lega in cui le sue abilità a coprire il campo rapidamente in transizione, a difendere sul perimetro grazie alla sua ottima mobilità laterale e all’apertura di braccia, ad attaccare il ferro, a usare con agilità entrambe le mani, unitamente a un tiro da tre in costante evoluzione, potrebbero essere parecchio richieste.
Con una certa maturità, lui glissa sapientemente a qualsiasi domanda sul tema, ribadendo la volontà di pensare prima all’one-and-done con l’università con cui si è impegnato: North Carolina State. La parente povera degli atenei di uno Stato di enorme vocazione cestistica, pressoché egemonizzato da North Carolina e Duke, comunque entrata nella storia per lo straordinario titolo NCAA vinto contro ogni pronostico nel 1983 agli ordini di coach Jim Valvano (scomparso di cancro dieci anni dopo a soli 47 anni) contro la favorita Houston University di Olajuwon e Drexler.
La possibilità di scrivere un importante capitolo per un programma universitario che vuole tornare in alto, potrebbe attrarre Jalen molto più di quello che in NBA potrebbe tramutarsi in un lungo apprendistato attraverso la G League. Sfruttare l’anno in NCAA ai Wolfpack per migliorare ancora di più e presentarsi con maggiori possibilità di impatto immediato tra i professionisti: questo appare, al momento, lo scenario più probabile per lui.
Al John Wall Invitational, Lecque non ha fatto prigionieri.
Secondo molti, Lecque alle condizioni attuali non sarebbe neppure vicino a poter aiutare sul serio una squadra NBA, le quali quando scelgono un teenager, a meno che non si chiami Luka Doncic, lo fanno sempre tenendo conto della prospettiva e non del livello raggiunto al momento del Draft. Oltretutto, i più recenti update dei ranking di 247Sports (29° posto), ESPN e USA Today (23°) lo vedono perdere posizioni rispetto ai mesi precedenti, solo su PrepInsiders è ancora nei primi 15 (12°). Lecque ha già assaporato l’ambiente di Raleigh, sede di North Carolina State, vincendo titolo e premio di MVP al torneo natalizio John Wall Invitational, uscendone così:
La NBA è una buona idea. Penso che il mio gioco sia ottimale per la lega. Ma mi piace North Carolina State, mi piace il suo coach Kevin Keatts, mi chiamano sempre, non vorrei abbandonarli. Adesso sono focalizzato sulla conclusione della high school e sto attraversando il processo necessario per essere un buon giocatore di college. Non penso alla G League. Avere un’istruzione può portarti lontano. Se andasse male con il basket, mi resterà un’istruzione. Non escludo nulla, ma non credo che andrò subito in NBA. La primavera arriva in un attimo e io ho ancora bisogno di migliorare.
Andando oltre la girandola di schiacciate prodotte grazie all’elasticità, alla potenza e all’aggressività, caratteristiche essenziali del suo basket, il gioco di Jalen Lecque rimane tuttora un work in progress sia sul lato offensivo sia su quello difensivo. Se da una parte la sua capacità di prendere la linea di fondo per poi attaccare il ferro non ha molti rivali tra i giocatori della sua età e il gioco dal midrange è già su ottimi livelli, dall’altra ha ampi margini di miglioramento nel jumper, nel tiro dal palleggio e nel gioco senza palla.
Jalen Lecque passa l’estate così.
Il suo futuro sarà da point guard, quindi è necessaria una crescita nel processo decisionale, nel playmaking e nel passaggio, con conseguente riduzione di palle perse. La stessa meccanica di tiro necessita di correzioni e il rilascio va velocizzato. La sua elevazione e la dote nel galleggiare in aria per parecchio tempo gli possono tornare utili su entrambi i lati del campo: in attacco per saltare fin dalla posizione di point guard, mentre in difesa come stoppatore, dal momento che la protezione del ferro è una skill a cui si guarda molto e non solo per quanto riguarda i lunghi. Il suo fisico, infine, gli consente di assorbire i colpi della difesa, mentre per essere una guardia è sicuramente un ottimo rimbalzista.
Che sia North Carolina State o NBA, dai prossimi mesi la grande sfida di Jalen Lecque sarà una sola: affermarsi in fretta e con convinzione, in modo che presto il soprannome di Baby Westbrook diventi soltanto un ricordo degli spensierati anni liceali. E riuscire a brillare di luce propria, per essere pronto al momento in cui, di fronte a lui, si troverà a sfidare un certo Westbrook che di nome fa Russell.
Throwback
Questo ragazzo apparentemente cicciottello non è il fratello minore di Raymond Felton, ma un adolescente Damian Lillard durante i due ultimi anni di liceo alla Oakland High School, di Oakland, naturalmente. Il legame tra Dame D.O.L.L.A. e la sua città natale, così difficile quanto orgogliosa, è di quelli profondi, tanto che il numero zero che porta sulla schiena ai Portland Trail Blazers non ha un valore numerico ma letterale: richiama infatti la “O” di Oakland, perché Damian non ha mai dimenticato le sue origini.
Come per Gilbert Arenas, però, quello zero potrebbe anche essere interpretato come un punto di partenza, un momento negativo in cui nessuno sembra credere nel futuro di Damian, che tra l’altro in NBA verrà poi continuamente spinto a dover dimostrare qualcosa, come le mancate convocazioni all’All-Star Game o lo scetticismo sulle chance dei Blazers di fare i playoff. I primi due anni di liceo, infatti, sono molto problematici per Lillard, spesso messo ai margini dai coach.
Convinto dei suoi mezzi, da sophomore si trasferisce ad Alameda, sempre in California, alla St. Joseph Notre Dame High School, il liceo che fu di Jason Kidd, ma anche qui va malino e non vede il campo. Così torna a casa per le ultime due stagioni e coach Orlando Watkins finalmente gli dà fiducia: nell’anno da junior tiene una media di 19,4 punti a partita, che salgono a 22,4 (con 5,2 assist) da senior. Da zero a uno, come il numero di maglia alla Oakland HS. Le difficoltà non sono finte: nonostante le ottime prestazioni estive in AAU, non viene mai cercato da grandi atenei e finisce per accettare Weber State, nello Utah. Il resto, come si suol dire, è storia.
High School Stuff
Licenziato per troppe vittorie
Si tratta di middle school (scuola media) e non di high school, ma la notizia merita: un allenatore che di cognome fa Kobe è stato licenziato per aver vinto troppe partite con eccessivi punti di scarto sul malcapitato avversario di turno. Coach Mike Kobe della Fegely Middle School, in Indiana, ha perso così la sua panchina dopo una vittoria per 90-10. La motivazione: tirare al punteggio, umiliando gli avversari. Anche nell’anno precedente il suo team aveva dimostrato una debordante superiorità, vincendo il campionato imbattuto con una media di oltre 30 punti di margine rifilati a ciascuna squadra incontrata. Ci sono regole, a livello giovanile, che limitano situazioni umilianti, vietando ad esempio la difesa a zona e il pressing a tutto campo, ma Kobe sostiene di aver sempre praticato una normale difesa a uomo e che gli scarti erano dovuti semplicemente all’inferiorità degli avversari. I dirigenti scolastici, tuttavia, asseriscono che sia stato lo stesso Kobe a rassegnare spontaneamente le dimissioni a causa di dissidi personali con l’istituto.
Libero scambio
Auston Luna, Mason Luna e Bryson Luna sono tre ragazzi gemelli che giocano a basket alla Dora High School, in Missouri. Sono figli di Rick Luna, preside della scuola nonché coach della squadra. Tutti e quattro sarebbero stati i protagonisti di una grave scorrettezza, attualmente sotto indagine da parte della Missouri High School Athletic Association (MSHSAA). Nei minuti decisivi delle partite più incerte, in più occasioni i tre giocatori si sarebbero scambiati il proprio posto in lunetta, sfruttando l’ovvia reciproca somiglianza, probabilmente per fare in modo che i tiri liberi importanti venissero tirati e realizzati dal più dotato o dal più in forma dei tre. Il tutto senza farsi notare dagli arbitri, oppure distraendoli di proposito, approfittando della concitazione di quei momenti e del chiasso del pubblico in palestra. L’inghippo, che pare fosse architettato dal loro allenatore e genitore, è stato segnalato dal padre di un giocatore della Licking High School, sconfitta dalla Dora 64-62 proprio grazie ai tiri liberi “incriminati”, in seguito alla visione di un video diffuso sui social.
La pazzesca schiacciata di Niven Glover
Sbanca sui social il video della schiacciata di Niven Glover. Un “360” durante il quale il ragazzo si passa il pallone tra le gambe mentre è in volo, scatenando un entusiasmo pazzesco tra il pubblico, come si vede spesso durante una partita di basket liceale. Glover è una guardia della Oak Ridge High School di Orlando, che è anche la sua città, e attualmente 247Sports lo piazza al 272° posto nel ranking nazionale, al 45° tra le shooting guard e al 19° tra i prospetti della Florida. Il prossimo anno dovrebbe andare in un college tra Georgia, Georgia Tech e Pittsburgh.
The Gym
St. Vincent-St. Mary High School
Akron, Ohio
LeBron James Arena
Home of the Fighting Irish
Notable Alumni: LeBron James, Jerome Lane, JaKarr Sampson